C’è una tragedia che si consuma da anni, giorno dopo giorno, nella regione della Nigeria centrale. Una tragedia che potremmo definire un vero e proprio genocidio: lento, metodico, silenzioso.
Un popolo perseguitato per la sola colpa di professare la propria fede, quella cristiana. È un’estinzione scientemente voluta e che mira attaccare la fede religiosa dei cristiani. Un crimine che dovrebbe scuotere le coscienze del mondo intero, ma che resta ai margini dell’attenzione internazionale. Come se la vita di chi prega Dio nei villaggi nigeriani valesse meno.
Le nostre radici, quelle dell’Europa e dell’Occidente, affondano nel cristianesimo e nel pensiero classico. E proprio per questo, ogni attacco contro i cristiani nel mondo dovrebbe essere analizzato in maniera profonda e attenta . Ma più di tutto, dovrebbe indignarci così come ci indigna ogni altro sopruso.
E invece, troppo spesso, le prime pagine restano mute su questo, e l’orrore resta confinato in qualche trafiletto, come fosse ordinaria amministrazione in una terra lontana.
Noi invece vogliamo far emergere una realtà che esiste e che merita di essere riportata. Raccontando, per esempio, come tra il 10 e il 12 giugno scorso, nel villaggio di Yelwata, nello Stato di Benue, oltre 200 persone sono state massacrate con una ferocia inimmaginabile. Le testimonianze parlano di un attacco notturno, organizzato da decine di uomini armati che hanno circondato il villaggio e aperto il fuoco. Le case sono state incendiate con le famiglie ancora dentro. I corpi ritrovati erano carbonizzati, irriconoscibili. Le urla sono svanite tra le fiamme. Il villaggio è stato colpito volutamente, dal momento che ospitava centinaia di sfollati cristiani fuggiti da precedenti violenze. Ed è stato raso al suolo.
Il fatto però è che purtroppo Yelwata è solo l’ultimo nome in una lista tragicamente lunga. Un nome che si aggiunge a centinaia di altri luoghi ormai ridotti in cenere.
Perché in Nigeria da oltre quindici anni le vittime cristiane aumentano, crescendo anno dopo anno. Parliamo di migliaia di morti.
E queste continue violenze fanno parte di una strategia ben precisa: distruggere interi villaggi cristiani, cancellarne la memoria, spezzarne la resistenza, per operare una pulizia religiosa mascherata da conflitto etnico o lotta per la terra.
Campi coltivati distrutti, chiese bruciate, famiglie sterminate. La matrice è sempre la stessa. E in tutto ciò lo Stato nigeriano risulta incapace di intervenire, e le forze di sicurezza arrivano sempre dopo, quando oramai è troppo tardi.
Ciò che accade in Nigeria è solo uno dei tanti stermini di cristiani, solo una delle tante ferite. Solo uno dei tanti casi che, drammaticamente, rimane avvolto nel silenzio.
Ma ora è tempo di non minimizzare più, di non ignorare più.
Perché chi resta in silenzio di fronte a questo orrore, si rende complice. La difesa dei cristiani perseguitati non è una battaglia confessionale, ma un dovere morale. È la difesa della libertà religiosa, della dignità umana, del diritto a vivere senza paura per ciò in cui si crede. E questa deve essere una battaglia che deve ritrovare voce in tutto il mondo. Prima che sia troppo tardi.