La prima legge di bilancio del governo Meloni domani approderà in Senato dopo l’approvazione alla Camera dei deputati. Il più è fatto. Il via libera di Palazzo Madama non presenta particolari complicazioni. Insomma, alla faccia di chi predicava catastrofi e sciagure, agitando lo spettro dell’esercizio provvisorio, è ormai certo che l’iter si concluderà positivamente entro il termine ultimo del 31 dicembre. È un’ottima notizia per il Paese e dimostra che l’attuale governo non è poi così “inadeguato” come lo raccontano i suoi avversari. Basta riavvolgere il nastro della storia per rendersi conto che quando al governo c’erano quelli che oggi non risparmiano critiche le tempistiche non è che fossero tanto diverse: nel 2021 e nel 2020 la manovra è stata approvata il 30 dicembre, nel 2019 il 27, nel 2018 il 30 e nel 2017 il 23.
Vuol dire che il governo Meloni è perfettamente in linea con quelli che lo hanno preceduto – persino con quello dei “migliori” – nonostante il gigantesco handicap di partenza: essersi insediato in autunno inoltrato. Nessuno però sembra dare abbastanza peso alla circostanza. Giorgia Meloni ed i suoi ministri hanno giurato il 22 ottobre. Il primo Consiglio dei Ministri si è riunito il giorno successivo. Calendario alla mano, il tempo per comporre e varare la manovra è stato poco. Pochissimo: un mese e mezzo. Nessun esecutivo da più di un secolo a questa parte, l’ultima volta era il 1919 e c’era ancora la monarchia, si è trovato ad affrontare una legge di bilancio in simili condizioni. “Questi sono numeri, date, cifre, sulle quali non è dato discutere, ma solo prenderne atto. Di tutto questo, salvo casi rarissimi, nell’informazione non si fa parola”, osservava qualche giorno fa dalle colonne de La Verità Paolo Del Debbio. Ingenerosi e smemorati, la maggior parte dei quotidiani preferivano titolare: “Una manovra da riscrivere” e ancora “La manovra con 44 buchi intorno” oppure “Manovra errori fino alla fine”, solo per citarne alcuni. Come se il ritorno del testo in Commissione bilancio, le annotazioni della Ragioneria dello Stato e la mancanza di coperture fossero un fatto inedito ed eccezionale, inaccettabile, come se le precedenti leggi di bilancio avessero percorso sentieri lineari, senza ostacoli e intoppi.
Renato Loiero, consigliere economico del presidente del Consiglio, intervistato da Il Giornale, smonta una per una le fake news e rivendica l’operato del governo: “Tutte le leggi di bilancio degli ultimi anni sono state approvate in limine mortis”. L’uomo che la Meloni ha voluto al suo fianco, per seguire dossier cruciali, ribalta completamente la prospettiva. Nessun record negativo quest’anno? “Semmai parlerei di record positivo”, risponde senza indugio il tecnico che spiega: “Si è riusciti a varare la legge di bilancio pur avendo votato a fine settembre. (…) È stata un’impresa titanica che in pochi credevano possibile. Tra gli addetti ai lavori prevaleva lo scetticismo.
Pensavano che l’esercizio provvisorio fosse inevitabile”. Anche le 44 correzioni chieste dalla Ragioneria dello Stato non sono certo una novità. Le polemiche che le hanno accompagnate sono quindi assolutamente “strumentali”, è il termine che usa il consigliere del premier. “È fisiologico che in prima lettura vengano apportate decine di modifiche chieste dalla Ragioneria: nella legge di bilancio per il 2022 ne sono state chieste più di 30 e in quella precedente quasi 50”. E così dopo le balle sul ritorno al fascismo, sul governo populista che avrebbe isolato l’Italia in Europa e sfasciato i conti pubblici, anche l’ultima menzogna delle sinistre è destinata ad andare in pezzi alla prova dei fatti.
La sola cosa che conta.