L’astensionismo, in questo momento, è il maggiore nemico della nostra Nazione. Manca ancora tutta la giornata di oggi, domenica 9 giugno, in cui le urne saranno aperte fino alle 23 di questa sera. Ma il dato diffuso per quanto riguarda ieri, sabato 8 giugno, prima delle due giornate elettorali in cui è stato possibile recarsi alle urne dalle 15 alle 23, non lasciano scampo a buone previsioni: l’affluenza è stata bassa, secondo Eligendo, il sito del Ministero dell’Interno, fissata a una media nazionale del 14,64%. La più corposa è stata registrata al Nord-Ovest del Paese, al 16,79%, poi nel Nord-Est al 15,58%. Al centro invece l’affluenza è data al 15,77%. Dopodiché, è un calare verso Sud: 12,55% al Meridione, appena 10,60% nelle Isole.
Fanatici ma perdenti
Non staremo qui a parlare dell’importanza dell’andare a votare, su cosa abbia significato storicamente la conquista del diritto al voto e del suffragio universale. Sono cose che l’elettore ha già avuto modo di ascoltare e a quanto pare non gli interessano. Daremo piuttosto, quasi goliardicamente (ma non troppo), alcune ragioni per recarsi alle urne in queste ultime 12 ore disponibili prima della chiusura. Motivi dinnanzi ai quali chiunque tremerebbe. Partendo dal presupposto che, come storicamente risaputo, l’astensionismo gioca a favore della sinistra, che al suo interno può contare su schiere di militanti ideologizzati che non aspettano altro che esercitare il proprio diritto al voto. Saranno sempre gli stessi da circa 40 anni, quelli del pugno chiuso e della fazzoletto rosso intorno al collo. O anche gli antagonisti dei centri sociali, che scelgono di votare i classici partitini che si formano a sinistra prima delle elezioni, per poi disgregarsi subito dopo il voto, non superando quasi mai la soglia di sbarramento. La loro debolezza è quella di dividersi in più liste, ma la loro preferenza è immancabile a ogni tornata elettorale. Nonostante ciò, negli ultimi anni la destra è sempre riuscita a vincere de facto le elezioni: nel 2018, ottenendo la maggioranza relativa delle preferenze (anche se Mattarella preferì concedere l’incarico a Conte e ai grillini); nel 2022, con il boom di Fratelli d’Italia; nelle ultime tornate elettorali regionali, con l’eccezione della Sardegna, persa dal centrodestra per poche centinaia di voti (e per il sistema del voto disgiunto).
Proposte folli
Allora cos’è che dovrebbe spingere l’elettore a votare? L’italiano, che ha coscienza, capirà la pericolosità di altri cinque anni di governo di sinistra in Europa (che regola, piaccia o non piaccia, tanti aspetti della nostra vita) soltanto al leggere i programmi dei partiti di sinistra. Una caterva di sensazionalismi, di definizioni clamorose, che cedono il passo a tutte quelle derive (nemmeno una è stata evitata) che hanno rischiato di rovinare la nostra Europa e la nostra Italia. Definizioni quali “Europa femminista” che compare nel programma del Partito Democratico. Dio solo sa cosa voglia dire. O anche in tema di transizione ecologica (e ideologica), con la proposta di voler corroborare lo stop alla produzione di automobili a motore endotermico dal 2035. I Cinque Stelle propongono la “pace” in Ucraina: bella proposta, ma chissà come si fa a chiedere la pace con un fucile puntato alla tempia. A questo si lega la proposta di Avs, che vuole diminuire la spesa militare e investire sulla transizione ecologica, lotta da combattere meditante “l’eliminazione dei jet privati”. Per finire alla lotta contro il ferro da stiro di Annalisa Corrado, candidata del PD: “Stropicciati per il clima”.
Votate
Sono solo alcune delle ideone dei partiti politici che serviranno – più che a cambiare l’Europa – a lasciarla così com’è, un manipolo di banchieri che mirano a regolare qualsiasi parte della vita dei cittadini degli Stati membri, creando una netta linea di demarcazione tra la nostra economia, costretta a regole stringenti, e quelle di Paesi terzi che non devono sottostare a certi vincoli, potendo fare affidamento su prezzi molto più competitivi. A decidere se l’Europa si evolverà saranno gli elettori. Buon voto a tutti, allora, perché l’Europa cambi. Ma dietro la cabina, ricordate questa frase: “L’Europa o va a destra o non si fa”.