Ieri si sono svolti i funerali dell’ex leader di Hezbollah Hassan Nasrallah, ucciso durante i bombardamenti israeliani di settembre 2024. A Beirut, capitale del Libano, una folla immensa di persone si è radunata per omaggiare Nasrallah e il successore Hashem Safieddine, anch’egli ucciso da Tel Aviv. La folla, radunata in uno stadio da 55mila posti, ha iniziato a gridare “Morte a Israele, rispondiamo alla tua chiamata, Nasrallah”. L’attuale leader del gruppo politico e militare di Hezbollah, Naim Qassem, durante il discorso televisivo trasmesso su maxischermi ha annunciato: “Resteremo fedeli all’eredità che ci è stata affidata e continueremo su questa strada”, Nasrallah “vive in noi” e “non abbandoneremo la scelta della resistenza”. Vogliamo giurarti fedeltà, Hassan Nasrallah”. Alla cerimonia erano presenti anche alte cariche del governo iraniano: il ministro degli Esteri Abbas Araghchi e una delegazione di politici sciiti e una degli Houthi (milizia sciita dello Yemen). La vicinanza dell’Iran a Hezbollah è testimoniata anche dal messaggio della guida suprema iraniana, l’ayatollah Ali Khamenei: “Il grande combattente e leader della Resistenza in Libano Hassan Nasrallah ha raggiunto il grande onore del martirio, ma il suo spirito continuerà a regnare dopo la sua morte. Fate sapere al nemico che la resistenza continuerà, finché non avrà raggiunto i suoi obiettivi”. Durante la cerimonia jet militari israeliani hanno sorvolato a bassa quota la zona dello stadio e aerei di Tel Aviv hanno bombardato il sud e l’est del Libano. Il ministro degli Esteri, Israel Katz, ha spiegato: “Chiunque decide di distruggere Israele e lo attacca sancisce la propria fine. Voi continuerete a specializzarvi in funerali, noi in vittorie”.
Lo spettro della ripresa della guerra
Una guerra non solo di armi ma fatta anche di segnali, testimoniati anche dai rilasci show di Hamas durante la liberazione degli ostaggi, costretti a baciare e abbracciare i militari di Hamas ed esibiti su palchi allestiti appositamente. Quei rilasci che hanno suscitato l’indignazione del mondo e l’ira di Israele: stop alla liberazione di 602 prigionieri palestinesi in cambio di sei ostaggi israeliani se Hamas non cesserà le cerimonie umilianti per celebrare il trasferimento dei sopravvissuti all’attacco del 7 ottobre. Per questo Hamas sospenderà i negoziati con Israele per la violazione delle disposizioni sul cessate il fuoco e parla di “tregua a rischio”. Netanyahu si dice “pronto a riprendere la guerra in ogni momento”, attacca Hamas “non governerà Gaza. Gaza sarà smilitarizzata e la sua forza combattente sarà smantellata” e minaccia la ripresa della guerra: “I piani operativi sono pronti”. Witkoff, l’inviato speciale Usa per il Medio Oriente, ha dichiarato alla Cnn che si recherà nella regione mercoledì prossimo per il “raggiungimento di un’estensione della fase uno” dell’accordo tra Israele e Hamas sul cessate il fuoco e lo scambio di prigionieri. Ha poi aggiunto di aspettarsi che la “fase due” del negoziato non salti. La speranza è l’ultima a morire ma i fatti smentiscono le parole di pace e spingono alla ripresa della guerra.