Sembra tornare il sereno nel campo largo, ma è solo apparenza. Giuseppe Conte, leader del Movimento Cinque Stelle, sarà alla manifestazione del campo largo in Liguria, insieme a Bonelli e Fratoianni, con i quali ormai forma una sorta di tripletta fissa, e a Elly Schlein, con le ultime divisioni con il Pd che sembrano acqua passata. Ma come ogni questione sorta e non risolta, rischia di tornare e fare danni, con i cittadini della Liguria che non ne possono più delle continue scaramucce tra i vari leader del centrosinistra: Marco Bucci ha sorpassato nelle proiezioni Andrea Orlando, il centrodestra che torna sopra al centrosinistra, che ha sprecato tutto il tempo che aveva per sfruttare a suo favore il caso giudiziario fatto sorgere intorno all’ex governatore Giovanni Toti. Presentarsi in Liguria compatti e appianare momentaneamente le divergenze come se nulla fosse mai successo, potrebbe essere l’unica alternativa per risalire la china. Ma potrebbe non essere abbastanza. La lite tra Giuseppe Conte e Matteo Renzi, con il primo che dubitava dell’affidabilità del secondo, non ha avuto, in generale, un effetto positivo sul campo largo e presentarsi in Liguria è per Conte l’unico modo per non sentirsi addosso tutte le colpe di aver mandato allo scatafascio una coalizione che, inizialmente, era già data per vincente.
Come possono stare insieme?
Non ci sarà in Liguria, invece, Matteo Renzi e la sua Italia Viva, cacciati dal campo largo genovese. Ma tra i dem e l’ex sindaco di Firenze sembra essere tornato il sereno: nel Pd vogliono a tutti i costi formare una mega-coalizione che abbia l’unico scopo di battere il centrodestra, Renzi invece sembra intenzionato a voler ripartire dopo la rottura con Calenda e a reinventarsi nelle nuove vesti di traghettatore e collante del campo largo. Fu l’uomo che distrusse di fatto l’ultimo centrosinistra al governo, quello del Conte bis, ora appare come il salvatore di una coalizione che stava per andare in frantumi. A Gaeta, dove si teneva la kermesse dei giovani del partito del fiorentino, arriva mezzo Pd: c’è Pina Picierno, c’è Matteo Orfini. Ci sono i nomi per riunire i progressisti e l’area più radicale del Pd, mai stato così spostato a sinistra. E ne risulta, dunque, la prima contraddizione: Matteo Renzi, il segretario che ha spostato i dem al centro e promotore del Job Act, ed Elly Schlein, la leader dell’armocromismo che non condanna le violenze dei pro-Pal e che si allea con Bonelli e Fratoianni, dunque con i vari Soumahoro e Salis, come possono stare insieme?
Le due coalizioni del campo largo
Eppure, dopo quell’abbraccio alla partita del cuore con Schlein, Renzi sembra intenzionato ad avvicinarsi di nuovo al suo vecchio partito, dopo averlo ripudiato più e più volte, come accaduto alle politiche del 2022, quando gli preferì una lista unica con Azione di Calenda. Si formano così due mini-coalizioni, la “sinistra-sinistra” di Avs e Conte, e la sinistra “un po’ più progressista ma non troppo” di Renzi e Schlein. I dem vorrebbero essere a capo di una coalizione larga e unica. Lo sostengono big come Dario Franceschini e chissà come e quando, e soprattutto se, le divergenze saranno appianate definitivamente e convintamente da tutti. Allo stato attuale, però, quella volpe di Renzi è riuscita già a vendicarsi dell’ostracismo grillino nei suoi confronti in Liguria: lo ha fatto tirando a sé tutto il suo ex partito, malgrado l’avesse ridotto a colabrodo pochi anni prima. È la grande dote di Renzi: il trasformismo. Non chiediamoci, allora, come fanno Giorgia Meloni e tutto il centrodestra a restare alti nei sondaggi malgrado si preparino a entrare nel loro terzo anno di governo.