Made in Italy: compie 125 anni l’impresa degli orologi di Napoli

Sono passati 125 anni da allora. Era il Giovedì Santo del 1900 quando il giovane Theo Brinkmann, con il cuore pieno di sogni e le mani educate dalla prestigiosa Reale Accademia di Glasshutte, aprì per la prima volta le porte della sua orologeria in via Toledo 243 a Napoli, proprio di fronte alla maestosa Galleria Umberto I. Con lui inizia una storia che non è solo quella di una eccellenza artigianale made in Italy, nonostante l’inizio sia teutonico, o di un’impresa familiare centenaria, ma anche quella della città.

Gli orologi pubblici di Napoli, soprattutto quelli delle funicolari, il mezzo di spostamento più amato di questa ex capitale europea, sono tutti firmati da Brinkmann fin dagli anni ’30 del Novecento, e sono ancora il segnatempo dei viaggiatori partenopei, perfettamente funzionanti. E anche quando fu necessario cambiare quelli della funicolare di Chiaia, nel 2003, durante il ripristino delle stazioni, vennero ricommissionati proprio ai Brinkmann.

Il viaggio del giovane Theo era iniziato come una esplorazione del mondo, dalla Germania a Firenze e poi Roma, dopo aver gettato alle ortiche studi da prete e aver incontrato un mondo, quello dell’orologio, da cui era stato definitivamente conquistato fino a farne l’opera della sua vita. Ma quando i suoi occhi incontrarono la città partenopea, fu amore a prima vista. La luce del golfo, il calore della gente, il pulsare della vita nei vicoli. Venne “rapito dalla bellezza” di questa città, come amava raccontare. La sua prima bottega, con gli strumenti che aveva portato dalla Germania, nasceva 125 anni fa, ma il negozio sarebbe diventato presto un punto di riferimento per l’eleganza napoletana e un testimone silenzioso dei cambiamenti della città attraverso più di un secolo, anche quando si trasferì in piazza Municipio, con le vetrine adiacenti al portone della sede della giunta comunale. I gioielli arrivarono accanto agli orologi nel 1950, sempre all’insegna di una cifra di sobrietà ma anche di unicità del pezzo, anche con disegni originali, tra cui gli anelli ‘a nastro’ con pietre preziose, aperti o sinuosi sulle dita negli anni ’70, prima affidati a un laboratorio, poi diventati di mano di Adriana, che con la sorella Erica e il cugino Federico Squadrilli portano avanti una impresa che è diventata in questi 125 anni “simbolo dell’antica sapienza artigianale e della creatività del territorio e della comunità napoletana”.

Resta aggiornato

Invalid email address
Promettiamo di non inviarvi spam. È possibile annullare l'iscrizione in qualsiasi momento.
Giovanni Curzio
Giovanni Curzio
Giovanni Curzio, 21 anni, napoletano, studente alla facoltà di Giurisprudenza della Università degli Studi Suor Orsola Benincasa. Da sempre è appassionato di giornalismo sia di cronaca che sportivo. Collabora anche con agenzie di stampa ed emittenti radiofoniche e televisive della Campania.

Questo sito utilizza Akismet per ridurre lo spam. Scopri come vengono elaborati i dati derivati dai commenti.