di Luca Apolloni
Tutto cominciò da qui: la storia italiana, quella europea e quella del mondo occidentale. Questo luogo, questa terra videro colui che avrebbe dato inizio alla leggenda della dinastia che avrebbe portato alla nascita di Roma: Enea, lo straniero, venuto dall’Asia Minore, che sposò la figlia del re latino Laurento, Lavinia e in onore della sposa chiamò la città: Lavinium.
Sull’acropoli, che faceva parte dell’antico insediamento latino, era eretto il luogo di culto dedicato a Minerva, Atena per i greci. Si tratta di un tempio del VII secolo a.c., dove era custodita la statua della dea vergine guerriera, dea della saggezza, dell’ingegno. Ora è un borgo medioevale, Borgo di Pratica, di proprietà, come tutto il territorio dell’area archeologica, della nobile famiglia romana dei Borghese. Il principe Pierfrancesco Borghese, morto nel 2018, aveva qui la sua residenza e all’entrata al borgo si può scorgere la bandiera color oro e azzurro della casata.
Poco più in là si trova un piccolo museo dedicato a questo centro urbano e al territorio abitato dall’antico popolo latino. Non è molto visibile dalla strada, difficile da scorgere passando con la macchina. La curiosità, però, spinge il passante a comprendere meglio la funzione dell’edificio con il doppio filare di pini marittimi dell’ingresso. Agli inizi del ‘900 era adibita a caserma dei carabinieri a cavallo e ora, a circa un secolo di distanza, è un piccolo museo archeologico, tecnologico, multimediale, gestito da personale altamente qualificato e composto da operatori appassionati che guidano i visitatori all’interno delle sale. La nascita di numerosi culti resero celebre Lavinium nel mondo latino come “civitas religiosa”.
All’ingresso si può ammirare la Minerva Tritonia, statua in terracotta di altezza naturale del V secolo a.c. È una Minerva guerriera con elmo, corazza con la testa di Gorgone Medusa al centro, scudo e spada; Simulacro affascinante e misterioso. Nella prima sala, la sala Tritonia Virgo, sono custodite delle statue risalenti dal V al III secolo a.c., in terracotta, che i fedeli offrivano alla dea vergine protettrice. Interessante la statua di un giovinetto molto somigliante ad Alessandro Magno e quelle di una ragazza e di un ragazzo con la capigliatura con la riga in mezzo nell’atto di chiedere protezione durante il passaggio dall’età infantile all’età adulta. Queste statue sono state trovate nel “deposito votivo” che si trovava vicino al tempio della dea, situato appunto nell’acropoli. Sempre nella stessa sala si può ammirare il Palladio del V secolo a.c., simulacro, sempre in terracotta, a cui era attribuito il potere di difendere la città in cui era custodito. Secondo la leggenda, Enea portò con sé un Palladio ligneo fuggendo da Troia in fiamme. Si pensa, che l’originale, sia stato custodito nel tempio di Vesta a Roma.
Ma come ha fatto ad attraversare tutto il Mediterraneo per approdare su questa costa laziale? Nella sala Hic Domus Aeneae viene riprodotto il modello di imbarcazione con cui i popoli migranti percorrevano le rotte già note ai greci, e vedendolo si comprende il coraggio di questi viaggiatori di mare.
Ma Lavinium, come si intuisce, era una Civitas Religiosa, dove si andava in processione o in pellegrinaggio, come ora si fa con il santuario di Lourdes, di Fatima, o come quello più vicino, il santuario del Divino Amore; i fedeli andavano a Lavinium per avere una guarigione o per ringraziare per la grazia ricevuta, e per questo, si lasciavano gli ex-voto. C’è una sala dedicata ad essi, trovati in favisse abbondanti di terrecotte votive e alcune sono davvero particolari. Colpiscono i volti dei fedeli a simboleggiare la sanatio dell’intero corpo e l’apparato sessuale maschile per la fertilità ristabilita.
Dal museo, seguendo l’auto della guida, percorrendo la strada che va al centro di Torvajanica, all’altezza del centro commerciale Sedici Pini, dopo la sede di Johnson & Johnson Medical, ci si ferma davanti a un cancello di ferro chiuso con catena e lucchetto; è concesso agli addetti del museo usare questa servitù, una strada sterrata per arrivare al sito sacro dei quattordici altari e l’heroon di Enea, i quali sono situati all’interno dei terreni della famiglia Borghese. Questi due santuari si trovano vicino l’antico fiume Numicus, oggi Fosso di pratica di Mare, un fiumiciattolo che sfocia sulla spiaggia col nome di Numico. D’estate i bagnanti lo attraversano durante le loro passeggiate, senza farci caso e senza sapere che in quel luogo, secondo il poema narrato da Virgilio, approdò Enea insieme a un manipolo di concittadini. La zona di approdo si può immaginare guardando verso il mare dall’heroon, perché ora vi sono due palazzoni, visibili da lontano, e per questo la gente di Torvajanica li chiama grattacieli.
Dell’heroon, sempre del VII secolo a.c., ne rimane poco. Si tratta di una piccola tomba a tumulo circolare, una volta circondata da alberi e ora da una siepe, destinata al culto di un eroe, forse di Enea che secondo la leggenda morì in battaglia vicino al fiume Numicus contro i rutuli, ma più probabile del primo re latino di Lanuvium, il mitico progenitore Indiges Numicus. Oltre a una sezione costruita per la tomba, c’era uno spazio scoperto davanti a una porta simbolica a due battenti di tufo, ora custodita nell’ultima sala del museo, dove i pellegrini potevano fare delle offerte religiose. La forma di questa tomba, ci può ricordare quella molto più grande e monumentale del Mausoleo di Augusto, il primo imperatore, che per legittimare la presa del potere della famiglia Iulia e far accettare il passaggio istituzionale dalla repubblica all’impero, per motivi di propaganda politica, incoraggiò Virgilio nella composizione dell’ Eneide.
Camminando oltre questo sito, si giunge a una zona recintata. La guida è in possesso delle chiavi del cancello. All’interno si entra nella costruzione a vetrata dove sono custoditi tredici altari costruiti dal VII secolo a.c.; il quattordicesimo scoperto recentemente si trova all’esterno e fuori asse, in quanto le are, uniche del genere in tutta l’area mediterranea, sono particolarmente ravvicinate tra loro, poste su una linea leggermente curvilinea che procede da nord a sud, e presso le quali il sacerdote svolgeva le sue funzioni rivolto a oriente, magari con delle libagioni. Si pensa che venisse adorata la stella dell’est, Sirio; infatti, essendo gli altari costruiti in periodi diversi nel corso di tre secoli, l’asse della terra spostandosi ha fatto cambiare la posizione della stella all’orizzonte, motivo per cui si spiega il tracciato non rettilineo degli altari. Il sacerdote aveva, lì vicino, la sua dimora, dotata di stanze singole e di una sala grande dove probabilmente accoglieva i pellegrini, e come in tutti i luoghi sacri, compresi quelli dei nostri tempi, vi è situata una fonte d’acqua. Accanto alla dimora del sacerdote sono state trovate anche le fondamenta di un forno, forse usato per la produzione gli ex-voto in terracotta, commissionati dagli stessi fedeli.
Questa visita al Museo Civico Archeologico di Lanuvium fa rivivere e immaginare la vita dei nostri avi, un’esperienza unica che si può sperimentare solo andando in questi siti. Una volta i romani andavano in processione per adorare le divinità ancestrali della città, portate da Troia, ora, invece, pochi romani sono a conoscenza dell’esistenza e della storia che questo museo custodisce.