Nelle ultime giornate il panico ha pervaso i giornali di tutta Europa, dopo la notizia che Giorgia Meloni andrà a Washington per un faccia a faccia con Donald Trump il prossimo 17 aprile. Apriti cielo. Fra chi ha invocato al disastro, chi si è stracciato le vesti perché ha visto nell’incontro uno sgambetto all’Ue, e chi ancora una volta non ha esitato a chiamare ancora una volta l’Italia serva degli Stati Uniti, l’irrazionalità ha preso il sopravvento e il viaggio oltreoceano del premier ha agitato anche le acque più chete.
Dentro casa c’è stato chi ostinatamente – e in maniera quasi nauseante- ha colto anche questa occasione per gettare fango sul governo italiano. Tra le critiche più eclatanti, quelle dell’ex concorrente del Grande Fratello Marina La Rosa, oggi opinionista, che a Cartabianca ha tacciato Meloni di “andare a leccare i piedi a Washington”, auspicando addirittura un “distacco dall’America”, prendendo di fatto le parti delle recenti posizioni assunte da Francia e Germania sui dazi statunitensi. “Macron dice che è una scelta davvero brutale (quella dei dazi, ndr), invitando i francesi a non fare più investimenti negli Stati uniti. Anche la Germania l’ha definito un attacco molto duro”, ha infatti dichiarato La Rosa.
Dichiarazioni che appaiono più come sfoghi emotivi che analisi politiche.
Prima di tutto, perché quella di Francia e Germania non è l’unica postura da assumere in Europea, né tantomeno quella più corretta. Ma, più di tutto, l’ipotesi di allontanarsi dall’America non dovrebbe e non deve essere nemmeno presa in considerazione, non solo da un punto di vista geopolitico e geostrategico, ma anche perché un riassetto mondiale che esclude gli Usa non farebbe che creare uno squilibrio tale che nemmeno le peggiori guerre militari potrebbero creare. Sotto ogni punto di vista, da quello economico a quello politico, da quello finanziario a quello commerciale.
Anche al di fuori dei confini nazionali, quasi in maniera scontata, non sono mancate le critiche per l’iniziativa italiana. In particolare, la democraticissima e imparzialissima Francia non ha esitato a commentare la situazione, con il Ministro dell’Industria Marc Ferracci che, non proprio candidamente, ha sottolineato come “Se cominciamo ad avere discussioni bilaterali l’unità europea rischia di spezzarsi”. Peccato che il primo a volare in solitaria a Washington per discutere faccia a faccia con il tycoon- quella volta sulla questione russo-ucraina- fosse stato proprio il suo Presidente, che nemmeno tre mesi fa aveva pensato bene di lasciare a casa i suoi cosiddetti alleati europei e aveva deciso di vedersela da solo (ricevendo, però, una sonora batosta e tornando a casa con qualche livido).
Fortunatamente, dopo questo primo momento di follia generale, c’è stato chi ha riacquistato lucidità e ha guardato con più obiettività al contesto generale. A partire proprio da Parigi, che qualche ora dopo le infelici uscite di Ferracci, ha cercato di recuperare. “Tutte le voci che permettono un dialogo con gli Stati Uniti sono benvenute”, ha infatti dichiarato la portavoce del governo francese Sophie Primas, mettendo così una pezza al danno inferto dal collega.
La verità è che la mossa dell’Italia, lungi dall’essere un’azione isolata e avventata, si inserisce in una strategia chiara e già delineata da tempo: costruire un canale privilegiato di dialogo con Washington, aprire una trattativa sui dazi e disinnescare un potenziale conflitto commerciale che non gioverebbe né all’Europa né agli Stati Uniti, e proporre una formula cosiddetta “zero per zero”, che consiste nell’azzerare i dazi reciproci, in “un’ottica di mutuo beneficio e di crescita reciproci”, come ribadito dalla premier stessa in occasione dell’incontro con le rappresentanze imprenditoriali tenutosi lo scorso 8 aprile.
A riconoscere tale importante ruolo assunto dall’Italia è stato, in modo particolare, il noto giornale Politico, che ha sottolineato che “Giorgia Meloni si è presentata come mediatrice tra Washington e Bruxelles. La prossima settimana, nello Studio Ovale, il primo ministro italiano avrà l’opportunità di mostrare loro di cosa è capace”. E ancora: “Considerati i suoi rapporti amichevoli con il Presidente e con diverse figure della sua amministrazione, l’Europa difficilmente avrebbe potuto scegliere un’emissaria migliore”. Attribuendo così, di fatto, il titolo di principale interlocutore europeo, credibile e privilegiato, al nostro Primo Ministro, che ancora una volta si rivela essere un punto di riferimento autorevole e credibile nel mondo politico e diplomatico.
Al di là delle sterili polemiche, comunque, è chiaro che questo momento storico richiede pragmatismo, ancora di più se consideriamo che il nostro è un mondo segnato da tensioni geopolitiche crescenti e da un progressivo riassetto degli equilibri globali. L’Italia lo ha capito bene, e ora l’attenzione è tutta rivolta al 17 aprile. L’auspicio è che il nostro Paese in tale occasione saprà giocare le carte giuste e promuovere un dialogo franco e serio, così da riaffermare non solo il ruolo italiano nel mondo, ma anche con l’obiettivo principale di perseguire nella difesa tanto dell’interesse nazionale quanto di quello europeo.