Mentre Washington e Pechino si scontrano in una nuova guerra commerciale, l’UE annuncia contromisure che la avvicinano pericolosamente alla linea di Xi Jinping, in contrasto con la dottrina americana nell’Indo-Pacifico. L’Italia, schiacciata dagli interessi tedeschi, deve trovare una via autonoma per non soccombere in un’Europa che rischia di autodistruggersi.
Washington ha riacceso la miccia del protezionismo. Dal 1° marzo 2025, l’amministrazione Trump ha imposto dazi del 25% su acciaio e alluminio, seguiti da un ulteriore 20% sull’export europeo annunciato ad aprile. La Cina non ha tardato a rispondere: dal 10 aprile, Pechino applicherà tariffe del 34% su beni americani, promettendo “misure necessarie” per tutelarsi. In questo scontro tra titani, l’Unione Europea cerca di farsi strada. Ursula von der Leyen ha dichiarato che Bruxelles risponderà con “contromisure proporzionate”, un pacchetto che include dazi su bourbon, motociclette e prodotti agricoli USA per un valore di 26 miliardi di dollari.
Fin qui, i fatti. Ma emerge un pericolo: la strategia dell’UE, con i suoi toni duri e le minacce di ritorsione, ricorda troppo da vicino l’approccio di Xi Jinping. Non è solo una questione di tattica. Bruxelles sta scivolando verso la “parte sbagliata della storia”, quella di una Cina autoritaria, proprio mentre la dottrina americana nell’Indo-Pacifico – rilanciata da Trump – punta a contenere Pechino con alleanze come il Quad (USA, Giappone, India, Australia) e l’AUKUS. Schierarsi, anche solo implicitamente, con la Cina potrebbe isolare l’Europa dagli Stati Uniti, suo storico alleato.
Un’Europa forte o un’Europa confusa?
Le parole di von der Leyen – “Non siamo stati noi a iniziare” – vogliono mostrare muscoli. Ma dietro c’è confusione. L’UE non ha la coesione né la potenza per reggere un confronto trilaterale con USA e Cina. La recente visita della presidente a Samarcanda, in Uzbekistan, per negoziati commerciali, è stata letta da alcuni come un tentativo di diversificare i partner. Ma è un segno di debolezza: l’Europa non può flirtare con l’Asia Centrale mentre rischia di perdere Washington.
Berlino detta la linea, l’UE paga il prezzo
La Germania è il motore economico dell’UE e un attore chiave nei rapporti con la Cina. Nel 2024, il 40% delle esportazioni tedesche di automobili è andato a Pechino, e Berlino ha spesso difeso i suoi legami con la Cina nonostante le critiche sui diritti umani. Oggi, con i dazi USA che colpiscono l’industria europea, la Germania spinge per una risposta dura che protegga le sue esportazioni. Ma l’UE non può continuare ad autodistruggersi per gli interessi di Berlino. La dipendenza tedesca dalla Cina – simile a quella con la Russia prima del 2022 – mette a rischio la sicurezza geopolitica europea, trascinando tutti in una spirale di ritorsioni che favorisce Pechino.
L’Italia deve reagire, Berlino non fa il suo interesse
L’Italia si trova in una posizione delicata. Ha abbandonato la Belt and Road Initiative nel 2023, scegliendo un dialogo con la Cina più pragmatico. Ma ora, con il 10% del suo export diretto agli USA, le PMI italiane temono le conseguenze dei dazi americani e di un’eventuale escalation europea. Giorgia Meloni ha definito i dazi “sbagliati” e chiesto misure di tutela. Tuttavia, l’Italia rischia di essere travolta da una linea europea che non ha scelto, dettata da Berlino e troppo vicina a Pechino.
Una terza via patriottica contro l’autodistruzione europea
Una soluzione possibile è una “terza via patriottica”. Né con la Cina, né contro gli USA, l’Italia dovrebbe difendere le sue imprese e la sua libertà strategica. La dottrina Trump nell’Indo-Pacifico, con il rafforzamento della presenza navale USA nel Mar Cinese Meridionale, mostra che Washington non intende cedere terreno a Pechino. Un’Europa che imita la Cina è un’Europa che si condanna all’irrilevanza. Serve una voce italiana autonoma, che spinga l’UE a ritrovare la bussola: dialogo con gli USA, protezione dell’industria nazionale e rifiuto di una sudditanza commerciale che avvantaggia solo Berlino.
È tempo di scegliere l’Italia, prima che Bruxelles si ritrovi dalla parte sbagliata della storia.