Migranti, il Professor Parsi: “La vera e unica ricetta è investire in Africa.”

“Si può teorizzare tutto, ma quello che conta è la legge. Il diritto a immigrare a prescindere dalle regole del paese che deve accogliere non esiste. Gli stati esistono perché esistono confini. Dire più diritti per tutti significa di fatto negarli a chi dovrebbe averli”.

In un’intervista a ItaliaOggi del 21 settembre 2023 Vittorio Emanuele Parsi, politologo, direttore dell’Alta Scuola di Economia e Relazioni Internazionali dell’Università Cattolica, esamina l’attuale contesto italiano, conducendo un’analisi basata su politica estera e immigrazione.

Il Professore definisce l’Italia come un “Paese che sta dimostrando di tenere botta sui temi di rilievo internazionale”, portando ad esempio la postura assunta nei confronti dell’Ucraina (sempre coerente e mai titubante), i forti legami con gli Stati Uniti e i buoni rapporti con Cina e India (a discapito di quanti provino a dire il contrario).   
Direi che Meloni si presenta bene, con ottime referenze”, sintetizza.

E prosegue, chiarendo che il colore politico di questo governo non rappresenta affatto un problema, come poteva essere alla vigilia del suo insediamento. Anzi, l’attuale esecutivo è “un governo conservatore”, che ha assunto un posizionamento internazionale appropriato sui dossier che contano.
“Sul fronte internazionale non vedo problemi”, ha ribadito, citando anche come la visita del premier Meloni a Budapest abbia prodotto “la prima dichiarazione non filorussa di Viktor Orban”. Un successo di certo non passato inosservato.          

I problemi, piuttosto, sono in Europa, e “il più grosso è l’immigrazione”, dice Parsi, concordando con quanto ripetutamente dichiarato dal Presidente del Consiglio sin dall’inizio del suo mandato. Rispetto all’affermazione di Meloni prima del meeting delle Nazioni Unite, che in breve spiegava di non volere “che l’Italia diventi il campo profughi d’Europa”, il politologo commenta: “Al di là della franchezza un po’ ruvida della dichiarazione, è una posizione condivisibile, salvo ovviamente per chi continua a teorizzare l’impossibile, cioè le frontiere aperte e l’accoglienza indiscriminata. Una strada che l’Italia non può permettersi”.

Ecco dunque il fulcro della disamina. L’Italia non può permettersi di accogliere ancora altri migranti, illegali, perché ha oramai ampiamente superato quel limite di sostenibilità in termini di infrastrutture, di risorse, di capacità di accoglienza. Non può (più) permetterselo, perché rischia di soccombere e esplodere. O, meglio, implodere.

D’altro canto, “nessun paese vuole oggi più immigrati, tutti vogliono difendere le proprie comunità e dunque i confini”, spiega il prof.Parsi, che aggiunge come sia un obbligo dell’Italia “potenziare le strutture di accoglienza e il personale per l’identificazione, evitando nel frattempo che ci siano fughe. Chi arriva senza documenti deve restare nei centri fin quando non ci sono le condizioni per poter uscire oppure essere rimpatriato. Queste sono le regole, l’immigrazione non la si può gestire con il cuore in mano”.           

A sinistra, invece, si parla del diritto di immigrare per cercare un futuro migliore, tralasciando volutamente tutti le tragiche conseguenze che da una immigrazione illimitata e indiscriminata possano derivare. “Si può teorizzare tutto, ma quello che conta è la legge. Il diritto a immigrare a prescindere dalle regole del paese che deve accogliere non esiste. Gli stati esistono perché esistono confini. Dire più diritti per tutti significa di fatto negarli a chi dovrebbe averli”. È esattamente questo il cortocircuito delle proposte della sinistra, che pur di fare propaganda su tematiche dal facile consenso, si alienano talmente tanto dalla realtà da non comprendere che sul territorio non sia possibile giungere a soluzioni semplicistiche basate su mere enunciazioni di principi, perché, nel mondo reale, “non si governa drammatizzando i problemi e semplificando le soluzioni, che al contrario sono difficili e richiedono tempo e risorse”.

Quale è dunque la via più orientata al successo? Esattamente quella prospetta dal Governo Meloni, secondo il professore universitario, che chiarisce come “la vera ricetta è investire di più in Africa, infrastrutturare i paesi e renderli attraenti per investitori esteri. È una soluzione costosa e che richiede tempo per essere realizzata, ma è l’unica. Prima si comincia e meglio è. Tutto il resto è nella migliore delle ipotesi un palliativo”.

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