Natalità, carceri e informazione: tre verità scomode che l’Italia deve affrontare

Un'intervista che segna un passaggio d’epoca

L’intervista concessa da Giorgia Meloni ad Adnkronos non è solo un bilancio di metà legislatura. È un manifesto politico. E tra i tanti temi affrontati, tre spiccano per carica simbolica e urgenza: natalità, sistema carcerario e libertà d’informazione. Tre verità scomode, su cui il dibattito nazionale preferisce spesso sorvolare. E invece è lì che si misura il grado di civiltà, coerenza e visione di una Nazione.

Natalità: questione nazionale, non solo familiare

Meloni lo ammette senza giri di parole: “i risultati sulla natalità sono ancora insufficienti”. Non è un’ammissione di colpa, ma una presa d’atto che le risorse economiche non bastano se non si cambia il clima culturale. In Italia, oggi, mettere al mondo un figlio viene percepito più come un problema che come una gioia. E questo non accade per caso.

Anni di narrazione tossica – fatta di eco-catastrofismo, nichilismo, retorica del “non è il momento” – hanno trasformato la maternità in un atto sospetto, da giustificare, da rimandare, da sopportare. È qui che Meloni, con forza, chiede una svolta culturale: “serve una grande alleanza” per rimettere la natalità al centro dell’identità nazionale.

Lo Stato ha cominciato a fare la sua parte (congedi, sostegni, bonus), ma serve uno scatto collettivo. Una narrazione nuova che dica: fare figli non è un lusso, è un atto d’amore e di fiducia nel futuro. E quindi anche un atto politico.

Carceri: umanità senza buonismo

Altro tema esplosivo, altrettanto eluso: la condizione delle carceri. Meloni risponde all’appello di Papa Francesco e Pier Ferdinando Casini con equilibrio e concretezza. Riconosce il problema: sovraffollamento, degrado, fatica cronica del personale. Ma rifiuta le soluzioni facili: no a indulti, no a svuotacarceri.

La vera giustizia non è quella che chiude un occhio, ma quella che offre dignità anche a chi ha sbagliato, senza rinunciare al principio di responsabilità. E questo si fa – come spiega Meloni – con edilizia penitenziaria, fondi straordinari e assunzioni mirate.

Obiettivo: +10.000 posti entro fine legislatura. Una scelta di realismo umanitario, che non accetta né la logica del “liberi tutti” né quella del “chiudiamoli e buttiamo la chiave”. In una società che si rispetti, il carcere non è una vendetta ma una struttura dello Stato. E va trattata come tale.

Libertà d’informazione: basta dogmi a senso unico

Terzo nodo, e forse il più controverso: la libertà di stampa e il ruolo dell’informazione. Accusata da mesi (se non da anni) di voler imbavagliare il dissenso, Meloni ribalta la narrazione: “In Italia non mancano le voci critiche contro il governo. Il vero problema è quando per anni quelle voci erano solo di sinistra”.

Un punto tanto banale quanto rimosso: la pluralità informativa non può esistere solo in un’unica direzione. Oggi che un governo di centrodestra gestisce la cosa pubblica, la sinistra riscopre la necessità del pluralismo. Peccato che, quando deteneva tutti i microfoni, non abbia mai posto il problema.

Meloni non propone censura, anzi: ribadisce che non ci sarà “un’egemonia di destra” a sostituire quella di sinistra. Ma chiede che il pluralismo sia reale, non solo proclamato. Anche – e soprattutto – nei social, dove l’ideologia del fact-checking a senso unico rischia di diventare una nuova forma di censura algoritmica.

Una destra che vuole governare, non solo amministrare

Natalità, carceri, informazione. Tre fronti dove il centrodestra non si limita a gestire l’esistente ma vuole cambiarlo. Non con slogan, ma con una visione alternativa della società: meno pauperismo, meno vittimismo, meno conformismo.

Meloni scommette sulla fiducia, sull’identità, sulla responsabilità. E se questi temi diventeranno davvero centrali nel dibattito pubblico, lo dobbiamo anche al coraggio di averli messi sul tavolo – chiari, scomodi, ineludibili.

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Leo Valerio Paggi
Leo Valerio Paggi
Leo Valerio Paggi per La Voce del Patriota.

1 commento

  1. Caro Valerio, ti rinnovo la stima e l’interesse per quanto scrivi, mai banale ma sempre rivolto a sviluppare una riflessione.
    Su Giorgia non c’è bisogno di dire altro, basta ascoltare. Ho già detto e si conferma in ogni occasione che è il migliore Primo Ministro che l’Italia abbia avuto dopo De Gasperi.
    Voglio solo tornare alla riflessione sulla natalità.
    Mettere al mondo dei figli, fortunatamente, in Italia come in tanti Paesi non è più la speranza di farsi mantenere dai figli quando si sarà vecchi, e nemmeno uno sfoggio di prolificità a sé stante.
    Per la maggioranza delle persone è una scelta di responsabilità.
    La maggioranza dei genitori o potenziali genitori pensa che la persona cui si dà vita dovrà crescere e vivere una vita di soddisfazioni, non di miseria e sofferenza.
    Il mondo in cui viviamo non ci incoraggia molto in questo. Dopo qualche decennio di relativo benessere, la condizione delle famiglie negli ultimi decenni è peggiorata, e appare sempre più difficile pensare di realizzare una vita decorosa con il proprio lavoro.
    E’ vero, ci sono anche i costi diretti della crescita e mantenimento dei figli, fino alla loro autonomia, che anch’essa sembra allontanarsi verso un’età seempre maggiore.
    Ma non è questa la causa principale della de-natalità.
    E’, come dicevo, la scarsa fiducia nel futuro.
    Una coppia responsabile non mette al mondo dei figli pensando che qualcuno – lo Stato? – li manterrà.
    Per fare una battuta, ricordo un famoso film di Superman.
    Una ragazza precipita da un grattacielo.
    Superman la vede e si lancia in volo, la afferra e le dice: tranquilla, ti sorreggo io!
    E la ragazza: Ah! ma chi è che sostiene te?
    Fintanto che le famiglie non saranno convinte che con il proprio lavoro potranno sostenersi, di natalità ce ne sarà poca, è senso di responsabilità, non è pensiero woke.

    Con affetto

    Alessandro

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