L’oppressione interna della Russia contro i dissidenti ed oppositori politici di Vladimir Putin ha creato un clima di tensione all’interno di tutto il paese in questione: il peggioramento della situazione, è dovuto anche alla dipartita poco chiara del giornalista e politico russo, Alexei Navalny, morto in carcere misteriosamente a metà febbraio.
Il comitato permanente dei rappresentanti nell’Unione europea, ha da poco approvato gli atti giuridici per l’istituzione di un nuovo pacchetto di sanzioni nei confronti della Russia: le ragioni sarebbero da ricercare all’interno della repressione applicata dal Cremlino e dalle leggi varate dagli oligarchi russi per aggiogare la popolazione e chiunque voglia ribellarsi contro l’attuale conflitto in corso.
Josep Borrell, alto rappresentante dell’UE per gli affari esteri e la politica di sicurezza, ha già dichiarato che il nome di questi nuovi provvedimenti contro la tirannia eurasiatica, porterà proprio il nome di Alexei Navalny: a livello effettivo, considerando anche l’antipatia del Presidente Putin nella sua figura, sarà piuttosto difficile digerire queste nuove limitazioni.
L’entrata in vigore di questi nuovi provvedimenti, dipenderà dalla decisione del CAE (Consiglio Affari Esteri), il quale dovrebbe deliberare la scelta proprio il 27 maggio. Sembra che attualmente la strategia delle istituzioni europee sia quella di frammentare le sanzioni in base alle scelte compiute dalla Russia: dimostrazione che i piani d’isolamento non si riducono soltanto a quelli compiuti negli anni precedenti.
Il fatto che il nuovo nome del progetto sanzionatorio porti il nome del giornalista russo, perseguitato di fatto da Mosca fino alla sua incarcerazione – avvelenato già nell’agosto 2020 – fa immaginare che l’Unione Europea stia tenendo a mente l’importanza differenziale tra i paesi occidentali e le alleanze orientali: se da un lato la promozione del totalitarismo, della teocrazia e di un utopico governo comunista sembrano tornare alla ribalta, c’è chi nel continente europeo ha deciso di ribadire le proprie posizioni, contrapposte ai modelli di censura e persecuzione.
L’emarginazione è di certo uno dei cavalli di battaglia dello Stato eurasiatico in questione, basti pensare alla difficile situazione in cui si trovano tutti coloro che non approvano la linea politica del Presidente russo Vladimir Putin: in passato la forte repressione delle manifestazioni, ha dato prova dell’effettiva del modus operandi improntato sul soffocamento delle opposte fazioni.
Il fatto che il nuovo pacchetto di sanzioni porti un nome simbolico, è molto importante anche dal punto di vista sociologico: il fatto che Navalny sia diventato un esempio anche per gran parte del mondo libero, indica che l’attenzione verso dinamiche di stampo politico ed in particolar modo sulla “libertà d’espressione” non sono affatto passate in secondo piano, anzi sono ancora molto attuali ed argomento su cui discutere ampiamente.
Peraltro, identificare un provvedimento di questo genere con il nome di chi ha pagato un scotto molto alto per esprimere il proprio dissenso, rappresenta una scelta di riconoscimento non soltanto dell’individuo e della popolazione che ha deciso di supportarne le azioni. Tuttavia, in questo caso, le scelte europee testimoniano l’esistenza di una tragica realtà presente al giorno d’oggi in molti stati dell’era globalizzata. C’è molto su cui riflettere a tal proposito: specialmente quando governi conservatori eletti democraticamente – prevalentemente in Europa e Nord America – vengono scambiati per mostruosi cerberi tirannici, da parte di chi non accetta il netto responso dei plebisciti.