Al Vittoriale degli Italiani, la residenza sulla sponda lombarda del lago di Garda degli ultimi anni di vita di Gabriele d’Annunzio, sono disposte dieci arche in pietra attorno al Mausoleo che ha accolto le spoglie del Vate dopo la sua morte. Il poeta-guerriero aveva voluto raccogliere attorno al suo sepolcro le salme dei compagni che gli furono più vicini in vita: da Guido Keller, che gettò in volo un pitale sul Parlamento italiano durante l’avventura fiumana, all’architetto Gian Carlo Maroni, che lavorò alla realizzazione del Vittoriale, passando per l’ardito trentino Giuseppe Piffer. Tuttavia una di esse è vuota, o meglio contiene solamente un paio di mostrine dell’uniforme da Capitano di colui il quale era stato prescelto per occuparla.
Si tratta di Riccardo Gigante, figura di spicco dell’irredentismo di inizio Novecento nei ranghi della Giovane Fiume, volontario irredento nella Prima guerra mondiale e strettissimo collaboratore del Comandante della Reggenza italiana del Carnaro. Dopo l’annessione della sua città natale al Regno d’Italia (27 gennaio 1924), Gigante ne fu podestà ed in seguito fu nominato Senatore, ricoprendo anche il ruolo di Segretario della Commissione dell’educazione nazionale e della cultura popolare. Dopo il caos dell’8 settembre 1943, aderì alla Repubblica Sociale Italiana e fu brevemente governatore della provincia di Fiume, finché le ingerenze delle truppe tedesche che avevano instaurato la Zona di Operazioni Litorale Adriatico lo esautorarono. Il capoluogo del Carnaro fu occupato dai partigiani comunisti di Josip Broz “Tito” il 3 maggio 1945 e l’Ozna, la polizia segreta dell’esercito di liberazione jugoslavo, iniziò un’opera scientifica di eliminazione dei punti di riferimento della comunità italiana, in maniera tale da privarla dei suoi vertici e dei possibili leader di un’opposizione al progetto annessionista perorato dal Partito comunista croato. Autonomisti, ex partigiani scampati ai lager nazisti, antifascisti di ispirazione patriottica ed esponenti del decaduto regime furono accomunati nella tragica sorte dell’infoibamento, della deportazione verso i campi di concentramento titini o della fucilazione. Tra questi anche Riccardo Gigante, che, assieme ad altri civili e militari che rappresentavano l’Italia (il maresciallo della Guardia di Finanza Vito Butti ed il vicebrigadiere dei Carabinieri Alberto Diana) già il 4 maggio venne fucilato nel bosco della Loza, vicino alla località di Castua, a poca distanza dal capoluogo quarnerino. I resti dei condannati a morte senza alcun processo finirono poi in una fossa comune, che è stata recentemente localizzata con certezza al termine di un laborioso lavoro di ricerca e di esplorazione a cura della Società di Studi Fiumani, ricostituitasi in esilio al quartiere giuliano-dalmata di Roma per opera di esuli fiumani ed oggi presieduta dal professor Giovanni Stelli.
Negli anni Novanta, una volta dissoltasi la Jugoslavia, il presidente della SSF Amleto Ballarini iniziò una preziosa collaborazione con storici ed istituti di ricerca croati, da cui sarebbe scaturito il volume scritto a quattro mani con Mihael Sobolevski «Le vittime di nazionalità italiana a Fiume e dintorni (1939-1947)» (Roma-Zagabria 2002). Preziosissime si riveleranno quindi le informazioni fornite dal parroco di Castua, don Franjo Jurčević, il quale, oltre ad officiare ogni anno una Messa in suffragio di queste vittime della pulizia etnica titoista, raccolse svariate testimonianze di persone del posto che consentirono di accelerare i tempi di individuazione del sito. Altrettanto importante si è rivelato il supporto istituzionale che col passare del tempo si è raccolto attorno alla meritoria iniziativa: la Federazione delle Associazioni degli Esuli istriani, fiumani e dalmati (che ha portato la questione all’attenzione dei tavoli di lavoro con la Segreteria della Presidenza del Consiglio), il Consolato generale d’Italia a Fiume, OnorCaduti ed il corrispettivo ente croato, gli enti locali croati e l’Unione Italiana di Fiume.
Finalmente nei primi giorni del luglio scorso sono iniziate le operazioni di scavo che hanno effettivamente portato alla luce i resti di sette persone ed alcuni effetti personali che potrebbero contribuire a identificare con esattezza i caduti. Già allora il capogruppo al Senato di Fratelli d’Italia Luca Ciriani ha affermato durante un intervento a Palazzo Madama che «sia nostro dovere accogliere ufficialmente le spoglie di chi ci ha preceduto. Sia partecipando a una cerimonia con i colleghi croati a Fiume – così per dimostrare quanto le divergenze e gli odi del passato possano essere sepolti se esiste la volontà di farlo – sia qui in Italia una volta che l’Onorcaduti potrà indicare il luogo in cui verranno conservati i resti».
Sabato scorso a Castua don Jurčević ha nuovamente celebrato una Messa in suffragio delle vittime dell’eccidio, ma stavolta nella chiesetta parrocchiale di Castua/Kastav c’erano anche sette urne avvolte nel Tricolore italiano e contenenti i resti riesumati e pronti ad essere traslati in Italia. Antonio Ballarin, Presidente di FederEsuli (rappresentato a tale cerimonia dal Presidente onorario Guido Brazzoduro, che presiede anche l’Associazione Fiumani Italiani nel Mondo – Libero Comune di Fiume in Esilio), ha auspicato che «tale celebrazione segni una svolta per tutto il mondo dell’Esodo e di ciò che resta della cultura italiana ed italofona nell’Adriatico Orientale. Vogliamo sperare in una nuova era. Un’era entro la quale portare a termine azioni di giustizia attese da tanti, troppi anni, insieme a gesti di pietà umana, impediti anch’essi per lunghi decenni. Vogliamo sperare che in questa nuova era sia possibile onorare degnamente i resti di tante povere vittime seppellite chissà dove, segnare con lapidi multilingue e con un gesto di pietà quei luoghi che hanno visto lutti e disperazione, trovare strade comuni ad Esuli e Comunità autoctone in Istria e Dalmazia da percorrere insieme, all’insegna di una civile prospettiva, in grado di testimoniare ancora la verità storica e tutelare la nostra cultura in una Terra martoriata».
In un commento rilasciato a La Voce del Popolo, il quotidiano della comunità italiana nell’Adriatico orientale, Marino Micich, Segretario generale della SSF, ha spiegato che in un primo momento tali spoglie sembravano destinate al Sacrario dei caduti d’oltremare di Bari, ma adesso verranno deposte al Sacrario di Redipuglia in attesa di venire sepolte con una cerimonia ufficiale al Tempio ossario San Nicolò di Udine. Tuttavia una corretta identificazione grazie al test del DNA potrebbe consentire di riconoscere le ossa di Riccardo Gigante, di cui segnaliamo la biografia scritta da Amleto Ballarini «Quell’uomo dal fegato secco Riccardo Gigante senatore fiumano» (Società di Studi Fiumani, Roma 2003), affinché possano riposare anch’esse nella cerchia del Comandante d’Annunzio al Vittoriale.