Il 18 luglio 2025, l’Italia ha detto «no» a un sistema di governance sanitaria globale che rischiava di espropriare gli Stati nazionali del loro potere decisionale in tempo di emergenza. Con una lettera indirizzata al direttore dell’OMS Tedros Ghebreyesus, il ministro della Salute Orazio Schillaci ha formalizzato il rifiuto di tutti gli emendamenti al Regolamento Sanitario Internazionale approvati nel 2024. Una presa di posizione netta, condivisa dagli Stati Uniti, che ha fatto esplodere il dibattito politico.
Le modifiche contestate avrebbero reso vincolanti le decisioni dell’OMS in materia di lockdown, obblighi sanitari, gestione delle informazioni, spostamenti internazionali, certificazioni, assistenza medica, produzione farmaceutica. In altri termini: uno stato di eccezione sanitaria planetario governato da un organismo sovranazionale, sottratto a qualunque forma di controllo democratico.
Una nuova architettura del potere globale?
La partita che si gioca attorno al Regolamento Sanitario Internazionale non è meramente tecnica. È politica. Gli emendamenti proposti rappresentano l’ultimo tentativo di cristallizzare, dentro norme vincolanti, quel modello di “governo della salute globale” sperimentato durante il Covid: un’architettura verticistica che presuppone l’infallibilità dell’OMS e la subalternità degli Stati.
Il nuovo regolamento prevedeva che in caso di “emergenza pandemica” (concetto non ben definito), l’OMS potesse assumere il coordinamento esclusivo delle risposte, imponendo anche raccomandazioni vincolanti in materia di viaggi, quarantene, distribuzione dei farmaci. A quel punto, le costituzioni nazionali sarebbero diventate secondarie. Il Parlamento italiano, ad esempio, si sarebbe trovato a ratificare a posteriori decisioni già operative. Di fatto, una sospensione della democrazia rappresentativa in nome della biosicurezza.
Non è un caso che il rifiuto sia stato motivato dal governo Meloni come difesa della sovranità: «Non accettiamo interferenze indebite nello sviluppo delle nostre politiche sanitarie», ha dichiarato Schillaci. E l’esecutivo americano ha usato toni simili: «Rischiano di interferire con la libertà di espressione, la privacy e i diritti individuali», hanno scritto Robert F. Kennedy Jr. e il senatore Marco Rubio.
Sovranità contro nostalgia del lockdown
La reazione delle opposizioni è stata furiosa. PD, M5S e AVS hanno parlato di «isolamento internazionale», di «scelta antiscientifica», di «strizzata d’occhio ai no vax». Ma la verità è che questo rigetto ha messo a nudo due visioni incompatibili: da un lato, quella di chi difende l’autonomia decisionale dello Stato; dall’altro, chi ancora rimpiange il modello centralizzato del green pass e del confinamento globale.
Galeazzo Bignami, presidente dei deputati di Fratelli d’Italia, ha dichiarato in una nota:
«Pd, M5s e Avs contestano la decisione del Governo Meloni di rigettare il nuovo regolamento sanitario che attribuiva all’Oms e al suo direttore poteri assoluti e insindacabili sulle politiche sanitarie in caso di pandemia. I nostalgici dei lockdown, degli obblighi sanitari, del Green Pass e del duo Conte-Speranza, sbraitano per la sacrosanta decisione del Governo Meloni. Menomale che hanno perso le elezioni».
Anche Francesco Filini, deputato e responsabile del programma di Fratelli d’Italia, ha parlato di “decisione necessaria”, accusando la sinistra di voler perpetuare una logica di controllo tecnocratico della salute pubblica:
«Andavano rifiutati perché immediatamente esecutivi, non trasparenti e ambigui nella formulazione».
Le loro parole sono lo specchio di un clima politico ancora segnato dalle ferite della gestione pandemica. Ma sono anche l’indizio di una svolta ideologica profonda: il ripudio dell’ideologia emergenziale come metodo di governo.
Le implicazioni geopolitiche
Il rifiuto italiano, in asse con Washington, è anche un segnale geopolitico. Indica che Roma non accetta più passivamente le direttive degli organismi multilaterali nati in un’altra epoca. Dopo l’era Trump e l’esperienza della pandemia, molti Paesi stanno rivalutando l’equilibrio tra sicurezza collettiva e libertà interna. Gli Stati Uniti l’hanno fatto per primi, rifiutando il Trattato pandemico; ora l’Italia li segue, rivendicando il diritto a decidere, informare e proteggere secondo le proprie priorità.
L’OMS resta un attore importante, ma non può diventare un Leviatano globale immune da critiche. Non può dettare le linee guida dell’informazione, delle restrizioni di viaggio, della produzione farmaceutica, come se si trattasse di un ministero della verità mondiale. La gestione del Covid ha mostrato che la tentazione autoritaria è reale. Evitarla è dovere di ogni Stato democratico.
Un precedente che farà scuola
La decisione del governo Meloni rappresenta un precedente forte, destinato a fare scuola in Europa e oltre. Non è un’uscita dal multilateralismo, ma un avviso: la cooperazione internazionale non può trasformarsi in sottomissione normativa.
Come ha scritto La Verità, «questa decisione dimostra grande coraggio nell’affermare la sovranità nazionale nella definizione delle politiche sanitarie». Non si tratta di negare la scienza, ma di evitare che venga usata come giustificazione per il controllo politico della società.
Difendere la sovranità sanitaria oggi significa difendere la possibilità, per ogni cittadino, di vivere in una democrazia dove le decisioni cruciali vengono prese da chi è stato eletto, non da un burocrate a Ginevra. E questa battaglia, l’Italia l’ha appena vinta.