La Regione Lazio ha firmato un protocollo destinato a lasciare il segno. Non un semplice atto formale, ma l’avvio di un progetto che potrebbe cambiare il modo in cui affrontiamo il tema della sicurezza femminile nello spazio pubblico. Il “Bosco Rosso” nasce per essere un presidio concreto contro la violenza, una risposta intelligente – nel senso letterale del termine – che unisce innovazione tecnologica, rigenerazione urbana e una visione sociale chiara e coraggiosa.
Alla firma erano presenti il generale Serafino Liberati, presidente dell’Osservatorio tecnico-scientifico per la sicurezza, la legalità e la lotta alla corruzione; Sabrina Zolla, presidente dell’ente del terzo settore Algaxia; e Civita Di Russo, vicecapo di Gabinetto della Regione Lazio e vicepresidente dell’Osservatorio. Tre figure che, con ruoli diversi ma complementari, stanno dando forma a un progetto che parte da Roma ma punta a diventare un modello nazionale.
Il Bosco Rosso non è solo un parco, ma uno spazio rifugio: un luogo in cui le donne possono sentirsi sicure, in particolare nei momenti di maggiore vulnerabilità, come i primi appuntamenti o i confronti decisivi. Dotato di un avanzato sistema di videosorveglianza alimentato da intelligenza artificiale, sarà in grado di rilevare in tempo reale comportamenti anomali, minacce, urla, presenze sospette, intervenendo in automatico per allertare le forze dell’ordine. Un deterrente, ma anche uno scudo. Un modo per dimostrare che la tecnologia, se usata con intelligenza e nel rispetto della privacy, può essere alleata delle libertà individuali.
Ma il Bosco Rosso non si ferma alla sorveglianza. È pensato come luogo accessibile, vivo, aperto: con servizi di supporto psicologico, attività culturali, laboratori teatrali, corsi di autodifesa e momenti di confronto con le forze dell’ordine. Un presidio umano, prima ancora che tecnologico, dove il rispetto reciproco non è un concetto astratto, ma una pratica quotidiana. Il tutto in un contesto di rigenerazione ambientale: trasformare aree verdi abbandonate in spazi curati, sicuri, centrali per la comunità.
In un Paese che troppo spesso si divide su tutto, questa è un’iniziativa che unisce. Perché mette al centro le persone, la sicurezza come diritto, la dignità come principio. Perché dice, con chiarezza, che una società più sicura non si costruisce con i proclami, ma con progetti concreti, replicabili, pensati per durare. E lo fa in perfetta sintonia con la visione di un Governo che ha deciso di rimettere i valori – quelli veri – al centro dell’agire pubblico.
Il Bosco Rosso è un segnale. Di presenza, di volontà, di visione. È un modo per dire che non ci rassegniamo alla violenza, al degrado, alla paura. Che possiamo reagire con fermezza, usando le leve giuste: tecnologia, cultura, accessibilità. Ora tocca agli amministratori locali cogliere questa occasione. Replicare, adattare, moltiplicare. Perché ogni città, ogni quartiere, ogni donna d’Italia ha diritto a un luogo così.
Non chiamiamolo esperimento, chiamiamolo futuro.