Breve cronostoria di una settimana ricca di enigmi e perplessità varie, ma senza soluzioni e prospettive di sorta. Il centrodestra si disunisce, certificando, di fatto, una spaccatura insanabile, almeno nel breve e medio periodo. Fd’I salva se stessa dal naufragio degli alleati, restando ancorata alla salda coerenza, e alla sana intransigenza, della sua segretaria di partito. Giorgia Meloni e il suo sparuto gruppo di parlamentari rimangono, ad oggi, unica opposizione e baluardo a difesa del normale dialogo e confronto, in seno a un Paese che ancora ama definirsi autenticamente democratico. Forza Italia va a sbattere duramente contro la sua storia e la sua identità, bocciando la candidatura dell’On. Maria Elisabetta Alberti Casellati, figura di primaria grandezza nel perimetro liberale e conservatore italiano. Una pagina nerissima, una ferita aperta difficile da medicare. La Lega non convince, mancando l’occasione della vita, quella di trainare la coalizione a un’affermazione storica, dilaniata al suo interno tra vecchie e nuove correnti, rivalità e malumori, rimpianti e sogni di una leadership infranta.
Il variegato mondo del centrosinistra nostrano giubila all’inattesa vittoria, allo scampato pericolo, cioè quello di un patriota al Quirinale. L’esecutivo di unità nazionale approderà placidamente, e serenamente, alla sua scadenza naturale. Si lavorerà per un proporzionale che annacquerà progressivamente il peso del voto dei cittadini, confermando la precarietà e l’incertezza del nostro sistema politico.
Esistevano alternative, eccome, ma la volontà d’impotenza regna incontrastata a Montecitorio. Ci si attacca alla crisi pandemica ed economica per giustificare la rinuncia al compito proprio della politica, al suo fine più alto, cioè a quello di abbracciare un’idea, di adoperarsi per mutare il corso degli eventi, di gettare le fondamenta per una ripartenza della Nazione. La politica resta a guardare, diviene spettatrice incapace di incidere sul vissuto sociale e lentamente, ma inesorabilmente, muore.
Il Presidente Sergio Mattarella, uomo delle istituzioni, animato da un senso del dovere e della responsabilità encomiabili, prende nuovamente per mano l’Italia intera e oggi, più che mai, appare come un gigante sulle spalle di nani, capovolgendo la famosa massima che fu di Bernardo di Chartres.