L’idea d’Italia di Giorgia Meloni ricompatta il centrodestra

Presidenzialista, custode delle autonomie municipali e alternativo a ogni inciucio neo-proporzionalista (ossia il “piatto forte” delle sinistre di Pd e 5 Stelle…). In una parola: il destra-centro. Una proposta organica, organizzata come una precisa e coerente idea d’Italia.

Lo ha voluto fortemente così Giorgia Meloni, anche quando i due alleati – prima Silvio Berlusconi con il patto del Nazareno e poi Matteo Salvini con la parentesi giallo-verde – percorrevano strade risultate poi drammaticamente senza sbocco.

E alla fine la realtà, la visione e la perseveranza hanno preso il sopravvento sull’ingegneria politica e il tatticismo. «Mai al governo con la sinistra», ha commentato la leader di Fratelli d’Italia sottolineando la formula magica con cui si chiude un cerchio aperto fin dalla campagna elettorale per le Politiche del 2018 e sigillato proprio ieri a un mese dal fondamentale turno di elezioni regionali.

Due anni e mezzo fa, quando la madrina di Fratelli d’Italia invitò i due alleati a sottoscrivere proprio il patto anti-inciucio – precondizione per attuare un piano così ambizioso di riformismo nazionale – né il leader della Lega né il Cavaliere si presentarono. La foto di Giorgia con le due sedie vuote è rimasta come monito di una grande occasione sprecata dai due, sulla quale grava una parte non indifferente di quel percorso che ha portato all’attuale governo giallo-rosso: un’alleanza minacciosa e liberticida di due minoranze che addirittura sperano in un ipotetico “soccorso” di Forza Italia o in una riedizione fuori tempo massimo dell’ogm Lega-5 Stelle come estremi appigli di sopravvivenza.

Scenari ormai lunari: per lo meno se si ha contezza del sentimento dell’Italia profonda.

E il metodo su cui ha insistito con pazienza medievale Meloni è stato proprio questo: non fermarsi al palo della propria ragione ma riaggregare, far riflettere gli alleati sulla necessità di non disperdere il mandato chiaro e sempre “puntuale” degli elettori. Il risultato è sotto gli occhi di tutti: «Mentre Pd e Cinque Stelle litigano per le poltrone e si presentano divisi alle Regionali, il centrodestra lancia un altro grande segnale di compattezza». Esatto, proprio nei giorni in cui Di Maio e Zingaretti tentano di convincere i propri elettori (ma anche se stessi) su questo presunto “nuovo centrosinistra” – un Frankenstein nato come un esperimento con il solo scopo di scongiurare il “terrore” delle urne –, il destra-centro conferma un’unità sempre più cementata da un progetto dove ciascuno degli alleati porta e compone un pezzo del puzzle.

A questo serve la condizione del patto anti-inciucio. «Finalmente è arrivata la firma degli alleati e voglio ringraziare Matteo Salvini e Silvio Berlusconi», ha spiegato non a caso Meloni certa che solo con la forza di un plebiscito popolare, e non con i giochi di Palazzo, sia possibile procedere con una ricetta fondamentale per rilanciare il ruolo dell’Italia in Europa e nello scacchiere internazionale.

Solo un’Italia efficiente infatti, con un’istituzione autorevole e riconosciuta, può sostenere virtuosamente le energie sviluppate dall’autonomie (da qui la conferma di Meloni alla richiesta di Luca Zaia): e una nazione del genere non può prescindere da un presidente eletto dagli italiani, assicurazione dell’unità e del mandato elettorale, e da coalizioni organizzate e debitrici verso il popolo di una promessa solenne.

Già, è una rivoluzione copernicana questa, rispetto al quadro ingessato e bizantino della “corte” politica italiana rappresentata plasticamente da Giuseppe Conte. Per ciò servono patti chiari e amicizie consolidate da un vincolo formale. E una “madrina” che ha avuto tanta pazienza. La virtù dei forti.

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