“Prendo atto con piacere della diffusa esigenza di costituzionalizzare la lingua italiana. Argomento che nelle scorse legislature si era sviluppato attraverso presentazioni di proposte di legge costituzionali per modificare l’articolo 12 o in alternativa l’articolo 9 (c’è un confronto tra storici della lingua e costituzionalisti) e come emendamenti alle varie riforme costituzionali sulle quali il parlamento era impegnato. Purtroppo senza esito. La campagna di questi giorni che vede il presidente dell’Accademia della Crusca Marazzini sostenere questa necessità e le parole del ministro per la Cultura Sangiuliano sono di conforto rispetto a una battaglia che- da minoritaria- sta diventando di pubblico dominio. In questo senso va anche letto il mio personale impegno affinché la pubblica amministrazione, negli atti di competenza della Camera, fossero scritti in lingua italiana. Desta una certa meraviglia (e anche irrisione da parte gli italiani che si vantano della loro anglofonia) ma scrivere e parlare in una lingua inglese o in un’altra lingua straniera significa anche impedire alle persone meno istruite l’accesso ai diritti. La lingua, oltre a essere Madre, è anche e soprattutto la porta della democrazia. Ed è per questa ragione che le leggi e gli atti ufficiali di ogni pubblica amministrazione devono essere scritti senza utilizzare forestierismi”. È quanto dichiara il vicepresidente della Camera dei deputati Fabio Rampelli che ha depositato anche in questa legislatura due proposte di legge, una costituzionale e l’altra ordinaria, per l’inserimento dell’italiano in Costituzione, la sua tutela e promozione nella pubblica amministrazione.