L’incontro tra Giorgia Meloni e Donald Trump alla Casa Bianca è stato un successo. Trump ha ribadito la sua stima incondizionata nei confronti della premier italiana, affermando che «sta facendo un lavoro fantastico». Meloni, dal canto suo, ha rilanciato con una frase che riassume perfettamente la posta in gioco: «il mio obiettivo è rendere di nuovo grande l’Occidente. E penso che possiamo farlo insieme».
Parole che confermano ciò che affermiamo in orgogliosa solitudine da anni, compreso ieri, nell’articolo “Meloni e Trump, atto primo della nuova alleanza occidentale”: la bussola geopolitica dell’Occidente sta ruotando, e il nuovo asse Roma-Washington è già operativo.
Non è stata una semplice passerella, ma un momento chiave. L’Italia, con Giorgia Meloni alla guida, non si limita più a partecipare: detta la linea. E lo fa con un approccio pragmatico e responsabile. Sul fronte commerciale, si è detta da subito: «sicura che possiamo fare un accordo», trovando la sponda positiva di Trump: «Al 100% ci sarà un accordo sui dazi con l’Europa. Non abbiamo fretta, ma lo faremo». Insomma, l’Italia, questa volta, è nella stanza dei bottoni. Non più follower, ma leader.
Eppure, la narrazione è quasi totalmente condizionata dal pregiudizio mainstream. Al punto che, talvolta, anche su media antropologicamente «fuori dal coro» come Il Giornale diretto dal carissimo amico Alessandro Sallusti, capita di leggere opinioni che lasciano perplessi. Legittime, quanto volete, per carità, ma quantomeno “insolite” per chi si rivolge ad un pubblico “non di sinistra”.
Mi riferisco all’editoriale di Marco Zucchetti, che ieri ha ipotizzato che «non si esclude che Trump trasformi il bilaterale con la stimata Giorgia in un altro show infarcito di sparate contro l’Ucraina, gli europei o perfino la stessa Italia, mettendo in imbarazzo la presidente del Consiglio. Con queste premesse, la realistica preoccupazione del governo è giustificata, così come la speranza dell’opposizione di un nulla di fatto da poter usare politicamente come “flop” o “sconfitta”».
Ora, sono sicuro che Zucchetti non me ne vorrà se, a fronte di quanto avvenuto alla Casa Bianca, dico che grazie a Giorgia Meloni l’Italia ha incassato rispetto, spazio e un ruolo centrale nella definizione delle prossime mosse transatlantiche. Altro che flop. Lasciamo che sia la sinistra a rosicare.
D’altra parte, il nostro Presidente del Consiglio è stato molto chiaro: «se non pensassi che Trump sia un partner affidabile, non sarei qui. Sono qui per trovare il modo migliore per renderci entrambi più forti». Il tutto con quel pragmatismo che oggi distingue l’azione italiana in politica estera.
Per rimanere all’editoriale di Zucchetti, ciò che «vuole Trump» non è «indecifrabile», ma chiarissimo, al punto che ieri lui e Meloni hanno rilanciato l’agenda alternativa a quella globalista: lotta all’ideologia woke, contrasto all’immigrazione illegale, tutela dell’economia reale. «Speriamo di rendere di nuovo grande l’Occidente», ha detto la premier. «Lo faremo», ha replicato Trump. È questo il punto. Seduta fianco a fianco con Trump nello Studio Ovale, la premier italiana ha spiegato quanto siano allineati i due leader sulla sicurezza dei confini, sull’indipendenza energetica e sulla lotta contro l’ideologia della sinistra radicale: «entrambi condividiamo un’altra lotta, che è la lotta contro l’ideologia woke che vorrebbe cancellare la nostra storia».
Meloni ha poi aggiunto: «condividiamo molte cose sulla lotta all’immigrazione illegale» e ha sottolineato anche il comune impegno «sulla lotta alle droghe sintetiche. Sapete, l’Italia è stata una delle nazioni che ha elaborato un piano contro il fentanyl, per esempio». Meloni ha anche annunciato che l’Italia si presenterà al vertice NATO con l’obiettivo raggiunto del 2% del PIL in spesa per la difesa: «Lo faremo, perché la sicurezza va costruita con serietà».
A margine dell’incontro, Giorgia Meloni ha pubblicato sui suoi canali social un messaggio che sintetizza il senso dell’incontro: «lavorare insieme per costruire un Occidente più forte. Oggi a Washington ho incontrato il Presidente Donald J. Trump. Un confronto leale e costruttivo su temi strategici: dalla sicurezza alla difesa, dalla lotta all’immigrazione illegale ai rapporti commerciali. Ho colto l’occasione per invitarlo a Roma, e sono lieta che abbia accettato. Sarà un’ulteriore occasione per rafforzare il dialogo tra le nostre Nazioni. L’Italia è sempre più protagonista in uno scenario internazionale che cambia rapidamente. E oggi, anche grazie al lavoro fatto in questi anni, il nostro punto di vista viene ascoltato e rispettato. Il legame tra Italia e Stati Uniti resta solido, vitale e decisivo per affrontare insieme le grandi sfide globali».
Trump e Meloni sono oggi l’asse su cui può rifondarsi l’Occidente. Non quello burocratico, sterile, wokizzato e islamizzato, ma quello che difende le sue radici, la sua economia e la sua gente perché difendendole difende se stesso. Ché, parafrasando un’altra grandissima firma del Giornale, Oriana Fallaci, noi l’Occidente lo difendiamo perché lo amiamo. Per questo sappiamo perfettamente da che parte stare.