di E.C
L’Africa è destinata a svolgere un ruolo sempre più di primo piano nella crescita globale. La naturale proiezione verso l’Africa della nostra penisola costituisce un fattore di rilevanza geopolitica primaria che privilegia l’Italia quale attore internazionale impegnato nell’instaurare una cooperazione alla pari con questo continente dalle straordinarie potenzialità di sviluppo.
Dinanzi ad una platea di 25 capi di Stato e di governo, cui si aggiungono i ministri di un’altra ventina di Paesi africani, il Presidente del Consiglio Giorgia Meloni ha illustrato come nel prossimo futuro la proiezione italiana sul Mediterraneo inteso nella sua accezione “allargata”, fino al Caspio, e ancora più a Sud, oltre il Sahara, passerà attraverso un nuovo approccio, del quale la nostra Nazione intende farsi portatrice.
Il Piano, che ha come obiettivo il medio-lungo periodo, è concepito come una piattaforma programmatica costantemente aperta alla condivisione e alla collaborazione con le Nazioni africane, sia in fase di definizione che in quella di attuazione dei singoli progetti. Finalità è quella di realizzare un piano strategico per la costruzione di un nuovo partenariato tra Italia e Stati del Continente africano, piano energetico e sociale per il continente che richiama il nome dell’ex presidente Eni scomparso nel 1962. Proprio a Mattei si ispira un approccio “non predatorio” nei confronti dell’Africa bensì volto alla promozione di uno sviluppo sostenibile e duraturo.
Le macro-aree di intervento saranno cinque: istruzione e formazione; salute; agricoltura; acqua ed energia. L’obiettivo è di iniziare da alcune Nazioni africane, suddivise nel quadrante subsahariano e in quello nord- africano, per poi estendere progressivamente l’iniziativa secondo una logica incrementale. Il percorso vedrà l’avvio con alcuni progetti pilota cui seguirà, già a febbraio, la riunione della prima cabina di regia del Piano Mattei.
Nell’ambito istruzione e formazione gli interventi mirano a promuovere la formazione e l’aggiornamento dei docenti, l’adeguamento dei curricula, l’avvio di nuovi corsi professionali e di formazione in linea con i fabbisogni del mercato del lavoro e la collaborazione con le imprese, coinvolgendo in particolare gli operatori italiani e sfruttando il ‘modello’ italiano delle piccole e medie imprese. Il pilastro è di cruciale importanza poiché qualsiasi investimento, per portare ricchezza, ha bisogno di generare lavoro cui a sua volta sia stata fornita adeguata formazione. Entro la fine del secolo, il continente africano conterà poco meno di 4 miliardi di persone, pari al 38% della popolazione mondiale. La quota di popolazione in età lavorativa aumenterà dall’attuale 23% al 48% alla fine del secolo. Supportare l’Africa nel processo di transizione demografica, garantendo opportunità di lavoro a una popolazione che si sta rapidamente urbanizzando, richiederà investimenti ingenti in capitale fisico e umano.
Altro settore d’intervento sarà l’agricoltura: gli interventi saranno finalizzati a diminuire i tassi di malnutrizione; favorire lo sviluppo delle filiere agroalimentari; sostenere lo sviluppo dei bio-carburanti non fossili. In questo quadro si ritengono fondamentali lo sviluppo dell’agricoltura familiare, la salvaguardia del patrimonio forestale e il contrasto e l’adattamento ai cambiamenti climatici tramite un’agricoltura integrata.
In ambito Salute gli interventi puntano a rafforzare i sistemi sanitari, migliorando l’accessibilità e la qualità dei servizi primari materno-infantili; a potenziare le capacità locali in termini di gestione, formazione e impiego del personale sanitario, della ricerca e della digitalizzazione; sviluppare strategie e sistemi di prevenzione e contenimento delle minacce alla salute, in particolare pandemie e disastri naturali.
Obiettivo è poi rendere l’Italia un hub energetico, un vero e proprio ponte tra l’Europa e l’Africa. Gli interventi avranno al centro il nesso clima-energia, punteranno a rafforzare l’efficienza energetica e l’impiego di energie rinnovabili, con azioni volte ad accelerare la transizione dei sistemi elettrici, in particolare per la generazione elettrica da fonti rinnovabili e le infrastrutture di trasmissione e distribuzione. Il piano prevede, inoltre, lo sviluppo in loco di tecnologie applicate all’energia anche attraverso l’istituzione di centri di innovazione, dove le aziende italiane potranno selezionare start-up locali e sostenere così l’occupazione e la valorizzazione del capitale umano.
Per quanto concerne gli interventi nel settore idrico, questi riguarderanno la perforazione di pozzi, alimentati da sistemi fotovoltaici; la manutenzione dei punti d’acqua preesistenti; gli investimenti sulle reti di distribuzione; e le attività di sensibilizzazione circa l’utilizzo dell’acqua pulita e potabile. In Tunisia ha già preso avvio il progetto per potenziare le stazioni di depurazione delle acque non convenzionali per irrigare un’area di otto mila ettari.
Il Piano si sostanzia quindi in una serie di interventi grazie ai quali l’Italia vuole contribuire a “liberare le energie africane”, anche al fine di garantire il diritto di vivere nella propria Terra senza vedersi costretti ad emigrare alla ricerca di una vita migliore. Il piano, anche al fine di rispondere a tale esigenza, conta su una dotazione iniziale di oltre 5,5 miliardi di euro tra crediti, operazioni a dono e garanzie. Di questi, circa 3 miliardi verranno destinati dal Fondo italiano per il clima, e circa due miliardi e mezzo dalle risorse alla cooperazione allo sviluppo.