In merito al problema rappresentato dal discusso e dubbioso programma nucleare iraniano, l’Unione Europea spera ancora in una soluzione diplomatica da frapporre alle ostilità militari comunque già avviatesi, e l’Italia, in modo particolare, ritiene che sia possibile riprendere il negoziato guidato dagli Stati Uniti per favorire una de-escalation bellica. Ma per il momento, è guerra fra Israele e Iran. Lo Stato ebraico ha effettuato diversi raid aerei che hanno colpito ininterrottamente oltre 200 obiettivi tra siti nucleari come quello importante di Natanz, lancia missili e droni, infrastrutture militari strategiche della Repubblica islamica.
L’attacco preventivo israeliano è stato molto mirato e chirurgico perché ha centrato in maniera fatale, oltre alle strutture militari fonte di pericolo per Gerusalemme e la regione, degli esponenti chiave del regime degli Ayatollah iraniani e persone determinanti per la riuscita degli obiettivi delle barbe fondamentaliste di Teheran come gli scienziati nucleari, molti dei quali periti sotto gli attacchi dei caccia di Tsahal. Sono morti il comandante dei Pasdaran Hossein Salami, il capo di stato maggiore dell’esercito Mohammad Bagheri ed Esmail Qaani, comandante delle forze Quds, il ramo d’élite dei Guardiani della rivoluzione specializzato in operazioni all’estero e strumento dell’esportazione della rivoluzione islamista degli Ayatollah, che ha sostenuto finora le milizie terroristiche sciite in Libano, Siria e Iraq, autrici tutte di svariati attacchi contro Israele, e i sempre più minacciosi Houthi dello Yemen. Queste, le vittime più celebri dei bombardamenti israeliani, ma sono stati uccisi anche altri capi militari della teocrazia iraniana e l’offensiva di Gerusalemme non è ancora terminata come ha precisato il premier dello Stato ebraico Benjamin Netanyahu.
Sono state avvertite nuove esplosioni nella capitale Teheran e nelle città di Isfahan e Kermanshah. L’Iran, dopo un primo lancio di droni, abbattuti tutti dalla contraerea di Israele, ha svolto almeno due attacchi controffensivi con missili balistici indirizzati soprattutto su Tel Aviv. La reazione iraniana era senz’altro attesa dal governo israeliano, che ha preparato le Forze Armate e la popolazione all’arrivo dei missili iraniani. Come mai l’apertura di un nuovo e così impegnativo fronte nel momento in cui permangono il conflitto nella Striscia di Gaza e tutti i rischi di agguati provenienti dal Libano, dalla Siria e dallo Yemen ad opera degli Houthi? Di sicuro, Benjamin Netanyahu non si è svegliato annoiato in un mattino e ha deciso di bombardare l’Iran tanto per passare il tempo. Tutto il mondo conosce da anni l’appoggio economico e i rifornimenti militari che vengono dati da Teheran ad Hamas, Houthi e tutti i terroristi islamici sciiti dislocati attorno ai confini di Israele, e se è doveroso stanare gli integralisti armati laddove essi operano, (Gaza, Yemen, Siria e Libano meridionale), è altresì inevitabile scoraggiare, con le buone o con le cattive, chi, da altri Paesi limitrofi, finanzia e stimola le loro attività sanguinarie, cioè, gli Ayatollah al potere in Iran dal 1979. I raid israeliani nei cieli della Repubblica islamica non sono poi del tutto sconnessi con quanto succede a Gaza o nella caccia agli Houthi yemeniti, ma c’è senza dubbio anche dell’altro e ciò si chiama programma nucleare iraniano. I caccia israeliani hanno puntato non a caso a distruggere gli impianti di arricchimento dell’uranio siti a Natanz e Isfahan perché, per dirla in parole semplici, l’Iran si trovava ad un passo dal produrre bombe nucleari e un regime come quello degli Ayatollah, da sempre sponsor anti-occidentale e anti-israeliano del terrorismo e con ambizioni di potenza regionale, non può avere l’atomica.
La teocrazia iraniana è fonte di instabilità già con le armi convenzionali, ma se essa potesse disporre della bomba atomica, diventerebbe una minaccia esistenziale per lo Stato di Israele in primo luogo e poi, per il resto del mondo. Tutti sono convinti del bisogno di impedire all’Iran di costruire ed avere armi nucleari, gli Stati Uniti, l’Unione Europea e il Governo italiano. I rapporti dell’AIEA, Agenzia internazionale per l’energia atomica, organizzazione autonoma in seno alle Nazioni Unite, organo non proprio pro-Israele, hanno denunciato uno sviluppo preoccupante dell’arricchimento dell’uranio a fini militari compiuto nei siti nucleari iraniani, e anche o soprattutto da qui, è partita la decisione di Gerusalemme di attaccare l’Iran in modo preventivo. Gli integralisti sciiti di Teheran, se vogliamo dirla proprio tutta, prendono in giro il mondo da decenni con il loro programma nucleare, almeno dalla presidenza americana di George W. Bush, che inserì l’Iran fra gli Stati canaglia, ad oggi. Gli Ayatollah si sono anche spinti a volte a giurare, sarebbe meglio dire spergiurare, che la loro ricerca dell’uso del nucleare fosse soltanto pacifica e priva di ambizioni militari. Nel 2015 sono stati persino creduti dagli Stati Uniti dell’allora presidente Barack Obama, promotore di un accordo sul nucleare con l’Iran, comprendente anche Russia, Cina, Regno Unito e Unione Europea. Fu un compromesso a perdere per l’Occidente e la sicurezza di Israele in quanto basato su una fiducia ingenua e mancante di controlli circa le reali attività svolte nei siti iraniani di Natanz e Isfahan, oggi presi di mira dall’aviazione israeliana.
Non vi può essere, con un regime fondamentalista intriso di odio come quello di Teheran, la fiducia sulla parola, e infatti nel 2018, al primo mandato presidenziale di Donald Trump, gli USA si sono ritirati dall’accordo al ribasso voluto da Obama. Il “secondo” Trump ha provato a negoziare all’insegna della diplomazia e senza armi con l’Iran, per assicurare al mondo la certezza di una Repubblica islamica almeno incapace di trasformarsi in una potenza nucleare, e sino a poche ore fa si è sperato, anche a Palazzo Chigi, di poter riprendere ancora dei colloqui, ma il faccia a faccia USA-Iran previsto in Oman è per il momento saltato. Non è comunque facile avere un dialogo soddisfacente con elementi di una dittatura religiosa integralista che promettono ai quattro venti di non volere arricchire uranio a fini militari e poi si trovano vicini ad avere la bomba atomica come è stato rilevato dall’AIEA. Oggi, gli Ayatollah pagano il prezzo della loro spudoratezza.