Oltraggio a Ramelli, ma il suo esempio è più forte dell’odio rosso

Solo due giorni fa, su La Voce del Patriota pubblicavamo un articolo dal titolo: “Sergio Ramelli, un nome per la pacificazione nazionale”. Un percorso che partiva dal vile omicidio del giovanissimo militante di destra, ucciso a colpi di chiave inglese a Milano negli anni Settanta, per arrivare al discorso tenuto da Ignazio La Russa, nel suo giorno di insediamento da Presidente del Senato, in cui la seconda carica dello Stato, che fu avvocato della famiglia Ramelli nel processo che portò a galla la verità soltanto un decennio dopo, parlò finalmente di “pacificazione nazionale”. In quell’articolo, però, allertavamo anche della minaccia imperante ai nostri giorni, quella proveniente da chi fa ancora uso della violenza e da chi, per convenienza, sceglie di non condannare. E proprio La Russa, in una recente intervista al Giornale, alla domanda se ci possa essere un ritorno agli Anni di Piombo, rispose: “Meglio tenere gli occhi aperti”.

Ecco. Poche ore dopo, la prova che quegli ammonimenti non sono campati in aria. A cinquanta anni dalla morte di Ramelli, di cui oggi ricade l’anniversario dell’aggressione, avvenuta il 13 marzo del 1975, nelle librerie c’è chi si è divertito a posizionare il libro che lo ritrae in copertina, capovolto. Volto in giù. Simbologia gradita a sinistra, in analogia con l’esposizione del corpo di Benito Mussolini in piazzale Loreto. Un oltraggio alla memoria del giovane ragazzo che, com’è stato più volte confermato, non si era mai legato agli ambienti della destra estrema dell’epoca, essendo soltanto un militante del Fronte della Gioventù. In quanto tale, però, gli estremisti di Avanguardia operaia lo scelsero come obiettivo per dimostrare a tutta Italia che “uccidere un fascista non è reato”. Seguirono 47 giorni terribili di agonia in ospedale per Sergio, che morì a fine aprile di quell’anno.

Il ricordo di Ramelli è più forte dell’odio rosso

Cinquanta anni dopo, però, a parte i gesti di qualche fanatico, quella memoria è stata sdoganata, ha superato il cordone sanitario che la bloccava e si sta diffondendo – e giustamente – per ricordare quanto l’estremismo politico abbia provocato troppi morti, abbia gettato nel caos una Nazione che in realtà aderisce a valori fondamentali di democrazia. Oggi, a Palazzo Reale di Milano, La Russa, insieme al ministro delle Imprese, Adolfo Urso, e al sottosegretario all’Istruzione, Paola Frassinetti, presenteranno il francobollo commemorativo di Ramelli. Un piccolo gesto per ricordare una figura che, a decenni di distanza, dovrebbe unire, piuttosto che dividere.

L’ideologia, talvolta, la fa ancora da padrona e se la prende, vigliaccamente, con chi è stato già vittima una volta. Come accade anche per le Foibe, per gli esuli la cui memoria viene oltraggiata ogni anno, e come accade per le altre tante vittime del terrorismo rosso. Ma quell’odio politico, che ha portato alla morte di Ramelli, salvo poi il pentimento, anni dopo, da parte dei carnefici, non avrà mai la meglio sull’amore, sulla passione per la militanza che porta migliaia di persone a ricordare il suo nome. I ragazzi di Gioventù Nazionale, il movimento giovanile di Fratelli d’Italia, sono stati ad esempio tra i primi a rispondere alla provocazione del libro capovolto: “Ci fate pena. Continuate pure a mostrare chi siete, noi continueremo a ricordare tutti quei ragazzi di destra, come Sergio, uccisi dall’odio rosso”. E quei vili attacchi odierni, come quello in libreria, resta soltanto la dimostrazione della stizza di qualcuno di sapere che Ramelli, seppur morto cinquanta anni fa, continua a vivere nel cuore di chi lo ricorda e delle giovani generazione che lo hanno reso un modello virtuoso da seguire.

Resta aggiornato

Invalid email address
Promettiamo di non inviarvi spam. È possibile annullare l'iscrizione in qualsiasi momento.

1 commento

Questo sito utilizza Akismet per ridurre lo spam. Scopri come vengono elaborati i dati derivati dai commenti.