“Dopo quarantasette giorni di agonia, il 29 aprile di 50 anni fa, moriva Sergio Ramelli, giovanissimo militante del Fronte della Gioventù di Milano aggredito a colpi di chiave inglese da dieci appartenenti ad Avanguardia Operaia che nemmeno lo conoscevano. La colpa di Sergio era solo l’aver scelto di aderire alla destra giovanile in quanto quelle idee rispecchiavano la sua visione del mondo e racchiudevano quel che Sergio pensava fosse la sua idea di volontariato politico al servizio dell’Italia. Dopo mesi e mesi di violenze e sopraffazioni, di umiliazioni e minacce subite all’interno della scuola, un ordine dai vertici di Avanguardia Operaia dispose che Ramelli andava punito e sprangato, come era terribilmente di prassi nella Milano dell’odio degli anni 70, perché era di destra e perché si era permesso in un tema in classe di criticare il primo duplice omicidio operato dalle Brigate Rosse. Sergio era un ragazzo tranquillo, un diciottenne con i capelli lunghi che amava la musica, il calcio e che mai si era macchiato di episodi di violenza nonostante il clima attorno a lui fosse carico di odio e di prepotenza che, troppo spesso, generavano morte e dolore. Il ricordo di Sergio, vittima innocente di quella stagione, ha alimentato veleni e e contrapposizioni per colpa di una minoranza rumorosa e organizzata secondo cui è inaccettabile ricordare un giovane di 18 anni brutalmente ammazzato perché aveva delle idee, dei sogni e voleva condividerli attraverso una militanza osteggiata e conquistata a fatica giorno dopo giorno, contro chi voleva impedirgli di sognare, e vorrebbe ucciderlo una seconda volta consegnandolo all’oblio perché di destra. Oggi, a 50 anni da quell’inaccettabile odio, nel ricordo ufficiale del presidente del Consiglio Giorgia Meloni, nei giornali e nei libri che raccontano la sua storia, nel francobollo emesso dal Poligrafico dello Stato che ne celebra il ricordo, Sergio Ramelli fa parte della memoria condivisa nazionale, come quei tanti, troppi giovani innocenti uccisi da un odio cieco solo per aver scelto un’appartenenza politica, a destra come a sinistra, e colpevoli di aver sfidato la paura e le minacce per manifestare in piena incosciente libertà le proprie idee. Oggi Sergio e quelle centinaia di ragazzi diventano un monito a non ricadere nella trappola dell’odio e a superare le distorsioni della verità che infangano il ricordo di quei ragazzi mistificandone la storia. Oggi Sergio e quelle centinaia di ragazzi sono un simbolo di libertà contro la violenza, e a loro va il nostro rispetto”.
Lo dichiara il senatore di Fratelli d’Italia Andrea De Priamo.