L’utero in affitto lede la donna: non tutti i desideri possono essere diritti

È sotto gli occhi di tutti la crudeltà della maternità surrogata, per vari aspetti. Il mercificare il corpo di una persona, in questo caso di una donna e del bambino che porta in grembo, è un atto contrario ai principi su cui si fondano le democrazie occidentali e, in generale, gli Stati di diritto: mettere a confronto persone e soldi non rientra in ciò che è giusto, né tantomeno in ciò che è morale. Lo dice la nostra Costituzione, non esplicitamente, quando basa l’intero ordinamento costituzionale sul concetto di dignità umana. La Costituzione tedesca si apre così: “La dignità dell’uomo è intangibile. È dovere di ogni potere statale rispettarla e proteggerla”. Un concetto che si sposa con tutti i Paesi civili: l’uomo non può essere mercificato.

Se si parla di una donna, poi, il concetto si inasprisce perché ciò che molti di quelli che criticano l’approvazione del Parlamento della maternità surrogata come reato universale non vedono, o fanno finta di non vedere, è che dietro alla pratica, che una donna potrebbe compiere anche per spirito di liberalità, si nasconde un intero e complesso business che utilizza gli uteri di donne meno fortunate come una sorta di scatola, da svuotare e da riempire ogniqualvolta ce ne sia bisogno. Non è un caso che ciò avviene specialmente nei Paesi più poveri, dove le gestanti si offrono, in cambio di pochi spiccioli, di portare avanti la gravidanza per altri. Ma, oltre al sistema di affitti di uteri, anche la libera offerta di gestazione per altri nasconde parecchie insidie, come appunto la mercificazione della donna, il distacco del neonato dalla madre naturale. Cose che facilmente hanno portato a degenerazioni assurde, quasi a equiparare le banche dei semi a una sorta di supermercati, dove scegliere i tratti somatici più graditi – non è, questa, un’ulteriore forma di discriminazione? – e, chissà, magari usufruire del diritto di reso.

Il mondo Lbgt si ripiega su sé stesso

Uno scempio. Tanto che, al di là dei soliti sinistri italiani che si arrampicano sugli specchi pur di trovare un argomento con cui contrastare a priori il governo, persino alcune femministe hanno accolto con piacere l’approvazione della legge. Come riportato dalla Verità questa mattina, a Radio Cusano Campus è intervenuta Zaltieri Pirola, segretaria nazionale di Arcilesbica, spiegando che sì, è possibile che si siano donne disposte a offrirsi per la gestazione per altri, ma “bisogna andare a vedere perché si hanno disposti a farlo”. Per lei, “anche laddove la gestazione per altri è solidale, in realtà c’è un pagamento di circa 10mila euro per la gestante, che in certe situazioni di difficoltà possono comunque essere sufficienti. Questa è la realtà: le donne lo fanno per soldi”. E, ha aggiunto, “anche laddove ci fosse una donna che lo desidera perché per lei è la cosa migliore del mondo, comunque c’è un bambino che ha dei diritti: il diritto di sapere la sua origine. di non nascere già in una condizione di fragilità. I desideri di ognuno non devono poter diventare dei diritti in automatico: questo è un ripiegamento del movimento Lgbt su sé stesso. Questo movimento, da quando ha cominciato a vivere in maniera più pacificata, ha cominciato a chiedere una serie di diritti che non sono tali”.

Una lezione per il mondo della sinistra, che viene proprio da chi tutto è tranne che di destra. Per Carolina Varchi, prima firmataria del disegno di legge approvato, ha spiegato al Giornale che si tratta di “una pratica francamente insopportabile che lede le relazioni umane offende le donne”. Donne che accettano di rinunciare alla loro dignità perché “sono deboli, hanno bisogno, si trovano in condizioni estreme”. Così, grazie a Fratelli d’Italia, è stata messa la parola fine qui in Italia a una pratica che ogni Paese civile, in virtù di valori fondamentali generalmente riconosciuti, dovrebbe ripudiare.

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