Meloni: “Ricordiamo Borsellino, testimone saldo di giustizia e amore per l’Italia”

“Non c’è libertà senza giustizia, non c’è Stato senza legalità.” Con queste parole, il Presidente del Consiglio Giorgia Meloni ha commemorato oggi Paolo Borsellino, a trentatré anni dalla strage di via D’Amelio, dove il giudice perse la vita insieme agli agenti della sua scorta in uno degli attentati più vigliacchi e devastanti della stagione stragista di Cosa Nostra.

Era il 19 luglio 1992 quando un’autobomba esplose sotto casa della madre del magistrato palermitano, portando via con lui anche i cinque agenti della Polizia di Stato Emanuela Loi, Walter Eddie Cosina, Claudio Traina, Agostino Catalano e Vincenzo Li Muli. Meno di due mesi dopo l’assassinio di Giovanni Falcone a Capaci, la mafia colpiva ancora, nel cuore di Palermo, nel cuore dello Stato.

A distanza di 33 anni, il sacrificio di Paolo Borsellino continua a essere un punto fermo nella coscienza collettiva degli italiani. E non solo come simbolo del contrasto alla criminalità organizzata, ma come esempio alto e limpido di amore per la Patria, di dedizione assoluta al dovere, di fedeltà ai valori della Repubblica.

Nel suo messaggio istituzionale, Giorgia Meloni ha voluto ribadire che “il suo esempio continua a vivere in chi ogni giorno, spesso lontano dai riflettori, combatte per un’Italia più giusta, libera dalle mafie, dal malaffare, dalla paura.” Un richiamo forte e coerente alla memoria come fondamento della legalità, ma anche alla responsabilità quotidiana di ciascuno nel portare avanti quel testimone.

Una responsabilità che ricade sulle spalle di tutti i servitori dello Stato: magistrati, Forze dell’Ordine, funzionari, uomini e donne delle Istituzioni che — come ha sottolineato la Premier — meritano “gratitudine e rispetto”, perché “hanno tracciato una strada che non può essere dimenticata.”

Il ricordo di Borsellino è dunque anche un impegno. Perché, come ha scritto ancora Meloni, “quel testimone è ancora saldo. E lo porteremo avanti ogni giorno, con rispetto, con determinazione, con amore per la nostra Nazione.”

E proprio questo amore per la Nazione è la chiave per comprendere l’eroismo silenzioso di Paolo Borsellino. Un amore che non si esprimeva in proclami, ma in atti quotidiani di dedizione e di coraggio. Un amore che gli fece dire, in uno dei suoi ultimi interventi pubblici, che “la lotta alla mafia non deve essere soltanto una distaccata opera di repressione, ma un movimento culturale e morale.”

Trentatré anni dopo, l’Italia patriottica lo ricorda con commozione e fermezza. Perché non basta commemorare: bisogna proseguire quella battaglia. Con la schiena dritta. Senza mai chinare la testa.

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