Marchettone elettorale per Gualtieri. Meloni stana il PD e costringe al contrordine i 5 stelle.

La casa internazionale delle donne, “libera e autofinanziata”, come si legge sulla home page del sito web, è al centro in questi giorni di una polemica velenosa per via della destinazione di un milione di euro che il pd ha tentato di inserire nel millleproroghe. Le commissioni affari costituzionali e bilancio, in seduta congiunta, dichiarano l’inammissibilità dell’emendamento e bruscamente frenano l’imponente flusso di denaro, con annesso cortocircuito politico ad esclusivo appannaggio della maggioranza di governo: pd e italiaviva ritrovano momentanea unità e si scatenano contro il M5S, che presiede la affari costituzionali, la Raggi prima sfratta la casa delle donne per morosità, poi esulta per la presentazione dell’emendamento salva sfratto.

Si avventa sul sindaco di Roma la Cirinnà, che le sfila di mano il tentativo di mettere il cappello sul salvataggio, ma mentre le due lottano nel fango i pentastellati spazzano via l’emendamento sotto il tappeto dell’inammissibilità. Un capolavoro di “coerenza” a cinque stelle consumato sulla frustrazione di una sinistra che ha visto sfumare quello che Fratelli d’Italia ha correttamente definito un indecente marchettone elettorale. Perché la genesi di questo tentativo di finanziamento ha tutte le carte in regola per essere inquadrato nel novero del do ut des, nato per blindare le posizioni in vista delle suppletive della Camera dei Deputati previste per il primo marzo nel collegio del primo municipio. La casa delle donne è infatti gestita da un’associazione di sinistra, presieduta da Maura Cossutta, ed ha sede nel complesso del Buon Pastore, residenza storica a Trastevere, in primo municipio.

Tempo fa la casa viene attinta da un provvedimento di sfratto per morosità da parte di Roma Capitale, si tenta unilateralmente la transazione, ma pare che la Raggi resti sorda alle richieste avanzate. Poi magicamente, dopo accordi giocati su tavoli diversi da quelli locali, il pd presenta un emendamento al Milleproroghe volto a ripianare il debito, emendamento che avrebbe voluto attingere la somma da un fondo del Mef. Peccato che in primo municipio il candidato alla camera per le suppletive, che si celebrano per coprire il posto lasciato vacante da Gentiloni, sia il ministro pd dell’economia Gualtieri.

A pensar male si fa peccato, ma non si sbaglia mai e così la Meloni sgama l’imbroglio, denuncia il misfatto e i 5 stelle usano la strada dell’inammissibilità per dribblare l’imbarazzo. La tracotanza dem ci ha abituato a tanto e seguita ad impartirci lezioni di spregiudicatezza, perché tirar via dalle tasche degli italiani un milione di euro per farsi belli in campagna elettorale è un colpo da maestri. Peraltro, ora che l’operazione è saltata grazie anche alla accortezza di Fratelli d’Italia, la sinistra si affida alle parole di fuoco della presidente dell’associazione Maura Cossutta, la comunista figlia d’arte che dà alla Meloni della fascista “machista” (che qualcuno ci aiuti a definire machista), lontana dai bisogni delle donne e insensibile alla causa.

Forse alla Cossutta non è chiaro che anche a destra esiste il genere femminile. In termini maggiormente aderenti alla realtà, per amor di chiarezza, è invece opportuno dire che è stata sventata un’operazione indecorosa, ai danni degli italiani per favorire un’associazione che più che “libera ed autofinanziata”, pare invece governata da comunisti, che hanno anche tentato di finanziarla con i denari dei contribuenti.

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