Il dibattito circa l’efficacia delle azioni nel mondo della Organizzazione delle Nazioni Unite è piuttosto datato, ma, come un fiume carsico, riemerge puntuale e torna di attualità ogni volta in cui esplode un conflitto armato o si affacciano delle gravi tensioni internazionali. Ad ogni guerra l’Onu viene tirata in ballo perché non riesce mai o quasi ad adempiere ai propri doveri che sono quelli, appunto, di prevenire anzitutto il ricorso alle armi da parte delle Nazioni e fare in modo che le controversie incontrino una soluzione diplomatica, e, se proprio non si può fare a meno dell’uso degli eserciti, di governare i teatri bellici durante e dopo le ostilità. Le Nazioni Unite videro la luce nel 1945, subito dopo la Seconda guerra mondiale, e mossero i loro primi passi all’insegna di intenzioni e ideali più che nobili. Non si sarebbe mai più dovuto verificare un conflitto di proporzioni globali e per allontanarne lo spettro i Paesi del pianeta si raccoglievano attorno ad un organismo idoneo a mantenere la pace e la concordia nelle relazioni internazionali.
Oggi, dopo quasi ottant’anni di esistenza dell’Onu, possiamo constatare come i fallimenti del Palazzo di Vetro, (la principale sede delle Nazioni Unite, sita in New York), siano stati finora più numerosi dei successi. La Guerra Fredda fu determinata soltanto dal blocco occidentale guidato dagli Stati Uniti e dalla Unione Sovietica e i suoi satelliti dell’Est europeo, con l’Organizzazione delle Nazioni Unite nella parte di mera spettatrice. Il lungo confronto fra l’Ovest e l’Est del mondo si concluse grazie alla spinta dell’America di Ronald Reagan e della perestrojka di Mikhail Gorbaciov, insieme al non meno importante contributo di uomini come Papa Giovanni Paolo II e Lech Walesa. La missione dei caschi blu in Somalia nel 1992 fu un completo disastro in cui, fra l’altro, persero la vita anche dei soldati italiani. Non si riuscì a disarmare e pacificare le diverse fazioni in lotta, emerse dopo la caduta del dittatore Siad Barre, e la Somalia venne poi abbandonata a sé stessa, priva di un governo centrale e ormai frammentata in più territori controllati dalle varie milizie armate.
Dopo l’11 settembre 2001 e di fronte alla guerra dichiarata al mondo libero dal terrorismo islamico di Al-Qaeda, le Nazioni Unite, oltre a scontate dichiarazioni di circostanza, non seppero indicare e pianificare un cammino per combattere l’integralismo assassino di Osama Bin Laden e simili, quindi, gli Stati Uniti e la Nato fecero da soli, in Iraq, ma anche, di fatto, in Afghanistan. L’Onu nulla ha potuto o voluto fare dinanzi all’aggressione russa nei confronti dell’Ucraina, la quale, come è noto, si difende dalle truppe di Vladimir Putin grazie unicamente al supporto dell’Alleanza Atlantica. Prima del 24 febbraio 2022, data di inizio della invasione militare russa in Ucraina, quando già era nell’aria la possibilità di un attacco da parte di Mosca, paventato dalla intelligence americana e negato fino all’ultimo da Putin, all’interno del Palazzo di Vetro non è venuto in mente a nessuno, nemmeno a quei soloni che si riempiono ogni giorno la bocca di pace, di tentare almeno di proporre, per esempio, un referendum, naturalmente organizzato e monitorato da osservatori internazionali imparziali, da svolgersi nelle regioni orientali russofone dell’Ucraina, in particolare nel Donbass, al fine di scongiurare la guerra. Prima di muovere i propri carri armati verso il territorio ucraino, Putin sosteneva di voler proteggere la popolazione di lingua russa del Donbass, desiderosa di aderire quanto prima alla Federazione russa e minacciata dal nazionalismo di Kiev.
Ebbene, se l’Organizzazione delle Nazioni Unite fosse una cosa seria ed efficiente, essa avrebbe potuto avanzare l’idea di chiedere agli abitanti dell’Ucraina russofona la loro opinione, non influenzata dalla propaganda putiniana, circa un eventuale ingresso dei loro territori presso la Russia o la permanenza, invece, con il governo di Kiev. Sarebbe stato un modo per mettere Vladimir Putin un pò con le spalle al muro visto che assicurava di non avere altre mire al di fuori della tutela del Donbass russofono. Si può dire oggi, più a ragione che a torto, che in ogni caso la Russia avrebbe rifiutato a priori l’ipotesi di una autodeterminazione ordinata e pacifica dell’Est ucraino insieme, ovviamente, alla libertà del resto di quel Paese di scegliersi il proprio futuro nella Unione europea e nella Nato, perché, come poi si è compreso, la difesa degli ucraini di lingua russa era solo un pretesto per invadere tutta la Nazione presieduta da Volodymyr Zelensky, anche se l’invasione terrestre non è andata esattamente secondo i piani del Cremlino. Ma si poteva tentare, attribuendo così una nuova vitalità al ruolo delle Nazioni Unite e invece il Palazzo di Vetro è rimasto in letargo. In merito ai sanguinosi attacchi di Hamas in territorio israeliano e alla successiva e ancora in corso reazione militare dello Stato ebraico, l’Onu è al contrario intervenuta, ma in una maniera a dir poco indecente.
Il numero uno delle Nazioni Unite, ossia il segretario generale attualmente in carica Antonio Guterres, diplomatico ed ex premier socialista del Portogallo, attraverso una dichiarazione inequivocabile, che non può essere ritenuta solo come una boutade interpretata male dalla stampa, ha reso chiara dinanzi al mondo la propria posizione per quanto riguarda lo scontro in atto fra Israele e i terroristi di Hamas. Candidamente, Guterres ha spiegato come gli attentati di Hamas del 7 ottobre scorso non siano venuti dal nulla, bensì, secondo il suo ragionamento, sarebbero il frutto di anni e anni di politiche israeliane oppressive nei confronti dei palestinesi. Il segretario generale Onu condivide quindi l’antico pregiudizio di molti in base al quale Israele ha sempre torto ed ogni sua reazione non è mai proporzionata, e si è puntualmente pronti a giustificare ogni mossa proveniente dalla parte palestinese, quindi, anche l’orrore, l’uccisione di innocenti e la decapitazione di bambini. Chissà perché, i civili israeliani fanno un po’ meno pena di quelli di Gaza. Il fatto che Antonio Guterres sia un uomo di sinistra corrisponde ad un aspetto non del tutto secondario perché è noto come numerosi esponenti delle varie sinistre occidentali giudichino Israele mediante non pochi preconcetti, soprattutto se lo Stato ebraico è guidato da leader come Benjamin Netanyahu e dai conservatori del Likud. Guterres può avere tutte le idee che vuole, ma in qualità di segretario generale di un organismo sovranazionale che dovrebbe essere superiore alle posizioni personali di questo o quel funzionario, quand’anche si trattasse del numero uno come l’ex premier portoghese, non può rivelarsi così sfacciatamente partigiano, in particolare se poi prova ad individuare delle scusanti per un gruppo terroristico del calibro di Hamas. Servirebbe un nuovo codice comportamentale per chi si ritrova a condurre le Nazioni Unite. Anche la bozza di risoluzione avanzata dalla Giordania e contenente una richiesta di tregua nella Striscia di Gaza, si è rivelata perlopiù indigeribile perché priva di una chiara condanna verso l’assalto di Hamas del 7 ottobre. È senz’altro vero, come sostengono Italia, Europa e Stati Uniti, che tocchi anche a Israele essere responsabile nella pur inevitabile reazione, e pensare a non disperdere quanto raggiunto dagli Accordi di Abramo, ma i Paesi arabi, a loro volta, devono sforzarsi di uscire dall’ ambiguità quando si tratta di giudicare il terrorismo, palestinese e non, perché determinati tentennamenti sono inaccettabili.
Per tirare le fila, l’Onu si è finora barcamenata fra la completa inazione che ha portato le Nazioni e le grandi potenze a fare da sole, nel bene e nel male, e interventi accompagnati da risoluzioni che hanno addirittura peggiorato la situazione dei vari fronti caldi e diviso ancora di più il mondo. Alcuni ritengono che le Nazioni Unite debbano dedicarsi in maniera preponderante allo sviluppo economico e sociale del pianeta, essendo incapaci di prevenire e gestire le guerre. Tuttavia, il Palazzo di Vetro ha dato cattivi esempi pure nel campo del denaro. Ricordiamo anzitutto lo scandalo esploso attorno al programma Oil for food, predisposto per l’Iraq, da cui emersero episodi di corruzione legati a diversi funzionari Onu e nel quale rimase invischiato il figlio di Kofi Annan, segretario generale dal 1997 al 2006. La corruzione e la cattiva gestione dei soldi ricevuti hanno caratterizzato spesso l’Onu tanto da spingere gli Usa di Reagan a sospendere per un periodo l’erogazione di fondi dedicati alla Organizzazione delle Nazioni Unite, che, è bene ricordarlo, non è a costo zero e incassa quote di denaro da tutti i Paesi membri. Le Nazioni Unite necessitano di una profonda revisione se si vuole che l’esistenza di tale organismo abbia ancora un senso.
Caro Roberto, ero sicuro che toccava a te anche questa volta dire a tutti che “il re è nudo”, di vestiti proprio non ne ha addosso nessuno.
L’ONU è un ente inutile, e come tutti gli enti inutili ha un costo e fa comunque delle cose, e quindi non solo è inutile, è anche dannoso.
E’ curioso come, pur esistendo in sostanza grazie ai finanziamenti USA, sia dominato da una platea di paesi in molti casi di dubbia democraticità, sostanziamente anti occidentali e antidemocratici.
Il caso di un membro permanente guerrafondaio – la Russia – ha fatto pasare ogni limite.
Una sola proposta mi sembra possibile: sospendere l’erogazione di fondi all’ONU da parte dei USA e degli altri paesi amanti della libertà dei popoli e chiudere quel verminaio di corruzione e faziosità che è ormai l’ONU.
Bisogna avere il coraggio di dirlo, e poi di farlo.
con affetto
Alessandro