In una fase storica come quella attuale, in cui la fede cristiana e il suo legame con la politica sono, in seguito anche all’elezione del nuovo pontefice, all’ordine del giorno nel dibattito pubblico, è estremamente interessante la lettura di un libro come La Resurrezione di Roma di Gilbert Keith Chesterton, uscito negli anni Cinquanta del secolo scorso e recentemente ripubblicato da Passaggio al Bosco. Il volume, che vale la pena senz’altro riscoprire e rileggere, appartiene alla produzione meno nota di un intellettuale che va certamente inserito tra i grandi della cultura inglese del Novecento. Chesterton infatti, come indicato nella breve biografia presente nel sito della casa editrice fiorentina, fu “scrittore e giornalista estremamente prolifico: ha firmato un centinaio di libri ed elaborato contributi per altri duecento testi. Non solo: ha scritto centinaia di poesie, un poema epico, cinque drammi, cinque romanzi e circa duecento racconti, tra cui la popolare serie con protagonista la figura di padre Brown. Fu autore, inoltre, di più di quattromila saggi per giornali”.
Nel libro di cui parliamo, che consiste in una sorta di diario di viaggio con annessa componente saggistica, lo scrittore inglese racconta del suo incontro, tra Fede cristiana e dottrina politica, con la Roma fascista di fine anni Venti – arriva infatti nella Capitale nel 1929, l’anno del Concordato tra lo Stato italiano e la Chiesa – che descrive “tracciandone un profilo narrativo e metafisico, oltre gli schemi della facile condanna e della vuota apologia”. Nelle sue pagine, tra l’altro, Chesterton, oltre a raccontare “la vita quotidiana di un’Italia che aspirava – si legge nella quarta di copertina dell’opera – a risorgere nel segno della verticalità e della potenza”, parla anche degli incontri avuti con Benito Mussolini e Papa Pio XI, “trascrivendo le sue impressioni e regalandoci un ritratto storico di grande valore”.
Come sottolineato da Paolo Gulisano nella postfazione, inoltre, La Resurrezione di Roma rappresenta non solo il racconto del viaggio di Chesterton nell’Urbe, ma anche il viaggio intellettuale e religioso compiuto dallo stesso autore nel corso degli anni. Convertitosi al cattolicesimo, Chesterton a Roma si sente a casa, spiritualmente, culturalmente e anche idealmente. La città “entrò profondamente nel suo cuore. Disse che avrebbe potuto scrivere un intero libro semplicemente guardando dalla finestra della sua stanza d’albergo” scrive ancora Gulisano. Da quel viaggio Chesterton tornò in patria “con le idee ancora più chiare, sia in materia religiosa che politica”. Idee che in La Resurrezione di Roma appaiono chiaramente, con particolare riferimento – conclude l’autore della postfazione – alla “principale sfida che viene posta al cristianesimo dalla società moderna e che rappresenta il maggiore impedimento allo sforzo di rievangellizzazione del nostro mondo: il materialismo che permea le strutture economiche e politiche, le culture e le istituzioni e la pressione che esercita sulle persone, sia che si presenti con il volto del consumismo edonistico, sia quando in nome del progresso scientifico giustifica moderne aberrazioni fondate sulla seduzione di diventare come dèi”.