Professioni stem: le competenze strategiche le sfide del domani

Donne in tecnologia e scienze, donne in stem!

Stem sta per SCIENCE, TECHNOLOGY, ENGENEERING & MATHEMATICS. Parliamo di un insieme di discipline scientifiche, raggruppate in questo acronimo inglese, molto rappresentative per lo sviluppo economico e sociale globale. L’importanza della formazione in ambito Stem e dell’accesso alle professioni correlate è motivo di grande dibattito nel mondo accademico, in ambito scolastico-educativo e soprattutto in quello produttivo, coinvolgendo per l’importanza della materia l’interesse di tutti i principali stakeholder mondiali. L’opinione pubblica è meno sensibilizzata, complice una agenda politica non orientata, l’informazione poco focalizzata e la mancanza di conoscenza del fenomeno STEM.

L’ingresso in quella che viene definita “quarta rivoluzione industriale” ha inevitabilmente implementato settori innovativi come la robotica, l’analisi di big data, il cloud computing, l’intelligenza artificiale, l’automazione, le nano e biotecnologie, tutti settori dove sono richieste nuove competenze trasversali e soft skill diverse tra loro.

L’osservatorio dedicato della “Fondazione Deloitte” stima che nel giro di pochi anni il 15-30% delle attuali mansioni sarà processato interamente dalla tecnologia e si potranno svolgere in autonomia i task maggiormente ripetitivi e automatizzabili consentendo agli individui di focalizzarsi sui processi decisionali e di maggior valore aggiunto. Qui entrerebbero in gioco le stem, con il loro carico di opportunità, questa forte accelerazione farebbe pensare ad un cambiamento radicale in quel mondo del lavoro che siamo abituati a conoscere noi, afflitto dalla disoccupazione giovanile, dalla povertà educativa, dall’abbandono scolastico, fatto da un lato di neet e dall’altro di giovani cervelli in fuga.

Invece no, incredibilmente la domanda non incontra l’offerta . Ricerche specifiche ci dicono che le stem sono materie, e quindi successive professioni, che non vengono scelte. Emerge da questo quadro che in Italia un solo studente su quattro è iscritto a facoltà stem, circa il 27% del totale, e tra questi solo 1/10 è iscritto a facoltà che porteranno come sbocco lavorativo a professioni emergenti come quelle sopracitate.

Un vero paradosso: Stem è il campo con la crescita superiore in termini assoluti nel mercato del lavoro e con tassi di occupazione superiori sensibilmente alla media generale, ma incredibilmente il meno “appetibile” nelle scelte di orientamento e formazione degli studenti; la stima così promettente di aumento occupazionale non trova riscontro, motivo per cui molte aziende soffrono la carenza di profili e non riescono a coprire le posizioni.

Ma, ulteriore criticità nella criticità, è rappresentata dal grosso divario di genere nelle aree stem.

Continuando nell’analisi dei dati, si nota che solo il 35% degli iscritti a corsi di laurea stem è donna, dato importante (world bank 2020)

In Italia, lo scenario è più preoccupante, le donne sono oltre la metà dei laureati: il 58,7% del totale nel 2020. Eppure, se si prendono in considerazione solo le materie STEM, i numeri sono preoccupanti: su 100 donne laureate, solo 16 hanno un titolo in discipline STEM, contro 35 uomini (Istat, 2021).

Un tema  sul lavoro in salsa italiana, e non solo: la questione dell’occupazione femminile. Soprattutto dopo la pandemia il divario di genere ha raggiunto livelli allarmanti.

Ancor di più nel mondo stem le donne sono sottorappresentate, sottopagate e rese meno competitive.

Il cosiddetto gender gap che il più delle volte diventa gender pay gap, ovvero gap reddituale oltre che generazionale e territoriale, imperversa. Questo in particolare è un divario che arriva da lontano: le bambine e le ragazze non scelgono questi percorsi, perché se da un lato, incidono stereotipi (le materie tecnico-scientifiche sono poco adatte, noiose complicate) o pregiudizi culturali che vengono consolidati già nella scuola primaria e secondaria ma anche nell’età scolare più avanzata e nell’orientamento, dall’altro campeggiano pregiudizi culturali che si sviluppano in ambito familiare e sociale che indirizzano in altre direzioni le scelte delle giovani adolescenti. Giovani donne che vanno invece incoraggiate in questa scelta, puntando ad eliminare le distorsioni percettive di questi percorsi, focalizzando l’attenzione su quanto invece può avvenire grazie ai vantaggi delle carriere stem in rosa: lo sviluppo personale e professionale impatta non solo sulla vita delle donne stesse ma, anche e soprattutto, sulla nostra società, e perché no, sull’economia globale.

Come fare? Sicuramente puntando a pubblicizzare modelli di ruolo, sottolineando l’occasione del mondo stem attraverso l’esempio di donne stem che ce l’hanno fatta, in modo da ispirare le ragazze con modelli di esponenti femminili vincenti, che hanno intrapreso il percorso. Accorciando le distanze tra mondo della scuola e del lavoro, favorendo incontri, scambi, la pratica nella didattica. Contaminando i percorsi stem e non stem, favorendo zone ibride.

Insomma, dire che la scienza esatta e la tecnologia o la bioingegneria non è solo appannaggio degli uomini.

Incentivare le donne ad avvicinarsi al mondo Stem non è solo la cosa più giusta da fare ma è anche la più virtuosa inclusiva ed efficiente. Un paese che non scommette sulle donne specie sulle giovani donne, investendo sulla parità e sul rispetto delle differenze, valorizzandole, è un paese che non scommette sullo sviluppo e sul futuro.

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Marta Schifone
Marta Schifone
41 anni, Laureata con lode alla facoltà di Farmacia dell'Università Federico Il, specializzata in cosmetologia all’università di Ferrara , vincitrice del Premio Bonadeo. Titolare di farmacia e membro della società italiana chimici cosmetologi. Militante e attivista politica fin dagli anni dell’Università. Direzione Nazionale e Responsabile Nazionale del Dipartimento Professioni di Fratelli d’Italia.

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