Il 5 settembre, in un oratorio in provincia di Pavia e più precisamente a Stradella, con un atto di feroce bullismo è stato consumato un attacco alla dimensione sociale della cristianità, nonché un attacco al nostro ordine pubblico nazionale. Don Daniele Lottari, sacerdote quarantenne, è stato aggredito e picchiato da un gruppetto di ragazzi, tutti minorenni. Il prete ha ricevuto un pugno, sputi e la minaccia di bruciare lo stesso oratorio in cui quella tremenda vicenda è avvenuta.
Alla scena hanno assistito diversi bambini con i loro genitori, oltre agli animatori che frequentavano il centro estivo. Quel ritrovo del 5 settembre avrebbe dovuto rappresentare l’armonica chiusura delle attività estive dell’oratorio. Ogni buon proposito è invece andato in fumo.
Quel gruppetto di ragazzi nordafricani è arrivato a urlare “bruceremo la chiesa, bruceremo l’oratorio”. Non si tratta di un semplice urlo, ma di una mentalità incline all’odio, nutrito da minorenni che non hanno avuto gli strumenti educativi per maturare (almeno) un minimo senso di sano vivere. Il problema si pone per la comunità cattolica di riferimento, che ha subìto una minaccia non indifferente, ma si pone anche per tutto il Comune di Stradella, all’interno del quale diverse persone si lamentano da tempo per il vandalismo di alcuni soggetti minorenni, lasciati in imprudente libertinaggio.
Il problema, in realtà, è anche nazionale, oltre che euromediterraneo: dobbiamo controllare di più gli ambienti in cui nasce e cresce l’odio ideologico-fondamentalista contro il cattolicesimo. Il vandalismo, ovviamente, non è di per sé collegabile al fondamentalismo islamico; ma quest’ultimo, nelle sue correnti subdole e meno vistose giunge a toccare l’educazione (o, meglio, la cattiva educazione) dei più piccoli di età. Vittime di quella minaccia d’incendio, sostanzialmente, siamo tutti noi cristiani e, a prescindere dalla fede di ciascuno, vittime siamo tutti noi italiani: nessuno escluso. Sentiamoci coinvolti, solidali, e restiamo pertanto scomodi a militare, per non lasciar mai passare inosservate quelle tipologie di violenza, del tutto estranee alle radici della nostra comunità patria, fondata invece sul lavoro e sulle libertà responsabili.
Se quei ragazzi avessero agito in quel modo nei loro Paesi nativi non avrebbero trovato un prete, come Don Lottari, che ha commentato il fatto (da vittima diretta) dicendo quanto segue: “Sono ragazzi fragili di cui ci dobbiamo occupare e aiutarli. Dobbiamo accoglierli, non possiamo metterli all’angolo”. Nei loro Paesi d’origine, già nell’immediatezza dei fatti, avrebbero riscontrato tutt’altro trattamento.
Io, da ultimo degli ultimi cristiani cattolici, penso che vi sia una oggettiva differenza tra il perdono cristico, il porgere l’altra guancia, l’amare anche i propri nemici, da un lato, e il buonismo anticamera di disordini e impietose violenze nelle nostre comunità patrie, dall’altro lato. Secondo me, infatti, un vero esempio del porgere la guancia altra – di cristologica consonanza – è stato quello del magistrato Rosario Livatino, ucciso dalla mafia siciliana nel settembre del 1990, mentre si recava al suo quotidiano lavoro d’incorruttibile operatore nella giustizia penale dello Stato. Livatino cosa fece? Ai suoi carnefici, poco prima di ricevere l’ultimo colpo letale sul volto, disse “Piccio’, che vi ho fatto?”. Mi sento di dire, senza pontificare in alcun modo, che il porgere quell’altra guancia risiede nella irrinunciabile capacità dialogica, da esercitare in ogni situazione e con chiunque, persino con chi delinque, persino con chi sta per ucciderci. Ma non si può transigere sul fatto che chi delinque, e non rispetta la nostra civiltà, debba essere adeguatamente nonché celermente punito, anche e soprattutto a scopo rieducativo. Se si tratta di stranieri, possibilmente, essi dovrebbero essere accompagnati al confine con un foglio di via.
Porgere l’altra guancia come comunità nazionale, d’altronde, può significare attribuire a chi sbaglia la possibilità di ricevere un giusto procedimento, in cui potersi difendere, e in cui ricevere adeguate spiegazioni sul perché ha commesso un reato secondo lo Stato di diritto italiano. Si consideri, tuttavia, che ai tempi di Gesù, nella cultura ebraica, il girarsi porgendo la guancia diversa da quella colpita era probabilmente un segno di ristabilimento della dignità, per la vittima ingiustamente colpita. Tutt’altro rispetto allo sdrucciolo buonismo delle interpretazioni cattocomuniste del Vangelo, ideologicamente cavalcate da alcune aree della sinistra italiana.
Le accoglienze indistinte e disordinate nonché disorientate, soprattutto davanti all’incremento di atti incresciosi sui nostri territori, sono dannose, e quindi poco dignitose. Su questi temi, non bisogna darla vinta alla dittatura subculturale del buonisticamente corretto.
Bontà e cristianità sono due valori, che magari per i cittadini credenti in Cristo coincidono, restando eventualmente separati per i non credenti: ma sono due valori – entrambi – inconciliabili con il buonismo politicamente piegato.
Persino Lenin scrisse il libriciattolo “L’estremismo malattia infantile del comunismo”. Oggi, invece, di fronte al caso di cronaca critica del sacerdote picchiato con la minaccia d’incendiare la chiesa, è il caso di dire una cosa diversa: il buonismo è la malattia infantile dei cattocomunisti.
Ma con questo nulla rimprovero al buon sacerdote vittima dell’aggressione, Don Daniele, a cui anzi va il mio incoraggiamento. L’accoglienza, di cui lui ha parlato dopo esser stato vittima di atti d’odio, è un valore anzitutto personale, individuale, che ciascuno può scegliere nella propria esistenza. La politica, invece, non è un mero insieme di azioni personali. La politica a P maiuscola è quindi chiamata a dimostrare l’umile coraggio di rimanere umana, proprio nel momento in cui non rinuncia a pretendere che gli atti ostili alle nostre radici culturali siano puniti, ed anzi prevenuti, affinché non accadano più.
Proteggere l’ordine pubblico, e con esso la sicurezza, la vita e le libertà dei cittadini perbene, è un atto di amore. Finalmente il vento governativo, con il carisma di Giorgia Meloni, è favorevole a questo senso patrio di amore, e i fiumi carsici del buonisticamente corretto dovranno faticare di più per avvelenare i pozzi della società italiana.