Il 25 aprile, per molti, è la festa della Liberazione. Ma per altri è anche la data in cui si rinnova un’altra memoria, troppo spesso taciuta o ignorata. È il giorno in cui si dovrebbe ricordare anche chi lottò per la libertà senza volerla barattare con una nuova ideologia, chi difese la Patria sulle montagne del Friuli, non per una bandiera di partito, ma per quella tricolore, l’unica capace di unire.
Questa è la storia della Brigata Osoppo, dei suoi Patrioti, e della loro Resistenza autonoma, democratica, italiana.
Patrioti, non partigiani
«Noi ci sentivamo e ci chiamavamo Patrioti. Il Partigiano combatte per la sua parte. Il Patriota combatte per tutti».
Sono parole di Paola Del Din, nome di battaglia Renata, Medaglia d’oro al valor militare, prima donna paracadutista italiana in guerra, sopravvissuta oggi più che centenaria e ancora lucida testimone di quella Resistenza “altra”, che non si piegò né al fascismo né al comunismo.
La Brigata Osoppo nacque ufficialmente il 24 dicembre 1943 a Udine, da volontari di orientamenti diversi: cattolici, socialisti, liberali, monarchici, uniti però da un solo scopo: liberare l’Italia senza tradirne l’anima.
Combatterono con il fazzoletto verde al collo e il cappello alpino in testa, simboli di continuità con la tradizione risorgimentale. Il nome Osoppo, infatti, era un omaggio alla fortezza friulana che resistette strenuamente agli austriaci nel 1848.
La Brigata Osoppo non combatté solo contro i nazisti e i fascisti della RSI. Si oppose anche alla penetrazione jugoslava nelle terre italiane della Venezia Giulia e del Friuli orientale.
Mentre la Brigata Garibaldi – Natisone, sotto influenza del PCI, considerava preferibile l’annessione a Tito pur di rompere con l’Occidente capitalista, la Osoppo resisteva con un’altra idea: l’Italia prima di tutto.
Questa divergenza profonda non fu solo tattica o geopolitica. Fu esistenziale. E costò carissimo.
Porzûs: il tradimento dei partigiani comunisti
Il 7 febbraio 1945, presso le malghe di Porzûs, un gruppo di partigiani comunisti dei GAP, agli ordini di Mario Toffanin (“Giacca”), attaccò e fucilò i vertici della Osoppo Est.
Tra loro:
- Francesco De Gregori (“Bolla”), zio del cantautore;
- Gastone Valente (“Enea”), del Partito d’Azione;
- il giovanissimo Giovanni Comin (“Gruaro”);
- e Guido Pasolini, fratello di Pier Paolo.
Sedici furono assassinati dopo processi sommari. La loro unica colpa: non essersi inginocchiati né a Mosca, né a Belgrado.
Solo anni dopo, in piena guerra fredda, Giovanni Padoan (“Vanni”), ultimo dirigente comunista del Friuli, ammise:
«Porzûs fu un crimine di guerra. Chiedo perdono a nome mio e di chi concorda con questa verità.»
Ma era tardi.
Pier Paolo Pasolini non superò mai la perdita del fratello Guido. Lo chiamava “Ermes” nei suoi versi. Lo difese, lo pianse, ne raccontò la purezza in lettere e poesie.
Nel libro I Pasolini. Guido e Pier Paolo, Resistenza e libertà (Gaspari, 2023), curato da Roberto Volpetti, sono stati finalmente pubblicati i documenti, le testimonianze, le sentenze. Una verità taciuta troppo a lungo.
“Mio fratello non era un traditore. Era un italiano. Fu ucciso da chi avrebbe dovuto combattere al suo fianco.”
— Pier Paolo Pasolini
Renata, la ragazza che scese dal cielo
Paola Del Din, sorella di Renato Del Din, caduto il 25 aprile 1944, raccolse la sua eredità. Accettò una missione pericolosissima per la Osoppo e i servizi segreti britannici (SOE): attraversare l’Italia occupata per consegnare un plico segreto agli Alleati. Si addestrò come paracadutista, l’unica donna italiana a farlo in guerra, e si lanciò dietro le linee nemiche.
Nel suo sguardo oggi c’è ancora la fermezza di chi non ha dimenticato:
«La diplomazia va bene. Ma da sola non basta. La libertà si conquista, e si difende.»
L’Associazione Partigiani Osoppo continua a custodire e diffondere questa memoria scomoda ma necessaria.
Tra le pubblicazioni più recenti:
- Nome in codice: Renata e Se il fuoco ci desidera di Alessandro Carlini (UTET);
- La libertà in un fazzoletto verde di *Jurij Cozianin;
- Antonio Pilo, un’eroica fiamma gialla di *Gerardo Severino.
Tutti volumi che riportano alla luce una Resistenza che amava l’Italia senza riserve, fatta anche di membri delle forze dell’ordine, studenti, preti, stranieri alleati, tutti sotto un solo ideale: difendere la Patria. Non dividerla.
Un altro 25 aprile
Oggi, 25 aprile, mentre si celebrano discorsi, cortei e slogan, ricordiamo anche loro.
I Patrioti della Osoppo.
Quelli che non scelsero né il fascismo né il comunismo.
Quelli che morirono per l’Italia, non per una parte.
A loro dedichiamo questo altro 25 aprile.
Un 25 aprile che non divide, ma unisce.
Un 25 aprile che non nasconde, ma ricorda.
Un 25 aprile in cui, davvero, l’Italia viene prima di tutto.