“Le stazioni non siano ricettacoli di degrado. Difendere la sicurezza è difendere la libertà”: intervista al senatore Sandro Sisler

Abbiamo intervistato il senatore Sandro Sisler, vicepresidente della Commissione Giustizia del Senato e componente della Commissione Parlamentare Antimafia, a margine dell’approvazione del nuovo Decreto Sicurezza. Con lui abbiamo affrontato i temi caldi della settimana: sicurezza urbana, manifestazioni violente, e la tutela delle forze dell’ordine.

Senatore Sisler, il Governo lega strettamente il tema della sicurezza a quello della libertà. Cosa significa esattamente?


Significa che non può esistere libertà senza sicurezza. Non siamo liberi se non possiamo camminare tranquilli nelle nostre strade, nelle nostre città, nei nostri quartieri. Pensiamo alle stazioni ferroviarie, che dovrebbero essere la porta di ingresso di una città: non possono più essere ricettacoli di delinquenza, come purtroppo accade a Milano o a Roma. Chiunque frequenti quelle aree lo sa bene. Il nostro obiettivo è restituire dignità e sicurezza a questi luoghi simbolici.

Il nuovo Decreto Sicurezza interviene anche su questi aspetti?

Sì. Il decreto prevede misure concrete. Abbiamo aumentato di circa 800 unità il presidio delle forze dell’ordine nei punti più critici, stazioni in primis. Ma non basta mettere uomini in divisa: serve anche prevenzione. Per questo stiamo rafforzando la collaborazione con gli enti locali. Faccio un esempio concreto: a Milano, in Stazione Centrale, è stato avviato un piano di messa in sicurezza grazie a un accordo tra Ferrovie dello Stato, Regione Lombardia e Comune di Milano. È un modello virtuoso che vorremmo replicare altrove.

Cambiando argomento, la recente approvazione del decreto alla Camera è stata accompagnata da manifestazioni di piazza, alcune delle quali sono degenerate in violenza. Come risponde a chi parla di repressione del dissenso?

Guardi, io nella mia vita ho fatto decine e decine di manifestazioni, ma non mi sono mai presentato con un casco in testa, il volto coperto, mazze o sassi in mano. Quando qualcuno scende in piazza con quell’equipaggiamento, non lo fa per esercitare un diritto, ma per creare caos e devastazione. Per noi la tutela delle forze dell’ordine non è solo un principio astratto. È difesa concreta dei nostri ragazzi e delle nostre ragazze in divisa, che rischiano ogni giorno per noi. Ma è anche il modo per difendere le strade, i negozi, la tranquillità dei cittadini.

In che modo il decreto rafforza questa tutela?

Il decreto prevede misure specifiche:

  • inasprimento delle pene per chi aggredisce pubblici ufficiali,
  • supporto legale rafforzato per gli agenti coinvolti in episodi critici,
  • maggiore protezione giuridica e simbolica per le forze dell’ordine.

Non dobbiamo mai dimenticare che quei ragazzi e quelle ragazze sono lì per difendere noi. E se non siamo in grado di difendere loro, non saremo capaci di difendere la nostra stessa libertà.

Un’ultima battuta: che messaggio vuole lanciare ai cittadini italiani, soprattutto a quelli che vivono con preoccupazione questi temi?

Il messaggio è chiaro: lo Stato c’è. Stiamo lavorando per ripristinare l’ordine, il decoro e la sicurezza, soprattutto nei luoghi simbolici e nelle periferie abbandonate per troppo tempo. La libertà non si conquista con le parole, ma con azioni concrete. E questo Governo, con questo decreto, sta passando dalle parole ai fatti.

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