Primo Maggio. Rosa (FdI): festa dell’Italia intera, non dei sindacati

“Sono stato in Piazza Mario Pagano, a Potenza, per festeggiare il Primo Maggio alla manifestazione nazionale organizzata dalla ‘triplice’, come tutti i lavoratori che, oggi, possono non lavorare e in omaggio a chi, oggi, invece lavora. Questa ricorrenza è per tutti gli italiani che hanno un’occupazione e anche per quelli che non ce l’hanno. Non è la festa dei sindacati. È la festa dell’Italia intera che è una Repubblica fondata sul lavoro. Molti lo dimenticano. Il governo Meloni no”. Lo dichiara il senatore di Fratelli d’Italia Gianni Rosa. “Il premier avrebbe potuto, come hanno fatto decine di premier prima di lei, partecipare a qualche manifestazione, portare solidarietà e promettere”, prosegue. “Invece ha pensato bene di dare un riscontro concreto alle istanze dei lavoratori e dei non lavoratori italiani, varando delle nuove misure sul lavoro, incidendo, di nuovo, in pochi mesi, sul cuneo fiscale e alzando in tale modo le buste paga degli italiani, nuove misure verso l’accompagnamento al lavoro e provvedimenti per le fasce di cittadini che non possono lavorare”. Il parlamentare di FdI aggiunge: “Personalmente non mi aspettavo qualcosa di diverso dai sindacati che, spinti da esclusivamente da posizioni ideologiche, polemizzano sulla data scelta per il Consiglio dei ministri, dopo che per anni hanno chiesto il taglio del cuneo fiscale ai governi di sinistra e ora è un governo di destra a realizzarlo. Polemica sterile che la parte reale del Paese non segue”. Per Rosa “questi atteggiamenti dei sindacati dimostrano una certa incapacità di stare al passo con i cambiamenti della società e rappresentano vestigia di un passato glorioso che cercano di recuperare con scarsi risultati”. “Posso testimoniare – continua -, essendo stato alla manifestazione organizzata dalla triplice a Potenza, che i cittadini, lavoratori e non, che erano in piazza hanno apprezzato le intenzioni della Meloni, non solo rispetto alla riduzione del cuneo fiscale ma anche alla riformulazione del reddito di cittadinanza che, se viene giustamente mantenuto per chi non può lavorare, anche se con un nuovo nome, dall’altro diventa strumento per favorire il lavoro, nel solco della meritocrazia e contro le ‘furbate’ che sono accadute in questi anni”.

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