Caio Giulio Cesare Mussolini, classe 1968, pronipote di Benito Mussolini. Due lauree, tre lingue parlate fluentemente, è stato ufficiale della Marina Militare italiana, nel corpo dei sommergibilisti ed è poi diventato manager di importanti aziende italiane del settore. Questo il biglietto da visita con il quale Caio si presenterà alle prossime elezioni europee del 26 maggio, dopo anni passati lontano dai riflettori, candidato in Fratelli d’Italia, il partito sovranista guidato da Giorgia Meloni.
«La mia famiglia è dovuta scappare due volte dall’Italia, la prima volta dopo le fine della guerra, la seconda negli anni di piombo», ha detto Mussolini durante la conferenza programmatica di Fratelli d’Italia a Torino. Infatti, suo nonno Vittorio, figlio del Duce, alla fine degli anni ‘40 attraversò l’Oceano per sfuggire alla repressione ed alla stigmatizzazione che nell’Italia repubblicana stavano subendo coloro i quali avevano avuto ruoli nel regime fascista e si stabilì in Argentina. Proprio in Argentina è nato Caio, che ha poi vissuto per anni in Venezuela, Paese al quale è rimasto legato e per il quale si è speso senza sosta in questi mesi, pubblicamente, in sostegno del Popolo vessato dal dittatore Maduro.
Lo abbiamo intervistato per conoscere meglio l’uomo che sta facendo tanto parlare di sé, sui giornali di mezzo mondo e lo abbiamo raggiunto telefonicamente, mentre sta macinando chilometri per chiudere la sua campagna elettorale.
Voce squillante, tono cordiale come sempre. «Come mai un uomo con una carriera importante come la sua ha deciso di scendere in campo e perché proprio in queste elezioni europee, che sono complesse per la grandezza del collegio e per la difficoltà di ricevere preferenze? E perché ha deciso di candidarsi proprio in Fratelli d’Italia?», gli chiediamo.
«Ho deciso di candidarmi in queste elezioni perché ho pensato fosse arrivato il momento giusto per me. Ho servito per tutta la mia vita il mio Paese, prima come comandante quando ero in Marina Militare, poi come manager di Finmeccanica, sempre all’estero, cercando di tutelare gli interessi del mio Paese. C’è chi gioca a fare il capitano… io sono veramente un Comandante e penso che oggi sia quanto mai necessario avere persone in Europa con esperienze internazionali che possano difendere gli interessi dell’Italia all’interno dell’Unione Europea. Ovviamente ho deciso di farlo con Fratelli d’Italia, perché è il partito più coerente, mi piace la sua leader Giorgia Meloni, condivido pienamente i 15 punti che sono stati elencati nella conferenza programmatica di Torino su come risolvere tanti problemi che attanagliano l’Italia e soprattutto ritengo che Fratelli d’Italia sia il partito di destra, l’unico partito di destra, discendente dal Movimento Sociale Italiano, poi Alleanza Nazionale, la destra sociale e che in questo momento potrebbe dare veramente un contributo molto importante».
«A proposito della sua carriera. Qualche giorno fa il premier Conte ha rilasciato delle dichiarazioni che potremmo definire antimilitariste, togliendo fondi previsti per l’acquisto di fucili per destinarli ad una borsa di studio sulla pace. Come si è sentito dopo questa uscita di Conte?».
«In merito a quello che ha dichiarato Conte, io sono rimasto molto perplesso. Ovviamente il problema non è avere cinque fucili in più o in meno; è proprio l’approccio verso le Forze Armate, l’attenzione verso i militari. È umiliante. Penso che ultimamente con il Ministro Trenta e con questo Governo le Forze Armate siano state veramente umiliate in continuazione. Ci sono stati tanti eventi… purtroppo le Forze Armate non possono ridursi a tappare le buche delle strade a Roma piuttosto che a fare i trenini in chiesa. Penso che bisognerebbe veramente rivedere molto, le Forze Armate devono essere addestrate, avere i migliori mezzi disponibili perché se viene richiesto dal Governo, dalla politica di agire in teatri internazionali complessi devono avere tutti i mezzi e tutte le possibilità per far bene il proprio lavoro. I militari devono essere addestrati per fare la guerra e per combattere. Il politically correct purtroppo sta modificando anche la terminologia mentre quando si sta sul campo di battaglia le parole lasciano il tempo che trovano e bisogna fare i fatti».
«Qual è l’idea di Europa di Caio Mussolini?».
«L’idea di Europa che abbiamo in mente è quella di un’Europa fatta da Stati che tutelano le proprie identità, le proprie culture. L’Europa delle Nazioni, che la destra aveva già in mente decenni fa e che, invece, oggigiorno purtroppo si è trasformata in una specie di accozzaglia finanziaria, economica, guidata da burocrati e tecnocrati non eletti da nessuno, con un Parlamento che ha delle specificità molto diverse da quelle di un normale Parlamento di qualsiasi altra Nazione. È un’Europa che è lontana dai Popoli, lontana dalle esigenze delle persone. Come è stato descritto anche nei punti della conferenza programmatica di Fratelli d’Italia a Torino, noi vorremmo un’Europa confederata, di Stati sovrani, dove l’Europa deve dare indicazioni sulle questioni principali, come possono essere l’immigrazione, la difesa, la politica estera. Il resto, però, deve essere lasciato alle Nazioni, in modo che possano tutelare le proprie identità, le proprie specificità, le proprie unicità che sono molto diverse da Paese a Paese e che in Italia sono una grande ricchezza. Quindi andiamo in Europa per portare più Italia, andiamo a cambiare tutte le cose che non vanno bene e che hanno portato molti cittadini ad allontanarsi da questa Europa, che non è certamente quella che vorremmo».
«Ovunque Lei sia andato, ha ricevuto un caloroso benvenuto. In poche settimane ha girato tutto il collegio ed incontrato migliaia di persone. Cosa Le chiede la gente? Cosa vogliono gli Italiani?».
«In queste settimane ho girato molto il sud. Io già avevo vissuto nel sud tanti anni, sono stato in Puglia ma ovviamente girando in campagna elettorale si ha una visione un pochino diversa. Quello che ho apprezzato nella gente è l’interesse. Un interesse spontaneo, genuino, curiosità. Ho riscontrato ancora molto affetto nei confronti della mia famiglia, ho potuto vedere persone che comunque avevano di quel periodo un buon ricordo e ho potuto constatare anche che molte delle infrastrutture, ponti, palazzi (costruiti nel Ventennio, n.d.r.) al sud, soprattutto al sud, sono ancora tra le costruzioni più importanti, specialmente per quanto riguarda la parte infrastrutturale. Per fare un esempio, da Taranto a Reggio Calabria ho percorso la Jonica 106, che è una strada fatta negli anni ’30 e da quell’epoca non è stato fatto più nulla. Quello che ho potuto riscontare è che gli Italiani vogliono normalità. Gli imprenditori, ad esempio, chiedono solamente di poter lavorare senza una burocrazia che li opprime, con uffici statali che sono sordi alle loro richieste. La gente chiede di non essere lasciata sola; chiede semplicemente di poter restare nella propria terra e avere la possibilità di lavorare invece che emigrare, di andare al nord oppure all’estero. Quindi quello che ho riscontrato è, appunto, voglia di normalità, di tornare ad essere un Paese che conta, che crede nelle potenzialità del proprio territorio, nelle proprie specificità e soprattutto che dia possibilità ai giovani. Queste sono le cose che sono emerse in maniera più forte durante i giri che ho fatto a sud per la mia campagna elettorale».
Ha anche ricevuto tante contestazioni. Dagli articoli di giornale italiani e esteri ai manifesti con il suo nome strappato. Perché a suo avviso si è messa in moto questa macchina dell’odio nei suoi confronti?».
«Sì, ho ricevuto anche qualche contestazione da gruppi di sinistra, di estrema sinistra, piccoli e sparuti gruppi che ripetevano continuamente slogan triti e ritriti. Purtroppo, queste persone di sinistra non hanno idee, sono lontane dalla realtà, lontane dalle persone, dalla popolazione, dai problemi reali. L’unica cosa che hanno è questo antifascismo assolutamente anacronistico e soprattutto un antifascismo in assenza di Fascismo quindi c’è stata qualche contestazione, qualcuno ha strappato i miei manifesti e ciò dimostra il lato violento di questa sinistra che invece di proporre, distrugge, attacca e non ha nessun tema da poter discutere, su cui poter dialogare. Purtroppo questa è una tendenza che negli ultimi anni è cresciuta molto a livello politico, sia locale che nazionale. La sinistra, purtroppo, ha perso completamente la rotta e non gli resta altro che attaccarmi tra l’altro dal punto di vista personale, per mio cognome, per il mio nome. Cose ridicole ed anche squallide».
«Glielo avranno già chiesto di sicuro, ma non possiamo non farle quest’ultima domanda. Il suo è un cognome importante. Cosa ha significato e cosa significa per Lei chiamarsi Mussolini, in Italia e all’estero?».
«Il mio cognome è sicuramente un cognome particolare, un cognome importante, pesante, è il cognome di un uomo che ha fatto per più di 20 anni la storia italiana e che ha lasciato una traccia molto profonda. Io sono conscio del mio cognome e, sin da piccolo, ho sempre cercato di portarlo al meglio ma ho sempre cercato di farmi valere per quello che sono; quello che ho chiesto, infatti, sin dall’inizio della campagna elettorale è semplicemente di poter essere valutato per il mio curriculum, per le cose che ho fatto e, soprattutto, per il mio contributo ovvero quello che io posso portare in Europa. Data la mia preparazione, le mie esperienze internazionali, il mio background culturale, penso che nel contesto europeo una persona con la mia esperienza possa essere un valore aggiunto importante ed ecco perché ho deciso di iniziare questa mia avventura politica proprio con le elezioni europee. Ho notato molto interesse; anche all’estero sono stato contattato da tantissimi giornalisti che volevano interviste, volevano di più, volevano conoscermi, sapere le idee che ho sul Fascismo. Io continuo a dire che è stato un periodo storico importante, complesso, che non si può definire nei termini buono o cattivo, come tutti i fenomeni complessi, appunto. Ho detto anche che considero il Fascismo in periodo chiuso, iniziato con una guerra e finito con un’altra guerra, come ha detto Marcello Veneziani. Soprattutto, penso che la storia vada lasciata agli storici. Io mi propongo come un candidato alle prossime elezioni europee, vorrei dare il mio contributo per far contare di più l’Italia all’interno dell’Europa e penso che con la mia preparazione sia il luogo migliore, il luogo più consono per poter lavorare per il bene del mio Paese».
Poi ci ringrazia per il tempo che gli abbiamo dedicato e torna alla sua campagna elettorale, alle tante persone che vogliono stringergli la mano, scambiare quattro chiacchiere, farsi una foto. Una persona perbene, che ha servito la Nazione nelle Forze Armate e che oggi ha deciso di farlo anche in politica. Audentes Fortuna iuvat.