Referendum: Sfruttare Gaza non è servito a nulla

Il mancato raggiungimento del quorum circa i cinque quesiti referendari dell’8 e 9 giugno scorsi, inerenti il lavoro e l’ottenimento della cittadinanza italiana per gli stranieri,  era tutto sommato nell’aria per più ragioni. Di per sé, l’istituto referendario ha purtroppo perso molta della propria attrattività a causa di errori compiuti in passato, le valanghe di quesiti riversate periodicamente da Marco Pannella, artefici di smarrimento presso l’elettorato, e i risultati, a quorum raggiunto beninteso, non sempre recepiti e rispettati dal legislatore.

Gli italiani si sono sentiti scoraggiati, nel corso degli anni, davanti all’uso dei referendum come strumento di parte quando essi dovrebbero essere considerati come un’arma super partes della democrazia. Quindi, viste tutte le delusioni del tempo passato, gli elettori sono diventati più guardinghi e hanno compreso alla perfezione la portata dell’imbroglio politico delle consultazioni promosse dalle sinistre varie, dal PD e dalla CGIL. Si è capito come Elly Schlein, Giuseppe Conte, Maurizio Landini e gli altri compagni, sperassero di ricavare dal referendum, non tanto un parere chiaro del Paese circa le tematiche del lavoro e la cittadinanza, ma un’ampia partecipazione popolare partigiana da sbattere in faccia, per modo di dire, alla premier Giorgia Meloni e al centrodestra che avevano invitato invece all’astensione. Quasi il 70% del corpo elettorale ha notato inoltre l’assurdità di un centrosinistra, soprattutto del Partito Democratico, che ha chiesto alla Nazione di abolire ciò che esso stesso ha creato tempo addietro come il Jobs Act.

Insomma, già la sinistra è diventata minoritaria da almeno due anni e mezzo e non riesce più, in buona sostanza, a recuperare perché l’Italia continua a non volere sapere di ridare fiducia ad uno schieramento che ha governato per una decina di anni senza neppure vincere un’elezione e ha combinato disastri, ora, sempre il medesimo campo politico, più strettino che largo, riceve un’altra sonora lezione dai cittadini che hanno notato il ricorso puramente strumentale al mezzo referendario e la presa in giro solenne di coloro i quali, quando hanno avuto in mano le leve di comando, sono stati responsabili, con la piena complicità della CGIL di Landini, di una pesante compressione dei diritti e della dignità dei lavoratori, ricordiamo solo i contratti con i 5 euro orari e le restrizioni al tempo del Covid.

E adesso posseggono ancora una bella faccia da …. quorum con la quale chiedono la partecipazione del popolo nel nome  del lavoro. Cercavano qualcosa da sbattere in faccia al Governo Meloni, ma sono andati loro a sbattere. Comprenderanno l’ennesima batosta? Pare proprio di no, a giudicare dalle ridicole arrampicate sugli specchi di Francesco Boccia prima e di Conte, Schlein e Magi subito dopo, in merito ai 14 milioni di italiani che sono andati a votare. Boccia bocciato, e gli altri suoi compagni di ventura pure, perché, pur di provare a ridimensionare la potente sconfitta della sinistra, il senatore PD non arriva a capire o non vuole arrivare a capire che quei 14 milioni di nostri concittadini non hanno espresso tutti i cinque SI chiesti da PD, M5S e CGIL, (il NO alla cittadinanza facile è arrivato al 34%, non poco), perciò, essi non possono essere considerati in automatico elettori anti-Meloni del cosiddetto campo largo.

Inoltre, l’affluenza generale al referendum dell’8 e 9 giugno scorsi, certificata dal Viminale al 30,6 per cento, è stata più bassa del totale delle percentuali elettorali ottenute da PD e M5S alle Politiche del 2022, visto che a sinistra si sono voluti fare paragoni con le elezioni di due anni e mezzo fa. Anche alcuni elettori di centrosinistra si sono astenuti. Le sinistre hanno scelto apposta la giornata di sabato scorso per manifestare a Roma a favore, così hanno voluto far credere, della Striscia di Gaza, ma anche, soprattutto, per tirare la volata ai loro referendum, tuttavia, strumentalizzare la guerra in Medio Oriente e violare altresì, in maniera indecente, il silenzio elettorale, obbligatorio il giorno prima di ogni consultazione, non è servito ad un bel nulla.

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Roberto Penna
Roberto Penna
Roberto Penna nasce a Bra, Cn, il 13 gennaio 1975. Vive e lavora tuttora in Piemonte. Per passione ama analizzare i fatti di politica nazionale e internazionale da un punto di vista conservatore.

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