Era la notte che poteva cambiare tutto, e l’ha fatto. Nella sede centrale dell’AUR, a Bucarest, l’attesa è stata lunga, carica di tensione ma anche di una fiducia incrollabile. Intorno a me, giornalisti, collaboratori, volontari, cittadini arrivati da ogni angolo della Romania: occhi puntati sui monitor, mani intrecciate, sguardi che dicevano più delle parole.
Poi, alle nove in punto, è arrivato il momento: i primi exit poll scorrono sugli schermi. George Simion è in testa. I dati ufficiali, aggiornati con l’88,88% dei verbali scrutinati, parlano chiaro: 40,17% per Simion, contro il 21,18% di Antonescu, secondo classificato. Oltre 1.400.000 voti di vantaggio. Un risultato netto, potente, inequivocabile. La sede dell’AUR è esplosa in un boato fragoroso. Militanti e simpatizzanti, emozionati, si sono alzati in piedi intonando cori che in pochi secondi sono diventati un’onda travolgente. Un’energia incontenibile che ha subito attirato l’attenzione della stampa internazionale presente, accorsa a immortalare la scena.
Anche ieri sera, nella sede dell’AUR, c’era gente normalissima. Come in tutta questa campagna elettorale. Padri di famiglia, studenti, insegnanti, imprenditori, pensionati. Romeni stanchi di essere presi in giro, che chiedono solo una cosa: tornare liberi di scegliere chi li rappresenta e li governa. Nessuna “orda di fascisti”, nessun “pericolo per la democrazia”, come continuano a ripetere ossessivamente in televisione e sui giornali. Quelle etichette non sono solo false: sono offensive. E servono solo a mascherare la paura dell’élite di perdere il controllo.
Rispetto: è questa la parola chiave. Lo slogan che George Simion ha scelto, e che oggi suona come un programma realizzato. Rispetto per la verità, per la giustizia, per il popolo. Parole che Simion ha scolpito nella sua campagna e che ha ripetuto con fierezza nella nostra intervista esclusiva: «Come Presidente difenderò la verità, la giustizia e la sovranità della Romania. Proporrò un audit su tutti i contratti stranieri che hanno svenduto le nostre risorse, e una riforma per tagliare il numero dei parlamentari, rendendoli finalmente responsabili».
Lo ha ribadito anche nelle due conferenze stampa convocate ieri. Insieme a Georgiana Teodorescu e Nicolae Vlahu, ha denunciato un sistema elettorale compromesso: morti ancora presenti nelle liste elettorali, urne mobili richieste in numeri inspiegabili, presidenti di seggio che costringono i membri a firmare verbali in bianco, sindaci colti a “istruire” i cittadini con schede già votate in mano. In qualsiasi altro paese europeo, sarebbe uno scandalo nazionale. Qui, invece, l’establishment fa finta di niente.
E allora ci pensa lui, Simion, a dire le cose come stanno. «Combatterò la guerra dell’informazione con coraggio, non con la censura. Creeremo una piattaforma nazionale, libera da Bruxelles. Insegneremo ai giovani a pensare con la propria testa. Perché la verità è l’arma contro ogni propaganda». È questo il vero cuore della sua rivoluzione.
Una rivoluzione che oggi travolge i confini della Romania e arriva dritta al cuore dell’Europa. La stessa Europa che squalifica Marine Le Pen in Francia, che mette sotto sorveglianza l’AfD in Germania, che arresta cittadini in Inghilterra per reati d’opinione. Ma oggi, da Bucarest, arriva un messaggio forte e chiaro: il tempo delle menzogne è finito. Il popolo ha rialzato la testa.
La diaspora romena ha risposto con un’adesione senza precedenti, dimostrando che l’identità non si spegne nemmeno lontano da casa. Simion l’ha sempre detto: “La Romania non è una colonia. Macron non è l’imperatore. Noi non siamo sudditi”. E ora, forte del primo turno stravinto, lancia la sua sfida al sistema: restituire ai romeni la sovranità che gli spetta. Lancia MEGA – Make Europe Great Again – per unire i patrioti d’Europa in un fronte comune.
E il 18 maggio, con ogni probabilità, i romeni confermeranno la vittoria di George Simion anche nel secondo turno, spalancando le porte del Palazzo Cotroceni a un presidente conservatore che siederà accanto a Giorgia Meloni al Consiglio Europeo. Un fatto che sposterà inevitabilmente — e finalmente — gli equilibri dell’Unione nella direzione auspicata dalla maggioranza silenziosa degli elettori ovunque: sovranità, identità, libertà.
Oggi a Bucarest c’è il sole, ma la luce più forte brilla negli occhi di chi ha creduto. Non importa quante ombre proveranno a gettare sul suo cammino: la scintilla è accesa, e stavolta non si spegnerà.
Perché quando il popolo alza la testa, il sistema può solo arretrare.
E quando al centro torna una parola semplice ma potentissima come Rispetto, la rivoluzione è già cominciata.