L’Europa è il continente in cui ci è toccato di vivere e il nostro Paese, come tutti gli altri appartenenti a questa parte di mondo, non può ignorarne il peso e le dinamiche interne.
Ma si dovrebbe e potrebbe iniziare a fare a meno di tutte quelle storture che hanno caratterizzato l’Unione europea almeno a partire dalla crisi economica globale del 2008 sino ad arrivare ai giorni nostri, e che hanno fatto vacillare più di una volta la tenuta e la coesione della Comunità continentale.
Invece, alcuni leader europei, come il presidente francese Emmanuel Macron, cedono periodicamente a quelle vecchie abitudini che già si sono rivelate essere un boomerang per le potenzialità e le ambizioni della Ue, e che ora, a maggior ragione di fronte alla guerra in Ucraina, dovrebbero essere del tutto accantonate. Il cosiddetto asse franco-tedesco costituisce da quasi vent’anni la principale fonte di squilibri, ingiustizie e malcontento in Europa. Parigi e Berlino hanno sempre visto l’Ue come uno strumento che deve essere funzionale anzitutto agli interessi di Francia e Germania, e che tutti gli altri Paesi membri si arrangino come possono.
La solidarietà continentale è stata spesso utilizzata con due pesi e due misure. Se una determinata decisione presa a Bruxelles può rivelarsi conveniente per le imprese e le banche franco-tedesche, nessuno si può sfilare, anche perché si verrebbe subito accusati di irresponsabilità, scarso spirito comunitario e magari, di sovranismo. Ma se qualcosa, sempre targato Ue, rischia di insidiare Parigi e Berlino, ecco che dei leader, diciamo così, moderati come Macron oppure come Angela Merkel prima e Olaf Scholz oggi, diventano più nazionalisti e sovranisti di Marine Le Pen e Viktor Orban messi assieme. Giorgia Meloni è riuscita la settimana scorsa ad imporre a Bruxelles la posizione dell’Italia circa la gestione dei confini europei e di conseguenza, dell’immigrazione clandestina, ma nel contempo ha dovuto bere almeno un mezzo calice amaro per quanto riguarda la norma europea sugli aiuti di Stato, sicuramente gradita in modo particolare dalla Francia.
Nessuno Stato al mondo sovvenziona così tanto, come invece fa quello francese, la propria industria automobilistica, ed eccoli qui i due pesi e le due misure dell’europeismo franco-tedesco. Se i Paesi a nord della Germania, grazie ad una forza tutta loro, possono sopportare questa sorta di Opa da parte dell’Eliseo e della Cancelleria federale tedesca, il Sud e l’Est del Vecchio Continente soffrono il peso di un utilizzo strumentale delle Istituzioni comunitarie. Al netto delle interpretazioni degli eurolirici in servizio permanente effettivo, l’avanzata di un sentimento di profonda sfiducia verso questa Ue, rappresentato dal successo elettorale di tanti partiti e movimenti euroscettici e sovranisti, non ha sorpreso e continua a non sorprendere. Si è fatta strada l’idea, perlopiù fondata, secondo cui Francia e Germania avrebbero sempre e soltanto pensato agli affari loro, cominciando, durante la crisi del 2008, a sistemare i loro debiti e le loro banche a scapito di altri partner europei. Questa disillusione si è diffusa un po’ dappertutto nel continente e non ha risparmiato neppure le stesse Francia e Germania, altrimenti non si spiegherebbero i voti conquistati, per esempio, da Marine Le Pen e dalla formazione tedesca AfD, (Alternative fur Deutschland). Si evince quindi la natura miope e controproducente dell’asse franco-tedesco, che fa pagare pegno persino ai suoi sostenitori.
Probabilmente, una Unione europea meno sbilanciata sugli esclusivi interessi di Parigi e Berlino avrebbe anche evitato la Brexit, ma questa Ue ha reso di nuovo attuali, agli occhi degli inglesi, gli avvertimenti di Margareth Thatcher. La lungimirante Lady di ferro, già tanti anni fa, sottolineava come un’Europa a trazione solamente franco-tedesca non avesse felici prospettive. Sono davvero numerose le ragioni che dovrebbero spingere i principali protagonisti europei a cambiare radicalmente rotta, ma c’è chi, come Emmanuel Macron, persevera in maniera diabolica.
Come sappiamo, il presidente francese ha organizzato un piccolo summit all’Eliseo con il cancelliere tedesco Scholz e il leader ucraino Volodymyr Zelensky, evitando di includere la premier italiana Giorgia Meloni. Rispondendo alle doverose critiche italiane, Macron ha sostenuto come sia stato del tutto normale aver privilegiato la presenza sua e quella del collega tedesco perché Francia e Germania hanno un rapporto particolare. Semmai, si tratta di un particolare limite per l’Europa e se il leader d’oltralpe pensa di avere fatto un torto a Giorgia Meloni, sappia invece che la vittima è il continente tutto, insieme a quella unità dell’Occidente che occorre preservare dinanzi alle sfide criminali della Russia. Macron, oltre a rilanciare ciò che comprime l’Ue da anni, non ha fatto piangere Giorgia Meloni, ma ha fatto ridere Vladimir Putin.