L’Unità nazionale è più al sicuro con la destra al governo

Il 17 marzo scorso è stato il giorno della celebrazione dell’Unità nazionale, della Costituzione, dell’Inno e della Bandiera. Il 17 marzo del 1861, 164 anni fa, veniva proclamato il Regno d’Italia a Torino. Si sono ritrovati all’Altare della Patria il Presidente della Repubblica Sergio Mattarella, il Presidente del Consiglio Giorgia Meloni e le più alte cariche dello Stato. Mattarella ha deposto una corona d’alloro sulla tomba del Milite ignoto. La premier Meloni ha evidenziato come la Giornata dell’Unità d’Italia di quest’anno assuma un significato ancora più solenne per l’approvazione in Consiglio dei ministri dello schema di decreto del Presidente della Repubblica, che stabilisce le modalità di esecuzione dell’Inno di Mameli nelle cerimonie istituzionali e pubbliche.

L’Unità nazionale, dal dopoguerra ad oggi, non è mai stata messa seriamente in discussione e non ha subìto assalti  fatali, però i comportamenti di alcune parti politiche dell’Italia repubblicana hanno indebolito in determinate fasi la coesione della Nazione. Oggi, l’Unità d’Italia è al sicuro più che mai perché la destra e i conservatori di Fratelli d’Italia siedono a Palazzo Chigi, al governo della Repubblica. Non esprimiamo questa convinzione per partito preso, ma è anzitutto la Storia della destra politica, la Destra Nazionale passata poi ad essere Alleanza Nazionale, dalla quale arrivano Giorgia Meloni e la comunità di Fratelli d’Italia, a dirci come la leadership dell’odierno centrodestra e del Governo non possa che essere la principale garante dell’Italia unita. La destra sventolava il Tricolore e lo inseriva nei propri simboli, partitici e di organizzazioni giovanili, universitarie e sindacali, quando mostrarsi troppo attaccati alla Bandiera veniva giudicato dalla intellighenzia rossa e radical-chic come un atteggiamento fascista e ipernazionalista. La destra era ed è convinta della necessità di un superamento della natura esclusivamente parlamentare della Repubblica italiana e dell’approdo alla elezione popolare del potere esecutivo centrale, il Presidente della Repubblica in un quadro presidenzialista, all’americana per intenderci, o il Presidente del Consiglio in un’ottica di premierato. Il governo centrale eletto dai cittadini è, in quanto tale, rappresentativo della maggioranza del corpo elettorale dalle Alpi alla Sicilia e costituisce la massima garanzia contro eventuali pericoli di disgregazione nazionale. Esso può bilanciare e temperare anche le autonomie locali più spinte, infatti, la destra si batteva ieri per una sintesi fra il presidenzialismo e il federalismo di bossiana memoria, ed oggi, al governo del Paese, lavora per portare avanti il premierato con l’Autonomia differenziata. La destra è Nazione e l’evoluzione denominata Fratelli d’Italia punta al partito conservatore della Nazione, un soggetto interclassista interprete delle varie complessità dell’Italia. Si può comunque dire che il classismo e il settarismo non abbiano mai affascinato il lato destro della politica italiana, prima e dopo la nascita di Fratelli d’Italia. Quando FdI otteneva sì e no il 4 per cento dei voti e la maggioranza degli italiani, legittimamente, preferiva magari il PD di Matteo Renzi o il Movimento 5 Stelle, nessuno a destra si è mai permesso di denigrare una Nazione e la sua parte maggioritaria responsabili di scelte avverse a quanto predicato da Giorgia Meloni e dai suoi.

L’Italia si ama sempre e si vuole il massimo per lei anche quando si è minoranza e si dispone solo di un pugno di voti. Solo così, solo con questa mentalità una Nazione può rimanere unita e non rischiare mai di esplodere. Solo con la consapevolezza che tutti gli strati della comunità nazionale, (lavoratori pubblici e privati, professionisti, partite IVA, imprese e famiglie), sono determinanti, è possibile scongiurare minacce disgregative. Non l’hanno mai pensata così le sinistre, il Partito Democratico, i suoi padri, i suoi alleati e i suoi sponsor sparpagliati nella informazione e in alcuni apparati dello Stato. Dovremmo cominciare a scomodare la Storia con i comunisti d’antan, pronti a cedere l’Italia al blocco della Unione Sovietica o almeno alla Iugoslavia titina, ma impossibilitati, per fortuna, dall’appartenenza solida della Penisola all’alleanza occidentale. Tuttavia, ci limitiamo a ricordare gli episodi storici un poco più recenti come le tante “gufate” anti-nazionali in presenza di governi di centrodestra, quelli di Silvio Berlusconi e l’attuale di Giorgia Meloni. Le sinistre e alcuni poteri amici hanno sempre sperato, in alcuni casi anche lavorato in maniera occulta per l’accadimento di esse, in rotture insanabili e catastrofiche fra Roma, l’Europa, gli Stati Uniti e tutto il mondo politico-finanziario che conta. Questo non è amare l’Italia e la sua Unità. Poi, il disprezzo per le masse che votavano per il Cavaliere e chi oggi non smette di riporre la propria fiducia in Giorgia Meloni. Coloro i quali si intestardiscono nel votare a destra sono privi di cultura, pensano solo al loro portafogli e magari a come evadere le tasse, le “sciure” berlusconiane e chiunque possegga una partita IVA, e votano con la pancia e mai con la testa. Scavare solchi fra gli italiani non irrobustisce l’Unità nazionale. 

Resta aggiornato

Invalid email address
Promettiamo di non inviarvi spam. È possibile annullare l'iscrizione in qualsiasi momento.
Roberto Penna
Roberto Penna
Roberto Penna nasce a Bra, Cn, il 13 gennaio 1975. Vive e lavora tuttora in Piemonte. Per passione ama analizzare i fatti di politica nazionale e internazionale da un punto di vista conservatore.

Questo sito utilizza Akismet per ridurre lo spam. Scopri come vengono elaborati i dati derivati dai commenti.

Leggi anche

Articoli correlati