Legge elettorale, Meloni apre al dialogo ma la sinistra si rinchiude ancora

Se il Governo Meloni ha pensato bene di portare avanti la riforma del premierato senza lavorare contestualmente a una legge elettorale, è perché non è del tutto sano che un governo decida in solitaria come si voterà in futuro, magari per farsi rieleggere. Lo ha spiegato perfettamente Giorgia Meloni, nell’intervista per il nuovo libro di Bruno Vespa: “Penso che quello della legge elettorale sia un tema di competenza parlamentare e poi non ho amato i governi che tentavano di apparecchiarsi la legge elettorale scrivendo norme cucite addosso a loro stessi (anche se poi non funzionavano mai) e non utilizzerò lo stesso metodo”. Sarà dunque il Parlamento, com’è giusto che sia, a esprimersi in merito. C’è ovviamente apertura, anche su questo tema. La volontà è dunque quella di inglobare anche le opposizioni, come del resto la maggioranza ha dimostrato di voler e di saper fare anche sul premierato, una riforma costituzionale che richiede quindi un ampio consenso. Anche se la risposta delle opposizioni non è stata delle migliori, tradottasi anzi in un ostruzionismo che ha rallentato, ma non bloccato, il processo di approvazione da parte del Parlamento. Il centrodestra, sulla questione della legge elettorale, sembra anzi disposto anche a rallentare per raggiungere un ampio accordo con tutte le parti in campo. Accordo che però sembra già difficile da raggiungere: difficile aspettarsi collaborazione, del resto, da chi ha fin da subito oppugnato la riforma costituzionale senza neppure provare a proporre dei propri correttivi, dichiarando di voler fermare anche “con i corpi” il disegno di una maggioranza democraticamente eletta dal voto dei cittadini. Lo sa bene Giorgia Meloni: “Vorrei il dialogo ma così la vedo dura. Poi, comunque, dovrebbe far sorridere che un partito che si definisce democratico dica che devi passare sui loro corpi per rafforzare la democrazia in Italia. Ormai non mi stupisco”.

La pacchia è finita

In effetti, le reazioni iniziali della sinistra hanno calcato ciò che Giorgia Meloni aveva predetto poco prima: la totale contrarietà alla riforma del premierato e la chiusura di fronte alla collaborazione istituzionale sulla nuova legge elettorale. Le parole della Meloni sono state considerate “completamente vuote”, o “flatus vocis”. Il succo è che, ancora una volta, la sinistra preferisce chiudersi anziché cooperare per raggiungere un risultato che possa favorire non questa o quella parte politica, ma i cittadini. Del resto, quelli che oggi rifiutano di collaborare con la destra in tema di legge elettorale, sono gli stessi che hanno accusato a questa maggioranza di aver vinto soltanto in virtù di una legge elettorale scritta male. Malgrado l’avessero scritta proprio loro pochi anni prima.

Sul premierato, Giorgia Meloni tira dritto: “Chi viene scelto dal popolo per governare deve poterlo fare con un orizzonte di legislatura”. E sulle tante accuse a lei rivolte, dice: “Mi prendo serenamente gli attacchi della sinistra perché ho l’ardire di sostenere che gli italiani dovrebbero avere il diritto di eleggere direttamente il presidente del Consiglio togliendo questo potere alle dinamiche del palazzo”. Quelle dinamiche di palazzo tanto care a chi riusciva a salire a Palazzo Chigi prescindendo dalla vittoria elettorale. Il messaggio è dunque chiaro: piaccia o non piaccia, si andrà avanti. Si cercherà il dialogo, perché è giusto e favorevole per la Nazione. Ma se una parte lo rifiuterà, bisognerà che si metta l’anima in pace: la pacchia è finita ed è ciò che più di tutto dà fastidio.

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