L’incendio nella miniera di carbone del Bois du Cazier che nel 1956 costò la vita a 262 minatori, di cui ben 136 italiani, fu causata da un guasto tecnico e da gravi mancanze nei sistemi di sicurezza.
Marcinelle è l’esempio plastico di come l’assenza di regole e di ogni forma di prevenzione possano trasformare un luogo di lavoro in una trappola per topi da cui nessuno può uscire vivo.
I nostri operai erano italiani emigrati in cerca di un futuro dignitoso e trovarono, invece, la morte a mille metri sotto terra, tra fumo, fuoco e disperazione. Ancora, erano persone consapevoli di essere stati merce di scambio, mandati in Belgio in base a un accordo italo-belga del 1946: l’Italia forniva manodopera in cambio di combustibile.
Uomini in cambio di carbone, e carbone che non arrivò, perché Bruxelles più volte si sottrasse alle intese. Questa tragedia è diventata negli anni il simbolo del sacrificio dell’emigrazione italiana, del lavoro negato nella propria terra e cercato altrove, e poi trovato spesso in condizioni disumane. Il suo ricordo è parte integrante della memoria collettiva nazionale ed europea, una lezione ancora attuale sulla dignità del lavoro e sulla necessità di non trascurare la sicurezza.
La morte dei nostri “macaroni'” (così venivano chiamati dai belgi con punte di disprezzo) parla alle nuove generazioni, affinché conoscano il prezzo del sacrificio. Parla alle istituzioni, affinché non venga mai meno la tutela del lavoro. E parla a tutti noi, come monito e come promessa: quella di non dimenticare mai.