Non è mai stato facile decifrare gli accadimenti politici interni alla Russia che spesso si è rivelata essere un Paese impenetrabile per i mezzi di comunicazione stranieri. Il massimo della chiusura si registrava ovviamente ai tempi della Unione Sovietica il cui sistema di potere lasciava circolare nel resto del mondo solo alcune notizie riguardanti Mosca e il suo sterminato territorio. Al di qua della cortina di ferro succedeva talvolta che si venisse a conoscenza di un fatto avvenuto in Urss, anche un disastro ferroviario o aereo, solo dopo parecchi giorni dall’evento. La successiva Federazione russa si è dimostrata poi più aperta verso i media occidentali e ha condiviso informazioni con l’Europa e gli Stati Uniti, ma la guerra in Ucraina ha portato la Russia ad isolarsi nuovamente e a regredire molto in termini di trasparenza.
Infatti, vengono fatte numerose ipotesi e interpretazioni, alcune delle quali anche assai vicine al vero, circa le reali motivazioni che hanno condotto Yevgeny Prigozhin, capo del gruppo mercenario Wagner, a mobilitare i suoi uomini in una sorta di tentato golpe contro il governo di Mosca, fermandosi a 200 chilometri dalla capitale russa, e pure per quanto riguarda lo “stato di salute” attuale del regime di Vladimir Putin, ma, almeno al momento, le certezze sono poche. Non si sa con esattezza dove si trovi ora Prigozhin, il quale dovrebbe albergare in Bielorussia per via della mediazione svolta dall’uomo forte di Minsk, Alexander Lukashenko, che conferma infatti la presenza del fondatore della Wagner nel proprio Paese, ma chissà. È stata addirittura messa in dubbio la permanenza fisica di Vladimir Putin nelle stanze del Cremlino. Prigozhin non è più apparso in alcun video dallo scorso fine settimana, quello della quasi marcia su Mosca, ma ha dato un segno di vita attraverso un audio in cui ha affermato di non avere mai avuto l’intenzione di rovesciare il governo di Putin.
La Wagner si sarebbe mossa nel modo che sappiamo per impedire il proprio scioglimento, perseguito da settori autorevoli della autocrazia putiniana come il ministero della Difesa capeggiato da Sergej Sojgu o Shoigu. In effetti, Yevgeny Prigozhin criticava da tempo, pur continuando a combattere per la Russia ed aiutandola a conquistare la fatidica Bakhmut, il ministro della Difesa Shoigu e tutto l’establishment militare russo, a suo dire responsabili di una condotta inefficiente della guerra e di una scarsa collaborazione, trasformatasi poi in aperta ostilità, con gli uomini della brigata Wagner. È possibile che Mosca volesse disfarsi ad un certo punto di questi mercenari, dopo averli usati in Ucraina e pure altrove, ma il gruppo di Prigozhin si è dimostrato essere come un mostro creato in laboratorio che si rivolta contro il suo stesso creatore.
Tanti aspetti rimangono ancora avvolti dalla nebbia, forse non è finita qui e occorrerà attendersi altri fatti piuttosto dirompenti. Si vedrà, ma intanto il potere politico di Vladimir Putin, che sembrava impossibile da scalfire, esce ferito da questa vicenda. Il prestigio della Russia putiniana subisce già da più di un anno un continuo logorio a causa della guerra in Ucraina. Kiev doveva capitolare in pochi giorni e invece i russi si sono dovuti accontentare di combattere in territori già in buona parte annessi nel 2014 come il Donbass e la Crimea. Mosca bombarda ogni tanto la capitale ucraina ed altre città al di fuori dell’Est e del Sud, distrugge abitazioni civili ed uccide innocenti, ma non compie progressi significativi. Putin si è infilato in un conflitto alla iugoslava che fa tornare alla mente l’assedio di Sarajevo ad opera dei serbo-bosniaci, ma in un territorio molto più vasto. Poi, un gruppo di mercenari prende possesso di una città come Rostov, che non è proprio un villaggio di campagna, e mostra al mondo tutte le falle del sistema di sicurezza interno della Federazione russa.
Adesso non si può più contare sull’apporto dei combattenti Wagner, che sono stati determinanti per la presa di Bakhmut, e quella in Ucraina sarà una guerra ancora più difficile per l’esercito russo. Intanto, le truppe di Kiev ottengono risultati dalla loro controffensiva, riprendendo zone occupate da Mosca nel 2014.