L’invasione è il libro-narrazione di Francesca Galici, autrice per il Giornale che ha avuto modo di entrare in contatto con delle verità che non sempre si conoscono in merito all’immigrazione clandestina. Nella sua opera, la giornalista riporta chat e dialoghi con e tra chi organizza le partenze nel Mediterraneo, svelando cosa in realtà si nasconde al di là del Mare Nostrum: una fortissima propaganda ai danni dell’Occidente, il business dei trafficanti di esseri umani, vere e proprie mafie delle partenze illegali, i viaggi nel deserto, gli stupri. Si scopre una concezione della realtà totalmente stravolta, una forma mentis radicalmente influenzata da chi lucra sulla vita degli immigrati.
La propaganda degli scafisti
Il testo è stato al centro del convegno presso la Camera dei Deputati che ha visto dialogare Galici con Sara Kelany, deputato di Fratelli d’Italia e responsabile del dipartimento Immigrazione, con la moderazione di Antonio Rapisarda, direttore del Secolo d’Italia. Galici racconta della forte propaganda dei trafficanti di esseri umani sui potenziali migranti, che vengono reclutati come “soldati” sui social. Qui vengono convinti a partire seguendo tre motivazioni principali: una psicologica, che rende la scelta di non partire come un “fallimento” personale; una seconda, legata al mondo familiare, come se partire verso l’Italia fosse una obbligo morale nei confronti di figli e moglie; poi una di tipo culturale, come risposta e vendetta al colonialismo europeo. Secondo queste tre direttive, i migranti vengono convinti a lasciare la propria terra in cambio di migliaia di euro: un pagamento che, poi, porta a reputare dei diritti l’ingresso e l’accoglienza in Italia. La concezione predominante, tra chi si imbarca alla volta della Sicilia, è che non sia un problema arrivare in Italia da illegale e che, anzi, sia un diritto richiedere assistenza e mantenimenti. Anche in virtù di un senso italiano di accoglienza che, secondo l’onorevole Kelany, è “atavico”. Un sentimento che però, ha proseguito il deputato di Fratelli d’Italia, “dobbiamo indirizzare in maniera positiva”. Il concetto di base è chiaro: in Italia si può entrare soltanto in maniera legale, attraverso il Decreto flussi che il Governo Meloni sta appunto potenziando. Ma è necessario smontare quella narrazione non veritiera che viene fatta in Africa dagli scafisti così come in Europa dalla sinistra. Quella del “sì, tanto l’Italia mi aiuta” che è vera soltanto se si tiene conto dei limiti strutturali all’accoglienza che ogni Paese occidentale naturalmente affronta.
Dal racconto di Galici emergono particolari a dir poco inquietanti. Bambini e donne incinte viaggiano spesso gratis: sono una sorta di “leva morale”, dice l’autrice, utilizzata dagli scafisti per attivare la macchina dei soccorsi e garantire l’approdo sulle coste italiane. Malta invece non viene mai considerata come un porto di possibile approdo, malgrado sia molto più vicina rispetto all’Italia: nelle chat usate dalle organizzazioni di trafficanti di esseri umani compaiono sempre località siciliane, su tutte Lampedusa. Il perché è chiaro, i migranti vogliono evitare le rigide politiche anti-immigrazioniste del governo maltese. E, nello spiegare ciò, Galici ha anche rivelato il perché troppo spesso ci siano naufragi: non perché il barchino non è stabile, ma perché viene scientemente sovraccaricato dagli scafisti, dato che per ogni partenza questi devono versare una sorta di mazzetta al boss locale.
Il Governo al riparo dai giudici politicizzati
Tutto questo porta inevitabilmente alle morti nel Mediterraneo. Kelany ha riportato i dati: circa 30mila persone hanno perso la vita in mare negli ultimi dieci anni. Da quando il Governo Meloni è carica, l’Italia è riuscita a ridurre le morti in mare di un terzo, anche e soprattutto grazie agli accordi stretti con i Paesi di transito del Nord-Africa, mentre si lavora contestualmente a cambiare quella narrazione malsana mediante accordi con i Paesi di origine, nell’ambito del Piano Mattei. Il cambio di paradigma con il Governo Meloni, dunque, c’è stato ed è stato forte. E in effetti dà fastidio a molti: Kelany è infatti intervenuta sugli ultimi casi giudiziari che hanno bloccato, di fatto, la possibilità per le autorità competenti di rimpatriare gli immigrati irregolari pur se i loro Paesi di provenienza compaiono nella lista dei Paesi sicuri. L’onorevole è stata chiara: l’errore non è della magistratura, ma di quei “giudici politicizzati” che hanno interpretato la normativa europea in favore delle proprie idee politiche. “Nessuno priva i giudici della possibilità di esprimere il proprio convincimento politico – ha spiegato – ma se io ho queste idee e voglio esprimerle, non mi occupo di immigrazione”. Il Governo è stato costretto a correre ai ripari ieri in Cdm, innalzando il rango della lista dei Paesi sicuri, da decreto interministeriale ad atto avente forza legge. A chi le chiede se sarà abbastanza per fermare l’operato pregiudiziale dei giudici politicizzati, Kelany risponde positivamente, perché per contrastare una legge un giudice ha bisogno di una motivazione ben più importante rispetto al mero riferimento a una sentenza europea che non c’entra nulla con la lista dei Paesi sicuri italiana, come invece è stato fatto in questi giorni.