Lobby, Mollicone (FdI): noi per trasparenza ma legge dall’anima giustizialista

"Comitato di sorveglianza è tribunale del popolo. Registrazione sarà elusa"

“Fratelli d’Italia sposa in pieno la causa della trasparenza dei processi e dei rapporti decisionali, ma se l’intento è costruire tribunali del popolo ricordiamo che questo non è quello che serve all’Italia. Hanno coperto un pregiudizio giustizialista con una legge che più che una “cabina di vetro” rende il lavoro del lobbista una “gabbia di vetro” con una burocrazia enorme e un ruolo prepoderante della magistratura”, ha dichiarato Federico Mollicone, deputato responsabile Cultura e Innovazione di Fratelli d’Italia, a margine dell’approvazione della legge che disciplina l’attività di relazioni istituzionali per la rappresentanza di interessi.

“La tassonomia di chi è rappresentante di interessi e di chi è decisore pubblico è manchevole di molti aspetti. La legge non prevede che il lobbista può essere un lavoratore subordinato, come la stragrande maggioranza dei casi, o comunque rappresentante di società o di agenzie di lobby: questo è dirimente per la questione della responsabilità e delle sanzioni. “Decisore pubblico”: non sono contemplati nella norma i vertici amministrativi dello Stato, le tecnostrutture – dal Capo di Gabinetto al Direttore Generale del Ministero, Comune o Regione. Va chiarita la nozione di “enti pubblici”. Tutte le aziende con partecipazione pubblica svolgono attività di lobbying e rappresentanza di interessi, sia direttamente che indirettamente tramite esternalizzazione di servizi. Escludere dalla registrazione questi soggetti significherebbe spingere nell’opacità una larghissima parte dell’attività di rappresentanza di interessi.
Non ci sono riferimenti a chi ha rapporti o rappresenta Stati esteri, tema posto anche dai colleghi Prisco e Montaruli in commissione. Riteniamo sia necessario garantire un meccanismo come il Foreign Agents Act negli Stati Uniti che garantisca la trasparenza e la legalità nei confronti di chi porta avanti interessi stranieri in cambio di finanziamenti e, su questo, è stato approvato un nostro ordine del giorno.
Nell’istituendo Registro non viene minimamente risolto il confine tra riservatezza, ovvero il segreto industriale coperto da NDA, e trasparenza, e non viene fatto nessun riferimento alla confliggenza oggettiva, come le policy interne di multinazionali e non solo, che poi possono essere eluse, pur nel rispetto della legge, con fornitori esterni di servizi di lobby. La regolamentazione è necessaria. Tuttavia la natura obbligatoria, senza sanzioni da un lato e premialità dall’altro, genererà un incentivo ad eludere la norma.
L’allocazione del Registro all’Antitrust appare simbolicamente ingiusta. Dall’altro, le disposizioni finali del provvedimento prevedono una clausola di invarianza finanziaria per cui il Registro dovrà essere predisposto, istituito, gestito e finanziato con le risorse esistenti. A noi sarebbe parso più adatto, per la natura degli interessi generali rappresentati e per le troppe polemiche per l’ente, affidare al CNEL la gestione e su questo avevamo presentato uno specifico emendamento. Il lavoro di commissione ha poi fatto sì che un componente del CNEL venisse integrato, quindi su nostra proposta, nel “Comitato di sorveglianza” che ha compiti sanzionatori nei confronti degli iscritti al registro, dove siedono – sempre con uno spirito giustizialista – un magistrato della Corte di Cassazione e un magistrato contabile.
Come ha rilevato anche l’Osce, il disegno di legge presenta uno sbilanciamento in termini di obblighi per i portatori d’interessi.”

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