Ci sono, certo, i numeri, l’entità economica degli accordi, gli aiuti finanziari e militari, ma ciò che è uscito dalla Conferenza per la ricostruzione dell’Ucraina di Roma, che proseguirà anche oggi, costituisce un messaggio potente e inequivocabile che serve in modo particolare per il presidente russo Vladimir Putin, il quale non ferma la propria guerra di aggressione e non accetta alcun negoziato serio di pace, e pure per chi, la Cina per esempio, incoraggia il bellicismo del Cremlino, sebbene in maniera più o meno strisciante.
L’Ucraina aggredita, diversamente da quanto alcuni speravano fino a qualche tempo fa, non è sola nella propria battaglia di sopravvivenza, che è difficile ed estenuante, ma inevitabile. Tutta l’Europa è con Kiev e al Regno Unito e alla UE si sono affiancati con rinnovata sintonia gli Stati Uniti d’America. Non che gli USA, con l’arrivo di Donald Trump alla Casa Bianca, fossero diventati all’improvviso anti-Kiev e pro-Putin, come pure hanno provato a raccontare alcuni media liberal, ma il presidente americano non aveva nascosto la volontà di provare, a differenza magari di alcuni Paesi europei, ad aprire un canale di dialogo pragmatico con Vladimir Putin al fine di trovare una soluzione al conflitto non troppo penalizzante né per la Russia, né per l’Ucraina. Tuttavia, il Putin odierno ha perso di vista il realismo, necessario nella politica internazionale, e Trump, soprattutto dopo l’ultima telefonata avuta con il leader russo, è tornato a rinsaldare l’asse transatlantico con i cosiddetti Volenterosi e l’Europa, nella quale spicca la centralità dell’Italia e della premier Giorgia Meloni, con l’obiettivo di fornire all’Ucraina, che continua a subire senza sosta i bombardamenti russi, tutto ciò di cui ha bisogno per difendersi.
Gli Stati Uniti, con l’inviato speciale per l’Ucraina Keith Kellogg, hanno partecipato per la prima volta al tavolo dei Volenterosi e questo è stato il segnale potente di una rinvigorita consonanza fra le due sponde dell’Atlantico in merito alla guerra in Ucraina, come ha sottolineato, durante la Conferenza di Roma, il leader di Kiev Volodymyr Zelensky.
Il presidente ucraino vede il bisogno, per il futuro del proprio Paese, di un piano Marshall, simile a quello messo in pratica dagli USA nell’Europa occidentale per aiutarla nella ricostruzione dopo la Seconda Guerra mondiale. Serve un salto di qualità nell’azione contro Mosca con maggiore pressione e deterrenza militare, e diventa imperativo appesantire le sanzioni all’aggressore, che si ostina a non comprendere il linguaggio diplomatico e della pace, e dare più armi all’aggredito. Queste istanze sono state condivise da tutti i partecipanti della Conferenza di Roma, in presenza e in videocollegamento, e sono stati prodotti circa duecento accordi per 10 miliardi, mirati alla ripresa economica e sociale dell’Ucraina.
La “padrona di casa” Giorgia Meloni ha ribadito l’importanza di un Occidente unito, di qua e di là dell’Atlantico, che non può che proseguire nell’appoggio verso Kiev e nelle pressioni da esercitare in direzione della Russia. La pace non si costruisce, ha evidenziato la premier, con i buoni propositi, bensì con la deterrenza, unico mezzo per reagire e per tutelarsi da un regime come quello di Vladimir Putin con cui è diventato arduo discutere. L’Ucraina resiste per sé stessa e anche per il resto dell’Occidente.
La Repubblica ex sovietica deve ricorrere ad aiuti esterni perché senza di essi rischierebbe di soccombere completamente, ma finora gli ucraini, anche in presenza di qualche ritardo da parte dell’Occidente, hanno dimostrato di saper vendere cara la loro pelle. Hanno fatto fallire il piano russo che voleva piegare l’Ucraina con il freddo, la fame e la paura, come ha ricordato la premier Meloni alla Conferenza. Giorgia Meloni, la quale, da quando si è insediata a Palazzo Chigi, ha rivelato in più momenti di possedere invidiabili capacità diplomatiche e di sapere trovare intese internazionali senza mai sottomettere sé stessa e l’Italia a chicchessia, ha segnato un altro gol con la Conferenza per la ricostruzione dell’Ucraina e non solo perché l’evento si sta svolgendo nella Capitale italiana.
L’Italia, che doveva essere isolata nel mondo con la destra al governo, secondo le premonizioni fasulle delle sinistre, è centrale nelle questioni globali che scottano e le sue posizioni, per esempio quelle che si battono per la coesione fra USA e UE, circa l’Ucraina e molti altri argomenti, vengono prese in attenta considerazione sia da Washington che da Bruxelles. Il ruolo del “ponte italiano sull’Atlantico” viene incentivato dalla Casa Bianca e dai partner europei di Roma. La Conferenza sull’Ucraina, con il palese avvicinamento dell’Amministrazione Trump ai Volenterosi, ha visto la realizzazione dell’unità dell’Occidente, ovvero, di una evoluzione per la quale si è sempre spesa Giorgia Meloni. E il PD? Beh, il partito di Elly Schlein si preoccupa di Almasri.