Antonino Tamburello viene intervistato da La Voce del Patriota.
Docente universitario, psichiatra, fondatore dell’Istituto Skinner, il primo centro italiano per la psicoterapia cognitivo-comportamentale, oltre 50 anni di attività professionale alle spalle ed una nuova vita che gli si presenta davanti: quella da “influencer”. Note, anzi notissime, sono infatti le pillole video con cui contamina positivamente la piazza dei social, con le quali offre, soprattutto ai più giovani, consigli sulla vita, sul dolore, sull’amore. Con lui abbiamo analizzato il dibattito pubblico generatosi dopo la tragica morte di Giulia Cecchettin, soffermandoci su alcuni aspetti portanti delle principali tesi che si stanno affacciando: patriarcato, scontro di genere, educazione sentimentale. Accogliendo, in origine, un suo invito: quello di farci diavoli, recuperando l’etimologia greca del termine, e metterci di traverso tra l’uomo e la sua natura.
Professore come ha reagito all’acceso dibattito che si è innescato nell’opinione pubblica a seguito dell’omicidio della giovanissima Giulia Cecchettin?
La reazione al delitto, quindi alla morte, è il dolore e il silenzio, ma coltivo anche la percezione che nulla o poco stiamo facendo per trasformare la nostra collettività e renderla maggiormente capace di comprendersi, di imparare con l’altro e dall’altro, di ridurre faziosità e combattività inutili. Un uomo possiede un solo titolo con cui rapportarsi ad un altro uomo, e soprattutto ad una donna, ed esso proviene, come minimo, dal rispetto, più ottimisticamente, dall’amore. Provo dolore ma nutro il desiderio di veder erigere muraglie, costruire fortificazioni, pianificare azioni perché la nostra civiltà cambi rispetto all’attuale. In questa regna una forsennata competizione verso il nulla, fatta di apparenze, che etichetta e crea una stereotipata idea di “migliore” da inseguire e che emargina tutto ciò che è difforme da quella idea, trasformandolo naturalmente nel “peggiore”. Così ci si distanzia nella società e si perde il dialogo tra le parti. Perché il peggiore non dovrebbe avere il diritto di parlare e di essere ascoltato? Un giusto sviluppo sociale dovrebbe prevedere un patchwork culturale, una combinazione di culture, identità, esperienze, opinioni. Nessuno dovrebbe tentare di coprire col proprio colore quello dell’altro. Difronte alle liti di queste ore si alternano amarezza e sentimento di non speranza: esiste solo l’insulto, l’etichettamento, colui che si sente il primo, il migliore, che svergogna l’altro. Questa non è costruzione, questa non è comunicazione, questo è niente. E’ veleno, veleno sociale. Non c’è futuro così. Da secoli avveleniamo il pianeta e prima di ripulire i mari, i fiumi, l’aria, i boschi, impiegheremo tanto tempo. Speriamo di avere anche il tempo per ripulire i cuori.
Una delle tesi che si sta affermando prevede che a generare i fatti di violenza nei confronti delle donne sia una cultura del patriarcato ancora forte in Italia…
Io credo che i patriarchi non esistano più. La dittatura dell’audience non può portare gli opinionisti televisivi a diventare untori di questo veleno.
Esiste un dovere, quasi ancestrale, che dovrebbe riguardare tutti gli uomini però. Ovvero proteggere i vicini, assumere responsabilità e sorreggere sulle proprie spalle parte del peso della comunità senza che ogni sua parola, che ogni suo pensiero non vibri di speranza per i propri amici e i propri vicini. Questo potrebbe essere il profilo di un uomo di valore.
Noi dobbiamo preparare un terreno perché domani ci sia tanta amicizia, tanta vicinanza, tanta comprensione, non lotta. Sulla televisione, dappertutto sui giornali, nell’agone politico c’è lotta.
Tuttavia, c’è anche chi alimenta uno scontro tra uomini e donne.
Questo rappresenterebbe l’inizio della fine. Ma le donne non hanno bisogno di lasciarsi trascinare nello scontro frontale contro l’uomo. La donna offesa, e che soffre, ha una lacrima sul viso, che le cade. Un raggio di sole può illuminare e far riflettere quella lacrima raggiungendo l’uomo. L’uomo deve essere raggiunto dal dolore che può generare anche inconsapevolmente. Perché l’uomo possiede un problema atavico che una volta mi spiegò bene una balia, con una vita dedicata ad allattare i bambini per altre madri: se risulti un po’ brusco nei confronti di una femminuccia quando la stacchi dal seno, non succederà niente perché quando ti riproponi lei si attaccherà di nuovo. Una anticipazione delle tipiche caratteristiche femminili: concretezza, lucidità, impegnata ad andare diritto allo scopo. Se un maschietto lo stacchi male dal seno potrebbe non attaccarsi mai più. Ciò vuol dire avere una particolare attenzione nei suoi riguardi per evitare che si offenda. In questo aneddoto, c’è una indicazione potenziale: la donna allontanandosi da qualsiasi uomo tenta possibilmente di non offenderlo. Chiaramente non può essere identificata come causa che giustifichi violenza, l’imprudenza con cui la donna si allontana o l’illusione di lei di proteggerlo. Pensiamo a Giulia. Al suo sorriso che vorrei ispirasse. Fino all’ultimo, lei ha pensato a proteggere ed a non far soffrire il suo carnefice. Esitava, in quell’ultimo straziante messaggio vocale, nel troncare con lui, temeva che lui si uccidesse. Lui minacciava questo gesto estremo, comunque sbagliato, senza sapere che chiunque ha il diritto di rifiutarci. Lei non sapeva che chiunque ha il diritto di rifiutare. La libertà personale è totale e infinita, e noi non dobbiamo imporci con nessuno.
Allora, cosa genera la violenza, professore?
La causa della violenza è generata dal superamento di un confine sacro. Questo confine che ci separa da una donna, un amico o un avversario, si oltrepassa senza vedere il dolore fisico o covert che può suscitare. Si sconfina perché si vive una fase di sconvolgimento, di paura, di agitazione. In 55 anni di attività, incentrati sui colloqui coi pazienti, anche profili criminali, non ho mai visto a nessuno commettere violenze in limpidezza ed in consapevolezza. L’uomo si acceca se viene respinto. Questa è una caratteristica che la genetica umana ha voluto memorizzare per proteggere la sua leadership ed ostacolare la sottomissione. Tuttavia, è una caratteristica che l’uomo non comprende bene, non gli viene nemmeno insegnata, non gli viene spiegata la normalità del rifiuto che andrebbe vissuto come una opportunità e non come una offesa. Molte donne riescono a scuotere gli uomini in questo senso, specialmente quando padroneggiano i loro cuori. Loro posseggono profondità e riescono a cogliere il nostro immaginario. Gli uomini sono sempre suggestionabili dalle donne. Preconizzare uno scontro tra loro è folle. Tra donna e uomo c’è il futuro della comunità, se si muovono entrambi per costruire e per garantire la continuità di essa. Ed è importante quindi costruire relazioni nuove tra uomini e donne, o tra uomini e altri uomini. Perché la violazione parte dalla vibrazione piccola con cui passi il confine della membrana cellulare. Le cellule costituiscono tessuti, ma nessuna cellula invade un’altra cellula. Non possiamo invadere altre cellule.
Nella sua lunga esperienza di incontri e colloqui, registra un cambiamento nell’uomo?
L’uomo ha sperimentato una fragilità che non ha conosciuto prima. E’ in cerca di un’evoluzione e di un cambiamento che ancora non ha assunto una forma precisa e ancora ci vorrà del tempo prima che gli si sveli nel futuro. In questa fase mutevole, però, bisogna rimanere capitani eterni della propria anima. Come? Allontanando lo scontro e la violenza, promuovendo il paziente dialogo e il confronto. Nella vita quotidiana un aiuto concreto per mantenere il controllo deriva proprio dalla stabilità e dalla superiorità delle donne. La donna può salvare l’uomo, l’uomo non ce la fa a salvare la donna. Le donne sono il motore del cambiamento nella società. Le mie non sono parole che vogliono alimentare la frattura fra i generi, semmai vogliono alimentare l’amore. Semplicemente adopero un proverbio antico, secondo il quale chi ha più prudenza, più luce, la deve adoperare. Ma fra i due non deve mai perdersi la speranza di costruttività, per cui il rispetto e l’aiuto reciproco. Donna e uomo devono realizzare il loro sogno comune.
È molto popolare adesso parlare di introduzione a scuola dell’educazione sentimentale. Il Ministro Valditara, pochi giorni fa, ha lanciato un progetto sperimentale sull’educazione alle relazioni. Cosa ne pensa?
Io penso ad una educazione del sentimento dell’azione e del pensiero, perché nessuna società del prossimo futuro potrebbe trascurare una di queste tre aree di sviluppo. Paradossalmente la componente sentimentale è l’unica che ha meno bisogno di essere educata perché il corpo umano è perfetto. Se tu gli metti l’input giusto, produce il sentimento giusto. Il sentimento e le emozioni non possono essere governati poiché vengono perfettamente parametrati e proporzionati dall’input che viene dato e dalla modalità elaborativa che il cervello deve compiere. Quindi lui non sbaglia a dare ira. Diventa però importante capire come rettificare l’input o identificare le elaborazioni dell’input che il cervello riceve. I sentimenti sono perfetti, perciò se partiamo dall’educazione al sentimento, costringeremmo i ragazzi ad occuparsi del sesso degli angeli e gli restituiremmo un insegnamento velleitario.
Noi abbiamo bisogno di altro. Dobbiamo fondare una educazione su chi è l’uomo, quali sono le sue risorse e come conoscere e poi governare la sua natura. Noi tutti dobbiamo imparare come lanciarci di traverso in questa natura, facendoci diavoli, per posizionarci in mezzo tra la creazione, l’uomo e la sua natura. Questo è un progetto senza precedenti, che richiede un lavoro lento e lungo, partecipato e condiviso.
Seconde Lei, quali sono i temi che le nuove generazioni dovrebbero apprendere a scuola?
Prima bisogna sapere chi è l’uomo, quali sono le sue risorse fondamentali, quali sono le sue capacità quali sono le sue facoltà di base e come posso evitare che queste facoltà vengano impiegate male. E far capire la fondamentale e vitale differenza tra schiavitù e libertà. La schiavitù si realizza quando un individuo non dispone di una azione libera, ovvero di una azione scelta, un passaggio intermedio che gli permetta di scegliere tra almeno due opzioni, vere e davvero alternative, e sapere cosa comporta l’una o l’altra, di che tratta l’una o l’altra, quali sono le conseguenze se agisce in un modo o in un altro.
Ad esempio, una donna o un uomo, che subisce la violenza del partner ed esita ad allontanarlo poiché teme per la sua incolumità, deve poter avere una conoscenza che gli consenta di compiere questa azione consapevole. La libertà è tra due scelte consapevoli, come quando all’uomo vennero posti davanti l’acqua e il fuoco e laddove deciderà di allungare la sua mano, egli si bagnerà o brucerà.
Sia le vittime che i carnefici vengono salvati dalla scoperta della differenza tra libertà e schiavitù. Ora verranno accesi ceri e fiaccole, giustamente. Ma dobbiamo accendere al più presto quella luce interiore, la luce della consapevolezza di questo concetto. La differenza tra libertà e schiavitù si comprende dal disagio o dal furore. Se sei un carnefice sei dipendente, quindi schiavo, dal sottomettere, ma nessun uomo potrà essere felice da carnefice, nessuna donna potrà essere felice con un carnefice. Se continuiamo ad occuparci esclusivamente delle conseguenze di questi rapporti malsani, continueremo ad essere impotenti. Invece, io devo sapere chi sono, io devo sapere che sono arbiter, io devo sapere che sono il titolare di facoltà costruttive: un intelletto aperto alla libertà e una volontà aperta alla libertà. Ma non conosciamo bene né cosa vuol dire apertura e chiusura, né cosa vuol dire intelletto e volontà. I capitoli successivi di un grande progetto educativo.
Il presente come mette alla prova la capacità dei genitori di educare i figli?
I genitori in potenza hanno un ruolo fondamentale, ma anche loro devono imparare la differenza tra schiavitù e libertà. I genitori devono imparare che vuol dire essere un uomo libero, quali sono i segnali della libertà che viene attentata, minacciata, dobbiamo partire da questo. Tutte le forme di disagio, tutti i sintomi che esistono al mondo sono i segnali di avvertenza della libertà che viene minacciata, sia corporei, sia interiori che mentali.
Professore, un’ultima domanda. In queste ore ognuno prova a dire la propria. Cosa è l’amore e cosa non è l’amore?
L’amore è semplicemente quello che non è per te, ma per l’altro. Quindi l’amore è nella speranza di attenuare il dolore, di far asciugare quella lacrima di cui parlavo e capisci, non per te, ma per l’altro che è vicino a te. Tutto il resto non è amore, è egoismo. Con l’egoismo uno spera di salvarsi, ma ci salveremo solo con l’amore.