Putin fa rialzare la statua di Dzerzhinsky e celebra il capo del terrore russo staliniano

Non bastava riscrivere la storia giustificando addirittura l’attacco sovietico nei confronti dei ‘ragazzi di Buda’ nel 1956. Questa volta Putin ha deciso di riportare in vita anche la memoria del fondatore della Cheka, Felix Dzerzhinsky, inaugurando una copia più piccola del celebre e infame monumento “Iron Felix” che si trovava sulla Lubjanka e che fu demolito nel 1991 nei giorni del crollo dell’Unione sovietica.

La Cheka era nata con il preciso scopo di combattere i nemici del regime russo a partire dal 1917, e Dzerzhinsky ne era il capo, e viene ad oggi ricordato come il braccio armato di Stalin, autore del cosiddetto Terrore rosso nel periodo tra il 1917 e il 1926.

La celebrazione che fa oggi Putin di uno dei protagonisti peggiori della storia russa, ben interpreta la sua volontà di tornare a quel clima di repressione che la Russia e il suo popolo hanno subito per molti anni. E il fatto che la statua di Dzerzhinsky svetterà nella sede del Svr, il sostanziale successore del primo direttorato del Kgb, ne è una prova evidente e immediatamente riconoscibile.

Oltre al gesto in sé, ciò che fa ancora più rabbrividire è il fatto che il comandante del Svr, Sergey Naryshkin, ricordi il capo del terrore russo dicendo che «sognava di creare un futuro basato sui principi di bontà e giustizia», sostanzialmente giustificando il passato oscuro del Paese e, forse, anche il suo presente.

Questo ulteriore ed eclatante gesto del presidente russo richiama, senza alcuna possibilità di fraintendimento, una nostalgia per l’epoca imperiale e sovietica, incluse tutte le pagine nere. Anzi, paradossalmente, sono proprio quelle ad essere ricordate e celebrate con più veemenza.

Se è vero che in politica spesso contano più i fatti rispetto alle parole, è oramai chiaro che la direzione della Russia non è affatto indirizzata verso una pace giusta e duratura, ma piuttosto è volta ad un ritorno al passato, che, purtroppo per noi, non è stato affatto luminoso.

È precisamente per questo motivo che, ora più che mai, il sostegno all’Ucraina deve proseguire senza mai arretrare. L’Italia in questo non si è tirata indietro, e continuerà a non farlo. Perché arrendersi alla Russia equivarrebbe ad accettare un nuovo status mondiale che, invece di progredire, vorrebbe regredire nell’illusione di un ritorno ad un qualche passato glorioso, che però è, nella realtà, sinonimo di morte, ingiustizia e prevaricazione. È questo un mondo inaccettabile e inammissibile che mancherebbe di rispetto a tutte le conquiste di libertà e democrazia che il nostro e molti altri Paesi hanno fatto nel corso della loro storia.

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