Bloccare il dissenso: l’intelligence nell’era del conflitto politico permanente
Nel cuore dell’Europa, dove la democrazia è nata come vaccino contro gli abusi del potere, si affaccia oggi uno spettro inquietante: l’utilizzo sistematico degli apparati di sicurezza per colpire l’opposizione patriottica. A lanciare l’allarme non è un attivista, ma l’ex presidente dell’agenzia di intelligence interna tedesca (BfV), Hans-Georg Maaßen. Secondo il giurista, già vertice del Bundesamt für Verfassungsschutz, il proprio ex ufficio sarebbe stato “armato politicamente” per colpire il partito conservatore Alternative für Deutschland (AfD), primo partito d’opposizione al Bundestag.
Il BfV ha infatti recentemente classificato l’AfD come “organizzazione estremista di destra”, sulla base di un rapporto di oltre 1.000 pagine rimasto ufficialmente segreto. La motivazione? “Protezione delle fonti”. Ma l’inchiesta condotta da WELT rivela un dettaglio clamoroso: quasi tutte le informazioni contenute nel dossier sono pubbliche — discorsi, post social, documenti ufficiali — e non vi è traccia di reali operazioni coperte, né di intercettazioni o attività sotto copertura degne di una minaccia terroristicaAfD__ Le ragioni della ….
Hans-Georg Maaßen, intervistato da The European Conservative, ha definito la decisione del BfV «una vendetta politica» architettata dall’allora ministra dell’Interno Nancy Faeser, che avrebbe piegato l’intelligence alla linea dell’SPD, partito di governo. «In nessun’altra democrazia occidentale un partito politico viene sorvegliato dai servizi segreti. Questo mina la fiducia pubblica e trasforma lo Stato in un attore elettorale».
Se la Germania è il laboratorio, la Francia offre il modello operativo. Qui, la DGSI (Direction générale de la sécurité intérieure) ha intensificato la sorveglianza sui gruppi Telegram legati all’area sovranista e identitaria, ritenuti incubatori di dissenso e “radicalismo ideologico”. In particolare, dopo le proteste contro l’immigrazione a Lione e Tolosa, il focus si è spostato sulla messaggistica criptata. Secondo Le Figaro, il capo della DGSI ha parlato esplicitamente di “resurrezione dell’ultradestra violenta”, citando Telegram come vettore strategico della sua organizzazione:
«La minaccia dell’ultradestra è cresciuta con nuove tecnologie e canali di comunicazione sfuggenti al controllo ordinario»
(Le Figaro, 9 luglio 2023)
Ma è proprio la vaghezza dell’etichetta “ultradestra”, applicata senza una definizione giuridica chiara, a consentire operazioni preventive e monitoraggi discrezionali, come documentato anche nel caso del cambiamento di policy imposto a Telegram dalla giustizia francese.
Infine, in Romania, le presidenziali del maggio 2025 si sono svolte in un clima di forte polarizzazione. Dopo l’annullamento del voto del novembre 2024 per presunte interferenze straniere, e l’esclusione del candidato sovranista Călin Georgescu, la scena è stata dominata dal leader patriottico George Simion, che ha vinto il primo turno con il 41% dei consensi.
A rendere il quadro più teso è stato un episodio legato a Telegram: secondo quanto riportato da Euronews, il fondatore dell’app, Pavel Durov, ha accusato pubblicamente la Francia di aver esercitato pressioni per ostacolare il funzionamento della piattaforma in Romania durante la campagna elettorale, paventando un’ingerenza indiretta sul voto. Il governo francese ha smentito categoricamente, ma la notizia ha aperto un acceso dibattito sulla libertà digitale e la neutralità delle infrastrutture di comunicazione
In tutti e tre i casi — Berlino, Parigi, Bucarest — ciò che appare è un uso selettivo del potere securitario per neutralizzare soggetti politici che, seppur legalmente costituiti e rappresentativi, vengono considerati “nemici” più che avversari. Una logica pericolosa, che ridisegna i contorni della legittimità nella società occidentale.
Servizi deviati o Stato profondo? La nuova normalità del “lawfare”
Se una volta la lotta politica si svolgeva nelle piazze, nei parlamenti e sulla stampa, oggi sempre più spesso si decide nei gabinetti ministeriali, nei tribunali amministrativi e negli uffici dell’intelligence. Il concetto anglosassone di lawfare — l’uso strategico del diritto e delle istituzioni per delegittimare, ostacolare o eliminare un avversario — ha trovato nella gestione dei servizi di sicurezza uno strumento potente e pericolosamente opaco.
Il caso tedesco: diritto come pretesto, sorveglianza come sanzione
In Germania, il BfV non si è limitato a un’analisi ideologica dell’AfD. Come evidenziato nei rapporti trapelati e analizzati da Cicero e WELT, l’agenzia ha costruito la classificazione di “estremismo certo” quasi esclusivamente su materiale pubblico: post social, dichiarazioni stampa, legami con media filoconservatori come Compact e con realtà dell’“Neue Rechte” tedesca come Ein Prozent o Archetyp GmbHAfD__ Le ragioni della …. Ciò che colpisce è la quasi totale assenza di prove raccolte attraverso operazioni di intelligence classica: niente intercettazioni, niente informatori noti, nessun complotto.
Eppure, questa architettura di citazioni è stata ritenuta sufficiente per giustificare una sorveglianza estesa, l’impiego di informatori sotto copertura e — potenzialmente — l’esclusione dell’AfD da cariche pubbliche o competizioni elettorali. È il diritto piegato a fini politici, dove non conta la pericolosità oggettiva, ma la costruzione di una narrativa giuridica.
Come ha osservato Maaßen:
«Oggi il termine ‘estremismo’ è stato stirato fino a includere partiti politici normali. Ma chi decide cosa è ‘normale’? Il ministro? L’agenzia? Questo non è più uno Stato neutrale»
L’intelligence morale: il caso francese e il controllo del consenso
Anche in Francia la tendenza è simile, ma più sottile. Qui l’intelligence non colpisce partiti registrati, bensì costruisce un ecosistema di pressione su gruppi pre-politici: chat, media alternativi, canali Telegram, gruppi giovanili non strutturati. Il caso è emblematico: la DGSI ha elevato a “minaccia sistemica” l’ultradestra non parlamentare, inserendo piattaforme digitali nel mirino del contrasto preventivo al radicalismo. In parallelo, la giustizia ha chiesto a Telegram — piattaforma scelta da molti attivisti conservatori — di modificare le sue condizioni d’uso e cooperare con l’autorità giudiziaria, minando la promessa di neutralità originaria
La Romania e il ritorno del sospetto sistemico
In Romania, la dinamica è diversa ma altrettanto rivelatrice. Il primo turno delle presidenziali ha visto la netta affermazione di George Simion, leader del partito AUR, in un contesto segnato da profonda sfiducia nell’apparato istituzionale. Solo cinque mesi prima, le elezioni erano state annullate a seguito di un presunto intervento informativo russo a favore di Călin Georgescu — evento senza precedenti nella recente storia europea.
Non sono emerse prove dirette di interferenze da parte del servizio di intelligence romeno (SRI) nel processo elettorale attuale. Tuttavia, l’accusa pubblica di Pavel Durov, fondatore di Telegram, secondo cui la Francia avrebbe esercitato pressioni per limitare l’accesso all’app in Romania durante il voto, ha sollevato interrogativi sul controllo indiretto delle infrastrutture digitali nel momento più delicato del confronto democratico. Il governo francese ha smentito ogni coinvolgimento, ma l’episodio ha riacceso il dibattito sulla vulnerabilità delle democrazie di fronte a interferenze transnazionali mascherate da “cooperazione tecnica”.
Il volto mutevole della repressione: quando lo Stato si traveste da arbitro
Il tratto più inquietante del fenomeno che abbiamo descritto — dalla Germania alla Francia, fino alla Romania — non è tanto l’uso emergenziale dello Stato contro l’opposizione, ma la sua trasformazione sistemica in arbitro politico non eletto. Nelle democrazie europee, la legittimità popolare dovrebbe costituire l’unico fondamento del potere. Eppure, sempre più spesso, il consenso patriottico viene disinnescato prima delle urne, attraverso procedure, etichette e dispositivi di sorveglianza giustificati in nome della “difesa dell’ordine costituito”.
In questo contesto, la neutralità dello Stato diventa finzione. I servizi segreti, la magistratura amministrativa, le autorità sulla privacy, le reti digitali: tutte queste strutture si presentano come tecniche, imparziali, protettive. Ma nella realtà dei fatti operano selettivamente, costruendo una barriera invisibile ma efficace contro ogni alternativa politica che metta in discussione lo status quo globalista.
L’AfD in Germania viene definito “estremista” sulla base di frasi pubbliche e articoli di giornale — non per atti eversivi. I canali Telegram dei sovranisti francesi vengono monitorati non perché progettino attentati, ma perché esprimono un pensiero politicamente sgradito. In Romania, l’infrastruttura stessa del voto entra nel mirino di presunte ingerenze tecniche tra Stati membri UE, come nel caso della pressione francese su Telegram durante le presidenziali. È una strategia di interdizione preventiva: non colpire il reato, ma prevenire il dissenso.
Una nuova forma di governance post-democratica?
Tutto ciò suggerisce una dinamica più profonda: l’avanzare di un modello europeo in cui l’agibilità politica non è più garantita dal suffragio universale, ma dalla compatibilità ideologica con l’“ordine democratico” come lo definisce chi lo controlla. In altre parole: puoi partecipare alla democrazia solo se non metti in discussione il perimetro tracciato da chi ne è già dentro.
È il paradosso dell’Europa contemporanea: le stesse istituzioni che si ergono a custodi della libertà e dello Stato di diritto si riservano il diritto di stabilire chi ne è degno. Un sistema di legittimazione selettiva, dove i cittadini possono votare, ma solo per candidati previamente filtrati.
E proprio per questo, i movimenti patriottici e conservatori devono oggi affrontare una sfida più sottile ma più radicale: non solo conquistare voti, ma difendere il diritto stesso di competere. Non solo vincere le elezioni, ma difendere l’idea che ogni cittadino abbia diritto a un’alternativa reale. Perché quando l’opposizione viene silenziata senza processo, quando la sicurezza diventa censura e la burocrazia sostituisce il giudizio popolare, la libertà non è più in pericolo: è già sotto amministrazione controllata.
L’ora della responsabilità: oltre la sorveglianza, la costruzione
Non siamo più nel tempo delle teorie, ma dei fatti. In Europa è in atto una mutazione silenziosa della democrazia: non attraverso colpi di Stato, ma attraverso circolari, classificazioni, regolamenti, protocolli di sicurezza. È un’epoca in cui il dissenso non viene bandito, ma “delegittimato”. In cui le idee non si combattono nel dibattito, ma si spengono nell’ombra della sorveglianza. E in cui la verità del potere si nasconde dietro la tecnocrazia della legalità.
Ma se questo è il quadro, allora si impone una scelta. Non possiamo limitarci a denunciare. È necessario costruire strumenti culturali, giuridici, tecnologici e strategici che permettano alle forze identitarie, conservatrici e sovraniste di abitare il futuro senza subalternità.
Cosa significa, in concreto?
- Significa difendere l’autonomia delle piattaforme di comunicazione come Telegram o altri ambienti digitali, affinché restino spazi liberi per la partecipazione civica e non zone franche da militarizzare con pretesti morali.
- Significa proporre una riforma europea dell’intelligence e dei poteri speciali, che ponga fine alla complicità strutturale tra sorveglianza e potere politico.
- Significa, infine, ricostruire il concetto stesso di sicurezza, spogliandolo delle sue derive ideologiche e restituendolo al suo senso originario: proteggere i cittadini, non condizionare le elezioni.
La battaglia che ci attende non si giocherà solo nelle urne, ma nella capacità di riscrivere il perimetro stesso della cittadinanza democratica. Non si tratta solo di conquistare consenso, ma di difendere l’agibilità dell’alternativa. Perché oggi, in troppi angoli d’Europa, chi dissente non è un avversario, ma un sorvegliato. E la posta in gioco non è una poltrona in più, ma la sopravvivenza stessa della libertà politica.
Il tempo dell’innocenza è finito. Ma il tempo del coraggio è appena cominciato.