Occidente, cosa mina l’identità europea?

L’identità è il sentimento di appartenenza ad una Comunità nazionale, che si fonda su elementi culturali,  sulla lingua, sulla religione, sulle tradizioni che accomunano un certo popolo in un determinato luogo.

Una comunità di persone, che condivide legami storico-culturali, è alla base del concetto di Nazione. La tutela dell’identità nazionale e, allo stesso tempo, il senso di appartenenza ad una storia e ad una cultura comune sono elementi fondamentali nella genesi dell’Unione europea, il cui motto è appunto “uniti nella diversità”. Tuttavia, questa identità millenaria rischia di scomparire, in alcuni Paesi più velocemente che in altri.

Il Sud America, che storicamente ha sempre considerato l’Europa come un modello di riferimento, guarda ora con preoccupazione e stupore ciò che sta succedendo.

Cosa mina l’identità europea? Certamente, l’atteggiamento troppo permissivo tipico di alcune componenti socio-culturali europee: mentre da un lato si negano le radici cristiane e si combattono i valori tradizionali, come quello della famiglia naturale ad esempio, o il diritto alla vita, dall’altro, si adottano comportamenti di grande apertura nei confronti di usi e costumi profondamente diversi dai nostri, come nel caso delle popolazioni di fede islamica, che sempre più stanno arrivando in Europa, anche grazie a percorsi di immigrazione illegale.

Spesso è difficile gestire le popolazioni migranti anche perché non si riescono a trovare vere forme di integrazione e non si costruisce senso di appartenenza nei confronti dei Paesi ospitanti. La Francia è uno degli Stati europeo maggiormente colpiti dal fenomeno del radicalismo islamico, come si evince dalle notizia di cronaca. Ciò è evidente, per esempio, nel racconto di un insegnante francese che quando ha chiesto di alzare la mano ai suoi studenti di nazionalità francese, tutti lo hanno fatto. Successivamente, ha chiesto chi si sentisse francese e nessuno ha alzato la mano.

Nel 1974, l’allora presidente dell’Algeria, Huari Bumedian, disse: “Un giorno, milioni di uomini abbandoneranno l’emisfero sud per irrompere nell’emisfero nord. E non lo faranno certo come amici, ma per conquistarlo. Lo conquisteranno popolandolo con i loro figli. Sarà il ventre delle nostre donne a darci la vittoria”. Sembra una profezia che si sta avverando.

Nel 2014, Mohamed era già il nome più popolare in Gran Bretagna, secondo un sondaggio del sito web Babycenter: “Mohamed ha spodestato Oliver come nome più popolare nel Regno Unito. La posizione del nome Nur al 29º posto e Miryam al 25º dimostra anche la preferenza per i nomi di origine araba tra le bambine”.

L’anno successivo, è stato il turno della Norvegia, dove Mohamed è già il nome più comune tra i maschi che vivono ad Oslo, la capitale del Paese nordico, secondo uno studio di Statistiche della Norvegia (SSB).

Inoltre, nel 2023, Mohamed era uno dei nomi più popolari a Barcellona.

Come si spiega questo fenomeno?

Mentre l’Europa attraversa un inverno demografico, i musulmani arrivati nel vecchio continente hanno molti figli. Se le statistiche mantenessero questa direzione, sarà solo una questione di tempo prima che i musulmani diventino una maggioranza assoluta.

Quei lettori che considerino la possibilità che politici musulmani in paesi europei prendano decisioni radicali, un’esagerazione o un orizzonte ancora troppo lontano, come l’applicazione di leggi della Sharia, dovrebbero ricordare che il Primo Ministro scozzese, Humza Yousaf (il primo musulmano a ricoprire la carica), nel 2020 ha detto: “Ci sono troppi bianchi in posizioni di potere, in questo paese c’è razzismo istituzionale, strutturale, sottile ed evidente”. Una dichiarazione simile è stata fatta dal Primo Ministro dell’Irlanda Leo Varadkar (di discendenza indiana), che ha detto in Parlamento: “Il governo dell’Irlanda è troppo bianco e questo deve cambiare, per diventare più diversificato“, parole pronunciate dopo le proteste per l’attacco islamico a 3 bambini che uscivano da una scuola cristiana.

La resa della fede

Quanti casi abbiamo visto in cui sono stati rimossi crocifissi per “non offendere” la sensibilità altrui? Quante campagne abbiamo visto contro il Natale? Quanti sfregi all’immagine di Cristo o della Vergine? Complice di tutto ciò è una maggioranza silenziosa ed anestetizzata che non reagisce, che non difende le proprie radici storiche e culturali, e che non dimostra rispetto per chi è di fede cristiana,  chiedendo però allo stesso tempo il rispetto per minoranza religiosa e di altra natura. Sono pochi i capi di governo che non rinnegano le radici cristiane dell’Europa. In Italia, Giorgia Meloni ha addirittura realizzato un video in cui spiega l’importanza del presepe: “Si creda in Dio o meno, in questo simbolo sono riassunti i valori che hanno fondato la mia civiltà. Voglio che mia figlia sappia che a Natale celebriamo questi valori”.

Speranze

Di fronte a un’Unione Europea senza alcuna rotta precisa e impegnata in una costante autodistruzione economica e culturale, appare una speranza all’orizzonte: le elezioni europee di giugno di quest’anno. Se i conservatori riuscissero a ottenere una vittoria schiacciante, o almeno sufficientemente ampia, ciò dimostrerebbe l’interesse dei cittadini verso una inversione di tendenza rispetto alle politiche attuali.

L’Europa deve riconquistare l’orgoglio della sua identità, della sua fede e delle sue radici. Deve tornare a coltivare l’amore per le Nazioni e i popoli che la compongono, per le tradizioni che la caratterizzano.. Se il Vecchio Continente riuscisse a recuperare la sua identità, recupererebbe anche la sua funzione di modello da imitare per i Paesi occidentali in via di sviluppo.

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Candela Sol Silva
Candela Sol Silva
Studentessa di ingegneria, giornalista e intervistatore. È stata responsabile della campagna elettorale e addetta stampa del candidato alla Camera dei Deputati di Fratelli d'Italia in Sud America, Vito De Palma, alle ultime elezioni del settembre 2022.

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