Ci sono momenti in cui il volto del potere si svela, e ciò che emerge non è la statura di un leader, ma l’arroganza di chi sembra sentirsi intoccabile. È quanto accaduto a Matteo Ricci, europarlamentare del Partito Democratico e candidato alla presidenza delle Marche, che ha perso le staffe davanti a una giornalista Rai, Manuela Iatì, colpevole di un solo “reato”: fare il suo lavoro.
Durante le riprese della trasmissione d’inchiesta Far West, Ricci è stato interpellato sul caso “Affidopoli”, un’indagine della Procura che getta ombre su centinaia di migliaia di euro assegnati dal Comune di Pesaro, sotto la sua gestione, ad associazioni culturali vicine alla sua amministrazione. Una domanda scomoda, certo, ma legittima. Invece di rispondere con i fatti, Ricci ha scelto l’attacco: ha insultato la cronista, accusandola di essere “al soldo di Fratelli d’Italia”. Un colpo basso, che trasuda livore e tradisce un’idea pericolosa: chi fa domande è un nemico da screditare.
L’episodio non è passato inosservato. La Federazione Nazionale della Stampa Italiana (FNSI) ha definito le parole di Ricci una “grave offesa alla libertà di informazione”. Stessa condanna da Usigrai, il sindacato dei giornalisti Rai, mentre il deputato Francesco Filini (FdI), dalla Commissione di vigilanza Rai, ha chiesto un intervento ufficiale per censurare il comportamento del politico.
Eppure, colpisce il silenzio di molti. Dove sono le voci della sinistra che si proclama paladina dei diritti e della parità di genere? Perché nessuno ha alzato la voce contro un attacco così volgare a una professionista, rea solo di aver posto una domanda? Le “femministe di professione” tacciono, e il loro silenzio pesa.
Affidopoli: una domanda necessaria, non un complotto
Nel merito, la domanda di Manuela Iatì era non solo lecita, ma doverosa. La giornalista chiedeva conto di un parere dell’ANAC sull’incompatibilità di alcuni incarichi assegnati durante il mandato di Ricci come sindaco di Pesaro. Un tema su cui la sinistra, in Parlamento, ha fatto dietrofront solo pochi mesi fa, abrogando una norma che garantiva trasparenza. Ma invece di chiarire, Ricci ha reagito come se fosse vittima di un’imboscata, scagliandosi contro la stampa con toni che ricordano più un battibecco da talk show che il contegno di un candidato governatore.
Questo episodio non è isolato. Rivela un malessere più profondo, un nervosismo che serpeggia in certi ambienti del centrosinistra. Ogni domanda scomoda viene vissuta come un’aggressione, ogni inchiesta come una congiura politica. Si insinuano legami tra giornalisti e avversari politici, come se l’unico giornalismo accettabile fosse quello che applaude e tace.
L’immagine di Ricci, furioso, che punta il dito contro una cronista, vale più di mille discorsi. Racconta una sinistra in difficoltà, incapace di accettare il controllo democratico, infastidita dalla trasparenza che tanto rimprovera agli altri. È il ritratto di chi, sotto pressione, dimentica il rispetto per le istituzioni e per chi le rappresenta, come i giornalisti.
Noi ci uniamo alla solidarietà dei sindacati verso Manuela Iatì e ribadiamo un principio semplice: la stampa libera è un pilastro della democrazia, non un bersaglio da colpire quando si è con le spalle al muro. Chi non sa rispettare una cronista non è pronto a governare. Chi insulta un giornalista insulta tutti noi.