L’insostenibile «inconsistenza» dell’UE…

L’insostenibile «inconsistenza» dell’Ue. A cui Giorgia Meloni ha aggiunto, come corollario etico, «la cattiveria» dimostrata in queste settimane da alcuni Paesi, presunti partner comunitari dell’Italia, che «ci hanno addirittura accoltellato alle spalle mentre lottavamo». La crisi scatenata dal Covid-19 ha svelato questo: la muscolatura fragile su cui a parole, dalla crisi dei mutui subprime a oggi, si è celata la retorica “solidarista” di Bruxelles. Narrazione dietro la quale sono stati giustificati tutti i prelievi, le forzature e gli egoismi che hanno colpito, con precisione chirurgica, alcune nazioni – il Sud Europa – a vantaggio di altre, di stanza nel centronord.

Un evento eccezionale come la pandemia, allora, ha rivelato spudoratamente ciò che da queste parti conosciamo benissimo. «C’è stata una fase», ha sottolineato la leader di Fratelli d’Italia, «in cui siamo stati derisi ed ignorati». Quando, cioè, sembrava che l’Italia fosse l’unica realtà a dover far fronte al virus “cinese”. Già allora – accanto all’aria di sufficienza nei confronti della tragedia sanitaria che iniziava a mietere vittime nella regione italiana percepita come più “europea” – parole come interconnessione, mercato senza frontiere, reciprocità erano già ampiamente sconfessate dai “partner”.

Come? Con il blocco delle mascherine ai confini, con il mercato nero dei dispositivi, certo. Nulla, però, di fronte al tentativo di sciacallaggio della Bce a trazione tedesca nei confronti dell’Italia: «Ridurre lo spread non è nostro compito», tuonava Christine Lagarde scatenando la tempesta dei mercati sui nostri titoli. Salvo poi, quando il contagio è giunto logicamente anche in Germania e in Francia, mutare radicalmente registro e trasformare in un battibaleno la Bce nell’imbattibile bazooka anti-spread, con tanto di sospensione del Patto di stabilità…
Questo per quanto concerne i conti pubblici e i bilanci. E la politica che parte ha recitato davanti alla più grave crisi dal dopoguerra? È bastato far circolare la parolina «eurobond», ossia la conseguenzialità minima alle parole agli impegni della Bce, per innescare quello che un politologo lucido come Carlo Galli definisce nei suoi lavori passati «mutamento al ribasso» davanti al tornante di una crisi. Che cosa si è rivelato dietro alla curva? Sordità, miopia, egoismo.

Lo si è visto nei due summit chiamati a dover sciogliere “immediatamente” il nodo procedurale davanti al Covid-19: l’Eurogruppo e soprattutto il Consiglio europeo capace di decidere di “non” decidere, rinviando tutto al prossimo vertice. Per colpa di chi? Se il «no» di certe nazioni “moraliste” del Nord – capofila l’Olanda – è spinto dalla logica della convenienza dei “paradisi fiscali” che hanno tutto da guadagnare dalla deregoulation a scapito dell’economia reale degli Stati forniti di industria e manifattura, decisamente più pesante ed esiziale è il cancello sbarrato del motore d’Europa, la Germania a cui si è accodata proprio in queste ore la Francia di Macron (il cui passo a favore delle nazioni “latine” è durato giusto il tempo delle prime pagine dei giornali italiani).
«Deve decidere se vuole rinunciare a qualcuno dei suoi privilegi o se preferisce la dissoluzione dell’Europa», ha tuonato non a caso Meloni nei confronti del governo tedesco che, sebbene ha attivato il famoso scudo di 750 miliardi per difendere l’economia nazionale, ha sulle sue spalle la responsabilità di un’eventuale implosione strutturale dell’eurozona con tutti i suoi interessi (a partire dalle sue banche) in ballo, dato che oltre l’Italia anche la Spagna rischia il tracollo.

Davanti all’atteggiamento di chi chiede “impegni” all’Italia su pacchetti e riforme modello Troika legate all’attivazione di strumenti di condivisione del debito per investimenti con cui affrontare il post-coronavirus, la risposta che dovrebbe giungere dal governo è quella di riprendersi la propria quota. Come preciso segnale politico. «Noi ci riprendiamo i 15 miliardi che abbiamo messo nel Fondo Salva Stati e ci spendiamo quelli», questa la proposta di FdI. Il motivo è semplice: il bluff delle regole a “targhe alterne” non potrà più avere alcuna agibilità: «Non chiediamo elemosina, non vogliamo regali. Pretendiamo dall’Europa quello che ci spetta perché la casa comune europea l’abbiamo costruita anche noi, soprattutto noi. È tempo che l’Ue decida se quest’Europa debba vivere o dissolversi. E ognuno dovrà assumersi le sue responsabilità».

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